Un’azienda da sogno. Un’impresa indimenticabile. Una società meravigliosa. Ma anche tanti lupi cattivi in agguato. Perchè lui, il capo azienda senza macchia e senza paura, voleva gestirla in modo trasparente, rispondendo solo al dio mercato.
E’ una viola mammola, Marco Tronchetti Provera, sir Lancillotto per salvare la sua Ginevra (Afef? oppure i conti svizzeri?) dal torbido lago, il don Chisciotte che combatte contro mulini & antenne nemiche, il Che delle padanie: il suo profilo si staglia possente ma buono, ricco delle sue milionate ma di tanto spirito francescano, nelle pagine dell’imperdibile “Pirelli. Innovazione e passione, 1872-2015”, poema su vita ed opere di mister pneumatico, edito dal Mulino, firmato da Carlo Bellavite Pellegrini e presentato in pompa nella sede dell’Istituto per gli studi di politica internazionale, storico think tank di livello mondiale.
In attesa di leggere il Verbo, prima di abbeverarci alle fonti, scorriamo una maxi recensione dal Corsera (pagine economiche). Un inno, soprattutto, alle ritrosie del Tronchetti di fronte alle avances politiche. Vola subito alto l’ex direttore del quotidiano e oggi al timone di Longanesi, Ferruccio De Bortoli: “le scelte industriali per Telecom furono giuste” ma fatale fu “la scarsa dimestichezza con la politica”. Poi l’impennata: “E’ stato vittima di un pregiudizio ideologico del centro sinistra”, “ha pagato un prezzo per la sua indipendenza”. Subito santo, mister Afef.
E l’altro storico di via Solferino, Paolo Mieli, rincara sulle sinistre colpe: “Fino ad oggi abbiamo raccontato solo le bande affaristiche di destra, ma non quelle di sinistra, che pure ci sono state e l’hanno fatta franca”. Non è mai troppo tardi.
Ma le chicche spettano al capo. Che sottolinea l’oggi, “l’intesa industriale globale” con il colosso di ChemChina per “riconcentrarsi sul pneumatico” e correre lungo i mercati senza bande e senza confini. E senza soccorsi pubblici: “Noi non abbiamo bisogno – commenta il Vate – di interventi della Cassa depositi e prestiti o di altri. Il cammino di Pirelli continua”.
La memoria, però, è sempre viva. I sentimenti, nella narrazione, affiorano tumultuosi. E i ricordi sono pennellate di un affresco. “Fu un’illusione pensare che la politica potesse vedere bene l’arrivo di un terzo operatore dei media in Italia”. Una guerra impossibile, anche per un indomito come il Tronchetti: “tutte le Authority fecero capire che il progetto non poteva andare avanti”. Un Uomo solo contro i Poteri forti.
Ma era una battaglia da combattere, perchè nel petto del grande imprenditore batte un Cuore. Entrare in Telecom in quel magico 2001 – racconta il Vate con un nodo in gola, davanti alla silente platea – “fu un errore ma anche un sogno”. E’ vero, “l’azienda pagò la scarsa consuetudine con la politica”. Ma forse è proprio da quel percorso, da quella esperienza, da quel terreno sofferto, che comincia a germogliare la speranza. Un seme di vita che oggi dà i suoi rigogliosi frutti. Ecco dal Verbo di Marco: “proprio quella scarsa consuetudine con la politica permette a Telecom di essere l’azienda competitiva che è oggi”.
In attesa di notizie da Fatima o, in tempi più brevi, via Voyager, sarebbe interessante entrare negli odierni misteri di Telecom e intuirne alcuni percorsi.
Bilanci, investimenti & alleanze a parte, qualcosina in più sul “servizio”. Quello che rendeva mitica – e unica – la grande Sip di una volta. E oggi vede il consumatore-utente aggirarsi nella giungla più intricata, o nel peggiore quartiere del bronx metropolitano, in balia di rapinatori e tagliagole. Un solo caso, fra le centinaia che raccontano vittime d’ogni sorta. Un intero quartiere di Napoli per due mesi è stato senza telefono, senza linea, senza santatelecom. Richieste di spiegazioni? Nessuna risposta. Reclami? Niente. Il deserto più totale, nell’area ovest della città. Dopo due settimane, una lucina, qualcuno ottiene una spiegazione dall’amico che ha un amico in Telecom: pare sia dovuto alla voragine di Pianura. Peccato che le linee fossero sparite due settimane prima. Denuncia un comitato di vittime: “molti di noi avevano solo la linea del telefono, e non avevano la possibilità di chiamare avendo parenti malati”. Altri: “non ho potuto lavorare per un mese perchè mi mancava la connessione internet, e come me moltissimi, senza adsl”. Ancora: “E pensare che un mese prima era arrivata la fibra ottica, l’ennesima fregatura che paghiamo noi”. Un mare di lamenti e di disagi che cade nel vuoto. Di danni subiti che finiranno, al solito, nel nulla. Con i ladri pronti a saccheggiarti di nuovo.
Ma per il Vate, Telecom è una “grande azienda competitiva”. Continuano ancora brindisi e cin cin per la fresca assoluzione dalle orrende accuse di “spionaggio”? Perchè – l’abbiamo scoperto grazie alla Giustizia di casa nostra – il Capo non sapeva che all’interno di Telecom, proprio in quel magico periodo tra il 2001 e il 2006 – una banda di suoi dirigenti spiava – per conto suo e della sua azienda – a sua insaputa. Quando si dice i miracoli…
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