Ipertimesica? E’ il nome, sconosciuto ai più, di un male raro che spalanca ampie porte all’ingresso nella memoria di ogni cosa, anche la più insignificante che sia capitata al “malato” dalla nascita in poi. Provo a elencare alcune cose accadute e per fortuna rimosse da una normale capacità mnemonica, la mia: gli anni della guerra, la paura di ogni notte, l’urlo lacerante delle sirene d’allarme che annunciava il pericolo di essere sepolti dalle macerie causate da una bomba caduta sulla casa romana di Monteverde Vecchio, la fame, quella vera che ti contrae lo stomaco, il “no” irremovibile di una fanciulla amata alla follia, il pianto non contenuto di mio padre alla perdita della madre, il mio davanti al letto di morte di Marcellina e Luigi, i miei mamma e “babbo” (così “padre” in toscano, di dove proveniva); i giorni dell’insicurezza sul futuro, l’Università interrotta perché incompatibile con il reddito familiare, l’improvvisa ciocca di capelli bianchi da stress, nell’attesa prolungata per l’esito del secondo cesareo della mia compagna; le incognite sul mondo che sarà per Livia, Lorenzo, Luca, Alex, figli delle figlie; un’Italia senza più isole etiche, devastata dalla corruzione, il vuoto ideologico generato dalla fine della sinistra; il cronometro, che scandisce il tempo di quattro secondi tra la morte di un bambino nel mondo, per fame o malattie e la successiva; l’esecuzione di trenta soldati curdi uccisi da altrettanti ragazzini dell’Isis con un colpo di pistola alla nuca; mille altre ferite mentali che giorno dopo giorno la coscienza rimuove e spazza via dalla memoria, insieme al pensiero terrorizzante della fine inevitabile della propria vita; i rimpianti, per il male compiuto e il bene mancato. L’Ipertimesica a chi ne fosse colpito, riproporrebbe minuto dopo minuto, senza un attimo di pausa, migliaia di eventi negativi, sofferenze antiche, paure incombenti, disagi mentali dolorosi. E’ quanto accade all’ingegnere Giovanni Gaio, che a dispetto del cognome, soffre e molto di questo male, tanto da diventare cavia di una sperimentazione internazionale. Nell’immenso scrigno della sua memoria a funzione anomala c’è tutto quanto l’ha occupata nel corso degli anni, per una sorta di archivio ricco quanto Wikipedia ma visibile in permanenza in tutte le sue innumerevoli pagine. Ci riteniamo perciò normalmente fortunati: per ricordare qualcosa di spiacevole dobbiamo sforzarci, parecchio, come abbiamo fatto in questa circostanza, e non è detto che la memoria ci assecondi.
Dem…che?
Va su o giù la curva di gradimento di Renzi e quella del Pd? Si può chiamare ancora sinistra, seppure moderata, il partito democratico? Mille segnali, giorno dopo giorno, dicono che cala il consenso a Renzi e al partito di cui è segretario, che l’aggettivo “sinistra” è usurpato dal Pd e che solo per insipienza degli avversari politici, forza Italia in testa, il governo continua a galleggiare in acque navigabili. Insomma nessun merito dem. Nella Roma disastrata Marino si avvita alla poltrona di sindaco e finge di non accorgersi del je accuse del capo del governo che lo avrebbe volentieri esonerato; nel Senato degli intoccabili il Pd contribuisce generosamente a negare l’arresto di Azzolini, condannato per bancarotta fraudolenta e associazione per delinquere: la Serracchiani (Pd) dissente, Zanda (Pd) ha suggerito di votare secondo coscienza (in pratica il no all’arresto), molti democratici partecipano all’ignobile difesa della casta e assolvono Azzolini, con il favore del voto segreto in contraddizione con il “sì” della commissione a maggioranza Pd. La scissione di Civati e compagni sembra preludere a nuovi pateracchi della sinistra disunita puniti in passato dalla storia, a vantaggio delle destre.
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