VENDO BAGNOLI E VENDO NAPOLI. TUTTI GLI AFFARI DELLE CRICCHE

Se Atene vende il suo Partenone e in Grecia sono in saldo le isole, a Napoli si comincia da Bagnoli e, poi, tanto per gradire, il centro storico. In un sol giorno arrivano come un cazzotto da ko le cifre Svimez che decretano la stato ormai comatoso del Mezzogiorno, con un encefalogramma più piatto di quello ellenico (e tassi di non-sviluppo addirittura superiori); e le notizie sul domani dell’area flegrea, da vent’anni abbandonata tra dismissioni, sperperi e fallimenti (quello della partecipata Bagnolifutura – sic – su tutti). Un copione annunciato: riduci i cittadini alla stremo, massacri il territorio, fai il deserto. Poi privatizzi e passi all’incasso.

In controluce, infatti, già si intravedono i prossimi scenari da autentiche nuove “mani sulla città”. “Dopo anni di inerzie sui destini dell’area e vagoni di danari pubblici buttati letteralmente a mare – commentano all’ex Italsider – adesso preparano il banchetto per vendere il territorio a pezzi e bocconi. Stiamo tornando indietro anni luce, ci manca solo di riverniciare le Neonapoli e il Regno del Possibile di pomiciniana memoria. Con i mattonari che non aspettavano altro. E ora, molti di loro, sono tra i cortigiani del neo governatore De Luca”.

Ma vediamo gli ultimi fatti. Dopo tante attese, il governo ha partorito il nuovo decreto per Bagnoli che modifica quello della primavera 2014, il numero 46. Ecco il fresco comma 12. “Il Soggetto attuatore è individuato nell’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti spa, quale società in house dello Stato. Con decreto del presidente del consiglio dei ministri da emanare entro la data del 30 settembre 2015”. Il comma 13, poi, prevede la “cabina di regia” con la partecipazione di rappresentanti dei ministeri (Ambiente, Infrastrutture, Sviluppo), degli enti locali (Regione, Comune) e del commissario straordinario. Un contentino subito rispedito al mittente dal sindaco di Napoli Luigi de Magistris, che non parla più di golpe fascista, ma di stampo liberaldemocratico.

Contemporaneamente Vincenzo De Luca annuncia una serie di manovre sblocca fondi Ue, da indirizzare proprio per le tre storiche aree cittadine, con tutti i milioni europei al seguito: appunto, per l’area ovest di Bagnoli, il centro storico e l’ex zona industriale ad est di Napoli (dove è in piedi Naplèst, la società messa in piedi da Marilù Faraone Mennella, moglie dell’ex numero uno di Confindustria Antonio D’Amato).

Partiamo dal “soggetto attuatore”, Invitalia, la società “pubblica” (sic) di promozione turistico-imprenditoriale guidata da Domenico Arcuri, nominato nel 2007 dall’allora ministro dell’Industria Pierluigi Bersani. Guarda caso a metà luglio, e cioè ben prima della scelta del “soggetto attuatore”, il Mattino – testata che fa capo al gruppo Caltagirone, già proprietario dei suoli ex Eternit a Bagnoli e da sempre super interessato ai destini di quell’area – parla con Arcuri: la classica intervista genuflessa. Dove vengono alla luce le doti artistico-letterarie del manager pubblico. Ecco fior tra fiori: “La bellezza salverà il mondo, diceva Dostoevskij. Chissà se era mai stato nel Sud. Molti decenni fa uno dei luoghi più belli d’Italia è stato derubato della sua bellezza per farlo diventare utile. Da qualche decennio Bagnoli non è più bella ne tantomeno utile”. Così commenta il cronista: “Bagnoli, secondo Arcuri, rappresenta un’occasione unica per Napoli e per il Sud per abbandonare la stagione dei lamenti e delle intenzioni, passando a quella delle energie e delle realizzazioni”. Il fare renziano. Ma l’Arcuri pensiero non si ferma certo al grande scrittore russo; ed eccoci proprio in terra greca. “Diceva Aristotele che la bellezza è la migliore lettera di raccomandazione. Penso a un luogo con una forza attrattiva straordinaria, pieno di opportunità, moderne e leggere, turistiche e innovative, che faccia della bellezza il suo fattore competitivo di successo”. Modernità, leggerezza, bellezza: vai con speedy Renzi.

Ma dopo le poesie è il tempo della prosa. Ed ecco che l’intervista del Mattino vira su temi un po’ più terra terra, caso mai ettaro per ettaro di quella meravigliosa area flegrea: Arcuri (non ancora “incaricato”) parla del ruolo che la sua Invitalia potrà svolgere come “gestore di accordi di programma per la bonifica” oppure di “incentivi”, o di “contratti di sviluppo”. E, soprattutto, fa riferimento ad un “business plan realistico e attendibile per ‘vendere’ Bagnoli nel mondo”. E forse anche ai mattonari di casa nostra, ad esempio quelli di casa Caltagirone: già in prima fila vent’anni fa, come la Voce descriveva in una cover story dal titolo “Vendo Bagnoli”…

E quattro anni fa la Voce ha raccontato una storia tutta affari e Invitalia. Dettagliando una svendita di pezzi dello Stato a favore di amici e faccendieri. Era la storia di una partecipata di Invitalia, ossia Italia Navigando, e di un socio di minoranza, l’ingegner Roberto Marconi, che nel suo pedigree poteva contare non solo su una sfilza di piccole società tutte porti & appalti, ma soprattutto sull’amicizia di ferro con Vincenzo Maria Greco, ossia l’alter ego di Paolo Cirino Pomicino sul fronte dei grandi appalti, dal dopo terremoto all’Alta Velocità. La fitta ragnatela di rapporti tra Greco e Marconi era documentata in un rapporto del Ros, alla base dell’inchiesta della procura di Firenze sui grandi appalti della Cricca. La connection si allargava poi a tutto l’entourage di Italo Bocchino, allora fedelissimo di Gianfranco Fini.

La “querelle” con Invitalia è stata una vera manna per Marconi: una “transazione” da 16 milioni di euro, con una liquidazione in “natura”, ossia la cessione di pezzi pregiati dello Stato, come il gioiello della Marina di Portisco in Costa Smeralda. A celebrare quelle “dismissioni” l’allora ministro dello Sviluppo (sic) economico Corrado Passera: un “sigillo di stato” – ammise Passera – su un accordo stragiudiziale. Così ha scritto, per il FattoQuotidiano.it, Alberto Crepaldi a giugno 2013: “A Marconi sono stare cedute alcune partecipazioni di Italia Navigando in altrettante marine sui litorali campano, laziale, pugliese, sardo e siciliano. Proprietà in alcuni casi di pregio o dalle potenzialità rilevanti, sulle quali in questi anni sono confluite risorse pubbliche ingenti”. (leggi)

Da una malagestione all’altra eccoci alle origini di Invitalia. Che si chiama “Sviluppo Italia”: uno dei carrozzoni pubblici che hanno devastato le casse dell’erario. “Per anni guidata – scriveva la Voce a marzo 2011 – da Massimo Caputi, uno dei più collaudati manager del pubblico-privato, socio in alcune imprese turistiche del gruppo Marcegaglia e, soprattutto, grande amico di Paolo Cirino Pomicino. Non solo, perchè Caputi è stato anche socio di Ludovico Greco (il figlio di Vincenzo Mario Greco, ndr), nella pescarese Proger”. E il nome della Proger fa capolino nella carte dell’inchiesta sugli appalti milionari a Milano Expo 2015…

Ma chi sarà mai il commissario straordinario per il miracolo della rinascita (e vendita) di Bagnoli? Il direttore d’orchestra pronto a sbarcare nella splendida baia di Nisida? Il super manager dello stato Salvatore Nastasi, attualmente direttore generale “Spettacoli dal vivo” al ministero dei beni culturali. Uomo per tutte le stagioni, per tutti i governi e con precedenti illustri già a Napoli, come sovrintendente d’oro al Teatro di San Carlo.

Eccone un mini curriculum (quello ufficiale prende sette pagine). Entra ai Beni culturali via Giuliano Urbani, uno dei fondatori di Forza Italia. L’ex ciambellano di Berlusconi, Gianni Letta, gli fa da testimone di nozze in occasione del matrimonio con Giulia Minoli, figlia del nume Rai Gianni Minoli e di Matilde Barnabei (figlia dell’altro nume Rai Ettore). Stimatissimo dall’ex governatore del Veneto e ministro Giancarlo Galan che osserva: “nei ministeri conta la burocrazia, non certo il ministro e ai Beni culturali il più sveglio, preparato e brillante risponde al nome di Salvo Nastasi”.

Altro amico eccellente Luigi Bisignani, il faccendiere uscito indenne dall’inchiesta sulla P4 patteggiando 1 anno e mezzo. Ai magistrati partenopei che indagavano su di lui, Bisignani fece un elenco di ‘potenti’: insieme ai nomi di Raffale Fitto, Daniela Santanchè, Denis Verdini, Clemente Mastella, Michela Biancofiore, Alfonso Papa, faceva capolino anche quello di Nastase. Agli atti dell’inchiesta P4, poi, una telefonata un po’ imbarazzante: attraverso la sua segreteria, Nastasi chiede a Bisignani una “diciamo sua autorizzazione per fissare un appuntamento col dottor Geronzi”, ossia l’ex numero uno di Capitalia.

A Napoli sbarca nel 2009, per la ristrutturazione e il rilancio del San Carlo, nell’era di Antonio Bassolino governatore della Campania. Un maxi appalto da 50 e passa milioni di euro, subito al centro delle polemiche. E finito sotto i riflettori della magistratura. Una cricca degli appalti Anemone-Balducci style, e i nomi di Francesco Piscicelli (quello che se la rideva per i morti dell’Aquila) e Piefrancesco Gagliardi a rimbalzare fra le carte. E un’impresa sotto i riflettori, la pugliese Cobar, un piccolo grande colosso delle “ristrutturazioni artistiche”, tra i suoi ranghi Valentina Sciarra, figlia di Maria Pia Pallavicini, direttore generale per l’Edilizia al ministero delle Infrastrutture. E a patrocinare gli interessi legali della Cobar scendeva già allora in campo un pezzo grosso, l’avvocato Patrizio Leozappa, genero di un super big in toga, il presidente del consiglio di stato Pasquale De Lise… In un rapporto del Ros dei carabinieri, allora, venivano dettagliati non pochi affari della “cricca artistica”: che partiva in sella a Cobar, passava attraverso gli stretti rapporti con il gruppo Anemone e viaggiava per mega appalti da un palcoscenico all’altro.

Così scrive Adriana Pollice per il Manifesto: “Nastasi è tra i più attivi commissari (al Petruzzelli di Bari, al San Carlo di Napoli, al Maggio fiorentino): dove ruotano sempre le stesse imprese”.

E passando all’Aquila: “una parte dei fondi per la ricostruzione dell’Aquila è finita all’iniziativa Campi Sonori: patrocinata dalla Protezione civile assieme a Rai Educational, è affidata a Co2-The Crisi Opportunity, una onlus specializzata in comunicazione sociale tra i cui soci c’è Giulia Minoli. La Co2 conquista anche appalti a Pompei, gestione Protezione civile targata Marcello Fiori”. Continua Pollice: “nel frattempo Giulia Minoli viene inserita nell’organigramma del MeMus, il museo lirico partenopeo. Poltrona che non dura perchè la magistratura comincia ad indagare sulla triangolazione Fiore, Pompei, San Carlo che arriva fino al Mibac”. Cin cin.

 

Nella foto di apertura, a sinistra Domenico Arcuri, a destra Salvatore Nastasi e, sullo sfondo, Bagnoli.

 

PER APPROFONDIRE

leggi anche “la cassa del Bocchino”

https://www.lavocedellevoci.it/?p=714

 

e l’inchiesta della Voce di febbraio 1996

Scansione

qui in pdf:

inchiesta Bagnoli su Voce febbraio 1996


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