Era il 1987 quando cominciai a sentire sulle spalle il dolore delle donne. Lo sentivo da me, già mamma, mutilata dentro i legacci della tradizione. E mi arrivava soprattutto come un’onda lunga, prima dal passato – le madri recluse fra le mura domestiche degli anni ‘40 e ‘50, le zie anziane rimaste nubili per timore di esporsi, quelle che ci avevano provato a uscire di casa, fallendo, ancora alle prese col prezzo amaro delle loro scelte – poi, guardandomi attorno, anche da un presente fatto di giovani donne arrivate dalle rivoluzioni pacifiste col sogno ormai a un soffio di sedere ai tavoli, anche quelli domestici, da pari a pari… e che invece ogni giorno continuavano a prendere botte, in silenzio.
Quando ho pubblicato “Li fece maschio & femmina” con l’intento di spiegare le radici biologiche e sociali della sottomissione femminile, né io – e forse nemmeno le personalità che accoglievano questo libro quasi come una rivelazione liberatoria, grandi come Domenico Rea e Sergio Piro, che lo vollero presentare a Palazzo Serra di Cassano – potevamo immaginare che trent’anni dopo saremmo stati qui a contare le 123 donne italiane uccise dall’inizio del 2016 per mano dei loro mariti o compagni. Un dato che supera di gran lunga i morti per camorra. Il macabro sorpasso è stato ricordato nei giorni scorsi dalle giornaliste del Sindacato Unitario Giornalisti della Campania Laura Viggiano e Cristina Liguori, quest’ultima presidente della nuova Commissione pari opportunità all’interno della giovane e combattiva compagine sindacale partenopea guidata da Claudio Silvestri.
L’occasione è stata data dalla giornata internazionale contro la violenza sulle donne, quel 25 novembre che si celebra in tutto il mondo per arginare la marea montante dei femminicidi. Non per caso in viva voce durante l’incontro di Napoli, alla presenza del segretario nazionale Fnsi Beppe Giulietti, è intervenuta Carla Caiazzo, la giovane mamma di Pozzuoli data alle fiamme dal suo ex compagno ed oggi alle prese con una via crucis che non è fatta solo delle indispensabili torture chirurgiche, o della non meno dolorosa forza di ritrovare l’identità perduta, ma è costellata di abbandoni dello Stato, di risorse economiche allo stremo e perfino della beffa di istituzioni che propagandano sostegni di facciata, salvo poi – come ha raccontato l’avvocato di Carla – non avere ancora approntato nemmeno la modulistica destinata alle vittime per accedere alle eventuali, future provvidenze.
Cosa abbiamo fatto in questi 30 anni? Sono state sbagliate le parole per dirlo? E come modificare oggi il nostro linguaggio di operatori e operatrici dell’informazione per diffondere tutto l’orrore che nasce da storie come quella di Carla, di Lucia Annibali e delle tante altre che non ce l’hanno fatta, sgozzate a coltellate da chi diceva di amarle? Quanti anni luce sono ancora distanti vite come quella di Fabiola Giannotti, astrofisica a caccia del Bosone di Higgs e delle donne che come lei non devono dimostrare niente a nessuno, dalle misere esistenze quotidiane delle ragazze costrette ogni sera a chiudere il chiavistello della porta di casa per restare sole, sole con il loro carnefice?
Dare una spolverata alle leggi, come sembra si voglia fare, non basterà. E non basterà nemmeno presentare una denuncia, se poi regolarmente l’uomo accusato di tentato omicidio sarà posto ai domiciliari insieme alla moglie, come cento, mille volte è accaduto e sta ancora accadendo. Non siano più le vittime a dover lasciare la propria casa e il loro mondo, a volte perfino i figli, per scampare alla morte. Il femminicidio è una forma ‘evoluta’ di mafia, con le stesse regole. Prima allusioni, denigrazione fino allo stremo, poi in crescendo intimidazioni, minacce e poi giù, ancora più giù, fino alla morte.
Si applichino agli uomini di questa fatta le stesse pene, anche preventive, previste per i mafiosi. Un 41 bis tutto per loro. Isolamento a vita. E poi vediamo se qualcosa comincia a cambiare.
Nella foto l’incontro del 25 novembre al Sindacato giornalisti di Napoli. In piedi Laura Viggiano e l’avvocato di Carla Caiazzo. Al tavolo Beppe Giulietti e, a destra, la giornalista Rai Ida Galeazzo.
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