ROBERTA E LA LINEA DEL FUOCO

Concetta Serrano, madre della piccola Sarah Scazzi, era ed è un fervente Testimone di Geova. E pare che volesse spingere la figlia ad abbracciare la stessa fede.
Allucinanti coincidenze che si rincorrono nella vita di giovani donne scomparse o massacrate. C’è un’altra Sara Testimone di Geova al centro di un giallo tuttora sospeso fra l’allontanamento volontario e il delitto passionale. Stiamo parlando di Sara Calzolaio, la giovane amante di Antonio Logli, allontanata dalla sua chiesa proprio in seguito alla scoperta della relazione adulterina. Nessuno forse ne sarebbe mai venuto a conoscenza. Se non fosse stato per la scomparsa di Roberta Ragusa, la bella mamma di San Giuliano di Pisa, moglie di Logli, che aveva preso in casa come baby sitter la stessa Sara, dandole poi anche un lavoro nell’autoscuola di famiglia che lei stessa dirigeva.
Roberta scompare nella notte fra il 13 e il 14 gennaio di quest’anno. Da allora il caso fa parlare quasi ogni giorno i media di tutta Italia. Aveva scoperto quella notte (la stessa, fra l’altro, in cui naufraga a poca distanza il Costa Concordia) che l’amante del marito da anni era proprio Sara?
La Procura di Pisa, che si dichiara sotto organico da tempo, è retta da Ugo Adinolfi, napoletano, classe 1945. Le indagini sulla scomparsa di Roberta vengono affidate al sostituto Aldo Mantovani, che disporrà il sopralluogo dei Ris nella casa della donna e nell’auto del marito ben 47 giorni dopo quel 13 gennaio. Ricerche che ovviamente, a quel punto, non produrranno alcun esito.
Così come sono rimaste per mesi al palo perfino le battute nei dintorni organizzate da gruppi di volontari nella vasta zona di San Giuliano, fra boschi, anfratti e grotte. Con un via libera dai Carabinieri che non arrivava mai. Ma la domanda è un’altra: era proprio necessario attendere i volontari? Quelle battute non dovevano essere organizzate dagli stessi inquirenti e andare avanti senza sosta fin dal giorno della scomparsa?
E’ slittato più volte, intanto, l’interrogatorio di Giovanni Logli, fratello di Antonio, di professione dentista, che abita nello stesso edificio di famiglia in via Ulisse Dini, frazione di Gello. Qui ha sede anche Idea Plast, una società personale di Antonio Logli della quale non si è mai parlato. Si occupa di elettronica e produce principalmente interfono per caschi da motocicletta o per altri usi.
Un particolare che potrebbe risultare interessante, anche perché le conversazione via interfono sfuggono alle intercettazioni telefoniche tradizionali e richiedono altre tecniche investigative. Da capire anche per quale motivo il sito web di Idea Plast sia stato cancellato dopo la sparizione di Roberta.
Niente trapela, poi, su quella traccia investigativa lasciata da un’auto in corsa ai giornalisti più di un mese fa. Un biglietto: “andate a vedere nell’inceneritore”. E’ quello di Ospedaletto, poco distante dalla casa dei Logli, e fa capo alla Geofor, la stessa ditta di servizi comunali per la quale Antonio Logli lavora come elettricista.
Quell’impianto ai primi di gennaio 2012 stava subendo alcune opere di manutenzione particolarmente delicate. Prova ne sia il fatto che nella notte fra il 13 e il 14 gennaio funzionava una sola linea su due, la seconda, visto che la prima risultava ferma.
Le medie semiorarie di emissione del 14 gennaio sembrano nella norma. Da notare solo due lievi picchi relativi ai residui di azoto (sostanza derivante da materiali organici): alle 2 di notte, quando l’indice NOX sale a 113,46, e alle 10 del mattino (125,51).
Un balzo lo si riscontra il 18 gennaio quando, in confronto alla media del periodo – che si mantiene per le 24 ore intorno ai 93 microgrammi – i valori degli ossidi di azoto salgono ad una media di 101,29. «Ci auguriamo che questi ed altri dati, che forse potrebbero essere ancor più significativi – dice una donna della zona che da tempo segue attentamente tutta la vicenda – siano già stati passati al setaccio dagli investigatori, perché in caso contrario rischiamo che quella esile traccia dell’inceneritore per la scomparsa di Roberta resti per sempre a turbare i nostri sonni».
A febbraio, rispondendo alle accuse degli ambientalisti sui picchi di diossina emessi dall’impianto, la Geofor diffonde una nota nella quale spiega che la società «sul finire del 2011, ha chiuso i propri impianti non appena resasi conto del superamento dei livelli di diossina. (…) Abbiamo presentato agli enti competenti un piano di esecuzione di lavori per il ripristino della funzione dell’impianto a norma e siamo stati autorizzati a ripartire dall’Amministrazione Provinciale, previa verifica dei lavori svolti».
Nella medesima nota la Geofor rende note le campionature di materiali residui, anche quelli derivanti dal conferimento di rifiuto “tal quale”, che quindi chiaramente rientra fra le materie da smaltire nel gigantesco “forno” di Ospedaletto. Ma quali sono state le opere di restyling? «Abbiamo finalizzato lavori di manutenzione straordinaria – si legge ancora nel documento – sulla linea uno e sulle relative tubazioni. Abbiamo cambiato 420 filtri a manica sulla linea uno e altrettanti sulla linea due, anticipando i lavori di manutenzione straordinaria, che erano stati previsti per il mese di giugno 2012».
Tutto questo avviene tra fine dicembre 2011 e inizio gennaio 2012.
Quali e quanti tecnici della Geofor – o esterni – hanno avuto accesso straordinario al termovalorizzatore nel periodo dei lavori per rimetterlo a norma?
Fra quei tecnici della Geofor c’era anche Antonio Logli?
Sarebbe importante saperlo, anche solo allo scopo di allontanare da lui l’ombra lunga del sospetto aperta dal biglietto lanciato ai giornalisti.

Articolo tratto da La Voce delle Voci – maggio 2012


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