La tragedia sfiorata sul lungarno di Firenze il 25 maggio? Colpa del destino cinico e baro, dell’usura del tempo che tutto corrode, di un maledetto tubo che si ruppe. Nessun appalto killer, nessun lavoro mal fatto e, soprattutto, nessun colpevole, neanche lo straccio di un responsabile. E tutti fregati quei fessi che abitano in zona, i fiorentini che credevano in un brandello di giustizia.
Lo hanno deciso – incredibile ma vero – le toghe gigliate, al termine di una “accurata” ricognizione sul campo: secondo il pm della procura, Gianni Tei, che ha appena firmato la richiesta di archiviazione, “la situazione non è riconducibile alla condotta di ben individuati specifici soggetti in un determinato e circoscritto arco temporale”.
Non è il fato ma poco ci manca. Perchè, secondo l’analisi del pubblico ministero, il tutto è ascrivibile ad “una sommatoria di decisioni e provvedimenti a carico di più soggetti competenti e che si estendono in un orizzonte di tempo pluriennale con livelli di responsabilità diffuse e, pertanto, suddivisi tra un numero indeterminato ma cospicuo di soggetti che a vario titolo hanno concorso a determinare la situazione e di cui il crollo del lungarno Torregiani è solo un grave epilogo”. Tutti colpevoli, nessun colpevole. O, pirandellianamente, le responsabilità sono di “Uno, nessuno e centomila”.
Cornuti e mazziati, gli abitanti della zona. Due volte. Perchè difficilmente vedranno il becco di un quattrino dal momento che nessuno è responsabile di niente, né il Comune, candido come un giglio, né la municipalizzata, Publiacqua, che pure aveva subito ammesso le sue colpe e si era dichiarata pronta a risarcire tutti. E poi perchè, come indica lo stesso acuto pm, i lavori per riparare il tutto sono cari e per affrontarli sarebbe necessario far lievitare di parecchio le bollette, “visto che ogni investimento deve trovare la sua copertura esclusivamente nelle tariffe applicate”. Dopo la voragine il sindaco Dario Nardella, super renziano, garantì in tempo reale: “il costo di riparazione dei danni, pari a circa 5 milioni di euro, è a carico di Publiacqua e neanche un euro ricadrà sui cittadini”. Si vede.
Ma qualche mese dopo, in piena calura ferragostana, la municipalizzata cambia le carte in tavola, tirando fuori dal cilindro una nuova perizia che fa a pugni con il mea culpa del giorno dopo: non è colpa di tubi vecchi né di malagestione da parte nostra – sbandierano – né di errore umano, ma tutto è dovuto a “un problema di dissesto idrogeologico” imputabile al Comune!
Dopo il colpo di spugna degli inquirenti e la richiesta di archiviazione avanzata dallo stesso pm (bisogna ora attendere se avrà qualcosa da obiettare il gip) vanno a farsi fottere gufi, dietrologi e tutti quelli (pochi per la verità, e praticamente nessuno tra i media) che avevano tentato di vederci più chiaro e di “scavare” per cercare, caso mai nel delicato e prezioso sottosuolo fiorentino, la chiave del giallo.
Così, per fare un esempio, ha sostenuto a botta calda il geologo Riccardo Caniparoli, una vita a studiare il friabile sottosuolo partenopeo (e il devastante impatto del metrò che da anni sta squarciando il cuore antico di Napoli, tra sperperi e massacri archeologici e monumentali) e da alcuni anni residente in Toscana: “deve essere attentamente valutato l’impatto dei lavori dell’alta velocità che hanno terremotato il sottosuolo di Firenze, sui quali ha messo in guardia perfino l’Unesco, lavori molto delicati e pericolosi”. Qualcuno ha pensato di dare una controllatina? Neanche per sogno.
Come del resto è accaduto per gli altrettanto impattanti appalti del tram veloce che dovrà condurre dall’aeroporto di Peretola al centro storico di Firenze. In entrambi i casi, poi, c’è stato lo zampino – o lo zampone – di imprese in forte odore di affari & camorra: per la Tav le sigle dei Casalesi impegnate in scavi, movimento terra & annesso interramento di monnezza!
Ma chissenefrega. E nessuno paga il conto…
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