Da Prodi a Berlusconi andata e ritorno, via Monti, Letta e dintorni. Ecco la parabola di Pietro Ciucci, per 9 anni al vertice Anas, al centro di svariate inchieste della magistratura su Appalti, Carriere & Prebende. Che fine avranno mai fatto?
Un Ciucci per tutte le stagioni. Da Prodi a Berlusconi, di nuovo Prodi, poi Letta. Nani e ballerine, un tempo. Poi l’era degli asini e dei ciucci. Una vita da grand commis pubblico, nelle ricche paludi del parastato, una carriera tra Ponti, Conti & Strade, ultima fortunata stazione di ricco rifornimento la poltronissima Anas. Anzi la tripla poltronissima, presidente, amministratore delegato e direttore generale che gli consente – caso più unico che raro nelle storie dei boiardi di stato, e anche tra le pagine di Ionesco – l’incredibile performance di licenziarsi da un incarico e autoassegnarsi una lauta buonuscita che sfiora i 2 milioni di euro, per “risoluzione consensuale del rapporto di lavoro”.
Era arrivato, su quelle dorate poltrone, per volere del governo Prodi secondo, anno di grazia 2006, a celebrare il grasso matrimonio il fresco ministro delle Infrastrutture, Antonio Di Pietro. Un ritorno a casa, alle origini, visto che fu proprio Romano Prodi, quasi trent’anni fa, nel 1987, ad incoronarlo per il primo incarico di peso nel grosso ventre dell’Iri: la strategica direzione finanziaria. Da allora una marcia inarrestabile, un’escalation che non conosce soste, una bulimica collezione di poltrone cui, nel parastato, terrà testa solo un Antonio Mastrapasqua, per anni e anni avvitato alla presidenza dell’Inps e contemporaneamente ad una ventina di altre poltrone (come presidente, consigliere e quant’altro). E l’infaticabile Ciucci monta in sella a colossi non da poco, tra big dei servizi pubblici (Alitalia, Finmeccanica, Stet, Sme, Aeroporti di Roma) e colossi della finanza (Banca di Roma, Banca Commerciale, Credito Italiano, senza lasciarsi sfuggire la cassaforte, ovviamente pubblica, Cofiri).
Da allora un crescendo. In perfetto stile bipartizan. L’uomo trasversale per tutti gli appalti, per tutti gli incarichi, per tutte le ‘tendenze’ politiche. L’Incalza super mandarino per 7 governi, il De Gennaro che mette tutti d’accordo. Dopo gli esordi prodiani, ecco l’incoronazione berlusconiana del 2002, a capitanare la società pubblica che darà l’assalto allo Stretto, una controllata Anas, tanto per ‘anticipare’ il successivo piatto forte. E’ il cocciuto Ciucci a voler firmare a tutti i costi l’accordo con Impregilo per un ponte che s’ha da fare. Cacciato? Punito per un’iniziativa tanto temeraria? Pagati danni per la sua lucida follia? Macché. Premiato. Con la poltrona Anas, che il successivo (e sulla carta nemico governo Prodi) gli assegna. Da quel momento il suo ‘datore di lavoro’ è il gran moralizzatore pubblico, Antonio Di Pietro, arrivato al vertice delle Infrastrutture. Si spera in una più forte trasparenza, in forti dosi di legalità. Speranze che presto svaniscono nel nulla, in un mare di opacità, fra inchieste della magistratura che cominciano a far capolino (che fine avranno fatto, fra le procure di mezzo nord?).
Tra il 2007 e il 2008 la Voce realizza svariate inchieste sul mondo Anas, in mezzo ad ambiziosi progetti & mega appalti, carriere & poltrone. Così, per fare un esempio, scrivevamo a luglio 2007, nel servizio titolato “Monnezza Way”, sommario: “Una bufera di inchieste giudiziarie investe la società autostradale, impegnata in appalti milionari e fresca di restyling dopo il varo del nuovo organigramma di vertice, capeggiato da Pietro Ciucci, e caldeggiato dal ministro Antonio Di Pietro”. “Sul piede di guerra scendono non pochi funzionari, ormai demotivati e stanchi di una gestione ‘affaristica’ e ‘familistica’. Ormai c’è un’occupazione selvaggia delle poltrone – accusano – assegnate anche a chi è incompetente, non ha un minimo di curriculum, o addirittura ha la fedina penale non proprio immacolata. Speravamo ci potesse essere un’inversione con il governo Prodi, invece la musica è quella di prima, se non addirittura peggio”.
E la Voce dettagliava le carriere di svariati pezzi da novanta made in Anas, dal direttore generale e responsabile dei trafori Mauro Coletta, al condirettore Michele Minenna, fino ai capi compartimento di Palermo, Giovanni Proietti, e di Milano, Carlo Bartoli.
In un’inchiesta ancora precedente, maggio 2007, titolo “Variante 1 a Variante 2”, la Voce ne ricostruiva delle belle, sintetizzate nel sommario: “sono trascorsi quasi 40 anni dal primo scandalo che sfiorò l’ex segretario del psi Giacomo Mancini e il colosso delle strade continua a far parlare di sé. In uno slalom tra inchieste, appalti, clientele e nepotismi, ecco un identikit dell’azienda. E del suo ‘nuovo’ management…”. Al centro del reportage un’inchiesta milanese – di cui sarebbe interessante sapere oggi gli esiti – condotta dai pm Giovanna Ichino e Corrado Carnevali, l’operazione “Robin Hood”. Tangenti, mazzette, regali, vacanze, di tutto e di più nelle bollenti pagine di quell’indagine. Tutto era partito dalle denunce, e poi dalle verbalizzazioni, di un funzionario dell’Anas, Antonio Lombardo, che, non sopportando più tanto malaffare intorno a sé, decise di collaborare con gli inquirenti. “Per strana coincidenza – sottolineava Lombardo – chi lavora all’Anas, se riceve un incarico di direzione lavori d’importo rilevante, o è all’ufficio gare, oppure si occupa di concessioni, dopo un po’ diventa ricco”. Per questo propose la creazione di “un’anagrafe patrimoniale dei dipendenti Anas”: proposta, ovviamente, mai attuata. Ma un’altra inchiesta, in quegli stessi anni, aveva visto in pista toghe meneghine, come Fabio Napoleone e Claudio Gittardi: qualche risultato concreto? Nessuna notizia.
E non è certo una notizia che, dopo i fasti prodiani, berlusconiani, riprodiani e riberlusconiani, anche con Monti e con Letta superCiucci resti sempre in sella. Anzi, è proprio con Enrico Letta premier che non solo non lascia, ma l’instancabile Ciucci raddoppia: presidente e anche amministratore delegato. Anzi triplica, perchè c’era già la direzione generale, carta che gli consentirà il classico gioco delle tre (carte) e della mega buonuscita da quasi 2 milioni di euro: giusto premio che il Belpaese assegna a chi sfascia strade, ponti & cavalcavia, prende per il culo gli italiani e svaligia le casse dello stato. Un altro bel tris!
Per disarcionare il Ciucci, alla fine, sono servite le bordate via Report. Grazie, Milena. Dopo 48 ore, il super manager da 40 anni e passa nel parastato ha detto che poteva bastare. Fu più rapido Di Pietro – il ministro del Ciucci re d’Anas – quando sciolse la sua Italia dei Valori (immobiliari) dopo il reportage di Gabanelli & C.: 24 ore. E il suo sole, allora, tramontò.
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4 pensieri riguardo “CIUCCI, ASINI & MILIARDI”
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1)sull’inchiesta di Milano del pm Ichino. sono stato arrestato e trasferito in tre carceri(Roma, Milano e Monza)per 38 giorni(di cui 27 obbligato a dormire per terra)e sono stato assolto in primo grado ” perchè il fatto non sussiste”.il tribunale di appello di Palermo mi ha risarcito”per ingiusta detenzione” €40.000,00.se pensate sia un giusto risarcimento , vi auguro di passare anche voi(da innocenti) quello che ho passato io e la mia famiglia. e non ha pagato nessuno per questo grave errore;
2)non sono mai stato nominato Capo Compartimento nonostante i miei trasparenti 30 anni di servizio in Anas
E adesso tutti quei raccomandati corretti che hanno fatto carriera con lui entrati con intere generazioni all’ANAS a scapito delle persone corrette che fine faranno? Continueranno a fare il loro sporco comodo. Speriamo che ci sia GIUSTIZIA
Ma c’è stato un “Ciuccio” anche sul Sarno che ha consumato milioni di eurofaraggio, senza concludere alcuna “bonifica”,centra qualcosa?Oppure è solo qualità asinina?