Il rapporto che il capo del Governo ha con i magistrati non solo è inaccettabile nella forma e nella sostanza, ma è anche causa di gravi discriminazioni all’interno della categoria delle toghe.
Ora, da un lato, propone e fa approvare una legge che proroga l’età pensionabile di un ristrettissimo gruppo di magistrati, dall’altro continua a gridare “voglio le sentenze”.
Incredibilmente si è giunti al punto da emanare, attraverso la decretazione di urgenza, una legge che appare, prima facie, intollerabilmente “ad personam” riguardando solo i vertici delle “alte giurisdizioni” che avranno, così, il diritto di continuare per un altro anno (fino a dicembre 2017), ad esercitare le loro funzioni e il relativo potere che deriva dalle altissime cariche rivestite. Tra le toghe eccellenti che beneficeranno della proroga vi è il 1° Presidente della Corte di Cassazione che la precedente proroga del 2015 gli aveva già consentito di non essere collocato a riposo al 30/12/2015 e di poter, così, partecipare al concorso per il posto di 1° Presidente della Corte, risultandone vincitore. Tra i “prorogati” vi è anche il procuratore generale della Cassazione (già, anch’egli, beneficiario della precedente proroga), titolare dell’azione disciplinare e di delicati procedimenti a carico di magistrati
Orbene, non vi è dubbio, che si tratta di una norma chiaramente incostituzionale perché attribuisce a pochissimi magistrati (18) un intollerabile privilegio che li rende di fronte alla legge “più eguali” degli altri che si trovano nella medesima situazione giuridica. Tutto ciò non ha impensierito affatto il capo del Governo il quale, per non correre rischi, ha addirittura messo la fiducia sul decreto legge da convertire; e ciò ha fatto, non solo prima dell’incontro dell’ANM fissato per il 24 ottobre, quanto non tenendo in alcun conto il parere del C.S.M. che denunziava profili di incostituzionalità della legge. Dopo l’incontro, il capo del Governo ha “promesso” la proroga fino a 72 anni per tutti i magistrati entrando, però, in rotta di collisione con quello che era stato il suo “cavallo di battaglia” di due anni fa quando aveva drasticamente abbassato il limite di età da 75 a 70 anni senza prevedere, imprudentemente, norme transitorie per le uscite graduali, provocando la “rottamazione” di centinaia di vertici degli uffici giudiziari, un enorme vuoto di organico (circa 1000) e “stroncando” le legittime aspettative di carriera di molti magistrati repentinamente collocati a riposo.
Ora, strilla “voglio le sentenze” e che se i giudici “vogliono scioperare lo facciano, ma per me è importante che si arrivi a sentenza”, ribadendo quanto aveva già strillato in precedenza (senza poi fare assolutamente niente), “voglio le sentenze, non ne posso più di un Paese dove le sentenze non arrivano”. Per la verità, a volere una giustizia più veloce ed efficiente sono i cittadini che, soprattutto, non vorrebbero più sentenze di proscioglimento per il decorso di quei termini di prescrizione, modificati dalla deprecata legge del dicembre 2005, che ha reso la stessa funzionale ad un diffuso sistema di corruttela. Ora, mentre i cittadini non possono fare altro che denunziare lo scempio che ha portato in poco più di dieci anni alla estinzione per prescrizione di oltre 1.500.000 processi, Renzi, quale capo del Governo e segretario del partito di maggioranza che controlla il Parlamento, poteva fare molto per porre fine a tale scempio, ma non ha fatto nulla perché il disegno di legge, presentato nel 2014, non è stato ad oggi ancora approvato (anzi, rinviato alle “calende greche”), con la conseguenza che tutti i reati nel frattempo commessi e che saranno commessi fino all’approvazione della nuova legge, cadranno anch’essi sotto la scure della normativa vigente.
Ma Renzi – da uomo solo al comando – poteva fare molto di più: fare approvare, con la massima celerità, il disegno di legge sulla riforma del codice di procedura penale che continua a giacere al Senato, facendovi apportare emendamenti tali da incidere in maniera strutturale su quel “mostro” giuridico costituito da un processo penale lento, distorto, macchinoso, causa prima dei ritardi inaccettabili nella definizione dei processi, causa della quale nessuno parla, nemmeno il vice presidente del C.S.M. che, nella sua consueta intervista a “La Repubblica” (25/10) preferisce deviare “sulla necessità e urgenza di dare uomini e mezzi alla Giustizia”,.dimenticando che la cronica carenza di personale degli uffici giudiziari, denunciata insistentemente dai capi delle Corti e dei Tribunali .- e la cui responsabilità ricade proprio sul Governo attribuendo la Costituzione al Guardasigilli l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla Giustizia – è causa che si aggiunge a quella principale dovuta al non funzionamento del sistema processuale.
E, allora, Renzi – anziché strillare che “vuole le sentenze che non arrivano”, addebitando, così, la colpa ai magistrati – faccia approvare, bene e presto, la modifica della normativa sulla prescrizione e faccia approvare, bene e presto, la riforma strutturale del codice di procedura penale, dimostrando, così, con i fatti e non a parole o con inutili “slogan”, che è possibile approvare, in tempi rapidi, non solo la (dannosa) legge di riforma costituzionale (che si spera il popolo respinga al mittente), ma anche leggi che assicurino ai cittadini sentenze celeri e certezza della pena.
*già presidente della seconda sezione penale della Corte di Cassazione
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