Prima la strana morte di Carmine Schiavone, cugino di Sandokan: cade da un albero. Poi la cattura del superlatitante Pasquale Scotti, braccio destro di don Raffaele Cutolo per tutti i business, a partire dal dopo terremoto ’80. Adesso la morte di Corrado Iacolare, l’altro fedelissimo del capo della Nco, protagonista assoluto nella trattativa per la liberazione dell’assessore dc Ciro Cirillo, vero inizio – siamo nel 1981 – dei rapporti organici tra camorra & politica.
Iacolare è morto in Paraguay a 75 anni, dopo aver soggiornato in parecchi paesi sudamericani, dall’Argentina, al Brasile, all’Uruguay, e poi in Paraguay. Un comodo rifugio, storicamente, per mafiosi, terroristi, faccendieri, piduisti e prima ancora nazisti.
Una figura strategica, quella di Iacolare, perchè ha incarnato proprio quella connection tra malavita organizzata in rampa di lancio per i grandi affari (una Nco che si trasforma man mano in Nuova Famiglia, per poi casalesizzarsi) e politica, anch’essa proiettata per i business in fase di nascita o consolidamento (la ricostruzione post sisma, appunto, e già allora – incredibile ma vero – la monnezza che cominciava a “puzzare” di miliardi).
Ecco cosa scriveva la Voce in un’inchiesta di ottobre ’88. “Nell’entourage camorristico di Raffaele Cutolo spicca un nome: quello di Corrado Iacolare. Nelle verbalizzazioni al giudice Carlo Alemi, il suo nome ricorre più volte, sovente collegato a quello dell’onorevole democristiano Flaminio Piccoli. E’ lui, infatti, a confermare al giornalista Joe Marrazzo la telefonata che l’esponente dc avrebbe fatto a Francesco Pazienza, per informarsi circa gli esiti degli incontri tra il faccendiere e alcuni camorristi. Sempre Iacolare parla – lo conferma Oreste Lettieri – di un pranzo romano con la partecipazione, oltre che sua personale, dello stesso Piccoli e di Enzo Casillo”.
Così proseguiva l’articolo della Voce ’88: “Corrado Iacolare ha un fratello, Franco, funzionario della Regione Campania. Attualmente lavora presso l’assessorato all’Ecologia ed è stato incaricato dal socialista Nicola Scaglione di una questione molto delicata: quella delle discariche da localizzare sul territorio regionale”. Incredibile ma vero: le chiavi del business futuro nella mani del fratello del boss.
E la Voce concludeva: “Laureato in architettura, Franco Iacolare ha fatto il suo ingresso a Santa Lucia in un comparto più consono alle sue attitudini professionali, quello per l’urbanistica, dove ha ricoperto l’incarico di coordinatore al tempo dell’assessorato di Ciro Cirillo”. Quel Cirillo per il quale Nco, Br e Dc trattarono…
Non finiva lì: “Prima ancora, Iacolare aveva lavorato al comune di Giugliano, occupandosi sempre di materie urbanistiche, con il sindaco Giuliano Granata: uno dei protagonisti clou della vicenda”. E il cerchio si chiudeva.
Entrò ed uscì con grande libertà, in quei giorni del riscatto Cirillo, dal carcere di Ascoli Piceno dove era rinchiuso Cutolo, per portare avanti la trattativa. Così testimoniò, per fare un solo esempio, l’allora responsabile della sezione penale del carcere di Ascoli Piceno, Franco Guarracino: “il 5 maggio era entrata anche un quinta persona, oltre ai soliti Criscuolo, Salzano, Granata e Casillo, identificato in Corrado Iacolare, boss della camorra”.
Ferdinando Imposimato, a marzo ’89, scrive per la Voce un’autentica “controinchiesta” sul caso Cirillo dettagliando protagonisti e circostanze di quella sporca trattativa, il primo, autentico patto tra camorra & istituzioni, per marciare insieme uniti negli affari, nel controllo del territorio, dei voti. “Cirillo nell’81 occupava la poltrona di assessore all’urbanistica, una delle più calde dal novembre ’80. Una poltrona che gli stava dando non pochi grattacapi anche con la giustizia, ritrovandosi inquisito dalla Pretura di Napoli per una serie di inadempienze sul fronte dei piani regolatori di parecchi comuni della provincia. Braccio destro di Cirillo, nel delicato incarico, Franco Iacolare. Un fratello di Iacolare, Corrado, militava a tempo pieno tra le fila della Nuova Camorra Organizzata”.
Un altro commento, allora, quello del senatore di Democrazia Proletaria e membro della commissione Antimafia, Guido Pollice: “Il sequestro Cirillo è il caso politico giudiziario più grave della storia della repubblica non solo per i legami tra Gava e Cutolo sia pure mediati da Pazienza, Musumeci e altri, ma per la spaventosa distorsione dei meccanismi istituzionali più delicati: il ministero della Giustizia, il Sisde e il Sismi. Tutto ciò con la partecipazione di numerosi criminali come Vincenzo Casillo e Corrado Iacolare, condannati per numerosi omicidi, traffico di droga e altri delitti di stampo mafioso. Nel frattempo Casillo è stato ucciso e Iacolare è sparito dalla scena. Altri testimoni sono morti misteriosamente”.
E il nome di Iacolare rimbalzava tra le carte di un altro mistero. Grosso come una casa. O come un appartamento. Quello di via Petrarca 129, uno perfetto spaccato da prima repubblica, partenopea e non solo. Così scriveva la Voce a giugno ’88: “storia di un onorevole immobile passato nel giro di dieci anni dall’attuale ministro degli Interni Antonio Gava a quello della Funzione Pubblica Paolo Cirino Pomicino. Nell’intermezzo due società, la Alessandra di Ninì Grappone e la SB Immobiliare Appalti di Bruno Sorrentino”.
Continuava la Voce: “sulle amicizie di Grappone ha verbalizzato al giudice Carlo Alemi, impegnato nella vicenda Cirillo, l’avvocato Enrico Madonna, difensore di Raffaele Cutolo. Difendevo Grappone – dichiara Madonna – che poi mi presentò e mi fece nominare anche da Michele Zaza, il quale per un certo periodo venne ricoverato in ospedale dove io l’ho visitato portandogli anche dei messaggi di Grappone”.
A proposito, poi, della Sorrentino dinasty: “un impero composto di 29 società impegnate in grandi opere pubbliche con partecipazioni da decine di miliardi, capofila Bruno, inquisito dal tribunale di Santa Maria Capua Vetere come ‘cassiere delle bande camorristiche’, affittuario per 500 mila lire al mese della mega villa di Zaza in via Petrarca, in rapporti societari con Vincenzo Casillo per la conduzione di un ristorante ad Avellino, e con i camorristi Giuseppe Soriente, gestore di una sua mensa, e Corrado Iacolare, il pluriomicida ospite in un suo appartamento”. Un nome, quello di Iacolare, che tornava…
Misteri di trent’anni. E una camorra che nel frattempo è diventata una arci holging globalizzata. Riuscirà mai Pasquale Scotti a far ritorno in Italia? Il giudice Alemi, che fino a qualche mese fa ha presieduto il tribunale di Napoli, ne dubita. Burocrazie da estradizione? Forse. E intanto, nella sua eterna detenzione, don Raffaele Cutolo non ha mai aperto bocca…
Nella foto di apertura, una foto giovanile di Corrado Incollare e, a destra, Raffaele Cutolo.
Per approfondire leggi dall’archivio storico della Voce:
inchiesta Cirillo ottobre 1988
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2 pensieri riguardo “IACOLARE MUORE IN PARAGUAY. ERA IL BOSS DELLE INTESE CAMORRA-POLITICA”