“I prefetti? Stiano lontani dalla politica”. E’ il titolo del Corriere della Sera dedicato all’intervista con il prefetto di Milano, Paolo Tronca (nella foto), un pedigree chilometrico. E una filosofia alla Catalano.
Fior da fiore. “I prefetti rappresentano la spina dorsale su cui il Governo può puntare e contare”, ecco l’incipit che fa gonfiare il petto a tutti gli italiani. Non basta, perchè Lars von Trier è dietro l’angolo: “quella spina dorsale solida che non si è mai fatta trascinare dalle onde”, spiega al popolo ormai genuflesso e forse in attesa di un “destino” Migliore (non quello visto nel penoso Riotta night all’ombra di palazzo San Giacomo).
Poi gli acuti. “Il prefetto rappresenta l’istituzione. Non è una carica elettiva”. “Le prese di posizioni politiche non devono minimamente sfiorare la valutazione del prefetto. Perchè la sua forza sta nella neutralità, imparzialità e terzietà”.
Siamo su Scherzi a parte? No, forse Ai confini della realtà. Una realtà dove – lo sanno anche le pietre e mattoni dei municipi d’Italia – tutti i prefetti sono “regolarmente” di nomina politica. Governativa, appunto. Da anni partitica. Correntizia. Per fare un solo esempio, con un plotone di fedelissimi dell’ex boss forzista Nicola Cosentino a dettar legge su tante piazze italiane.
Piccole differenze fra Stati e governi. Ma tutto questo Tronca mammola non lo sa…
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