CONDANNE AI LIGRESTI / ZERO TITULI SUL RUOLO DI UNIPOL

Caso Ligresti, mentre Milano in primo grado aveva assolto, ora Torino condanna. Ma Unipol “non compare”. Tutto da spiegare il giallo delle due sentenze contrapposte, di perizie che fanno a cazzotti e di una clamorosa omissione mediatica.

I fatti. 11 ottobre: il tribunale di Torino – giudice Giorgio Gianetti, pm Marco Gianoglio – infligge una dura condanna all’anziano patròn di Fondiaria-Sai, Salvatore Ligresti (sei anni di reclusione) e alla figlia Jonella (5 anni e 8 mesi) per falso in bilancio e aggiotaggio; condannati anche l’ex amministratore delegato Fausto Marchionni (5 anni e 3 mesi) e l’ex revisore dei conti Riccardo Ottaviani (2 anni e 6 mesi). Per i due Ligresti e Marchionni anche interdizione dai pubblici uffici. Sequestrati poi 10 milioni di euro, che dovranno servire a rimborsare, in parte, gli oltre 12 mila risparmiatori truffati, dal momento che per via di svariati artifici contabili il titolo perse circa 300 milioni del suo valore di mercato.

Incredibile ma vero, per gli stessi fatti gli stessi protagonisti (più il fratello Paolo, cittadino svizzero) vennero assolti dalla procura di Milano. Per questo ora strepitano i legali della difesa: “non è possibile che in Italia ci siano due giustizie”.

Tutto ruota intorno a perizie di tenore opposto – relative al bilancio 2010 – presentate da accusa e difesa e valutate in modo diametralmente opposto dai due tribunali. “Fatti di gravità eccezionale”, sono le parole del pm Gianoglio. Invece bazzecole per le toghe meneghine: a Milano, comunque, si celebrerà a breve l’appello.

L’inchiesta su quel bilancio 2010 è partita dopo gli esposti di alcune associazioni dei risparmiatori e le segnalazioni di Consob e Isvap (il che è tutto dire, per due organismi solitamente ciechi, sordi e muti) circa alcune anomalie nei rituali accantonamenti, evidente segnale non solo di una sottovalutazione dei rischi, ma anche della possibilità di strani drenaggi dalle casse societarie sui conti correnti personali di casa Ligresti.

Ma il giallo è ancora un altro. Tutta l’operazione riconduce al passaggio del gioiello di polizze & assicurazioni sotto il controllo di Unipol: ossia all’affare del secolo, il simbolo di un certo capitalismo anche non poco avventuroso – quello targato Salvatore Ligresti – che passa tra le accoglienti braccia delle coop rosse, dell’astro nascente targato Lega, Unipol. Che dopo la brutta storia dei furbetti del quartierino, la scalata mancata ai colossi del credito (“ci facciamo una banca”), mette a segno un colpo da novanta, una delle corazzate nel panorama assicurativo di casa nostra.

In quella operazione non mancavano certo le zone d’ombra. I misteri. Le acrobazie finanziarie. Operazioni che solo la magistratura avrebbe potuto portare alla luce. E da qui le inchieste, Milano e Torino. Con i finali che adesso corrono paralleli.

E da Torino arriverà presto qualche novità da novanta. Il pm Gianoglio, infatti, è in attesa del deposito di alcune consulenze e perizie tecniche che dovranno chiarire fino in fondo il ruolo giocato da Unipol in tutta la vicenda: e soprattutto del suo gran regista, il rampantissimo amministratore delegato Carlo Cimbri, qualche mese fa sul punto di passare armi e bagagli sul ponte di comando di Unicredit, viste le ottime “credenziali” di cui gode soprattutto a Mediobanca. Una nomina saltata, forse, perchè “inopportuna”, al momento, vista la richiesta di rinvio a giudizio che potrebbe arrivare da Torino.

Un primo segnale, comunque, viene già da una circostanza: la fresca sentenza dell’11 ottobre prevede che a concorrere al risarcimento dei danni procurati ai risparmiatori siano UnipolSai e Reconta Ernest&Young. Quest’ultima, evidentemente, perchè non ha guardato bene i conti, in quanto società di certificazione dei bilanci; la prima in quanto co-protagonista, con i Ligresti, dell’affaire. Brutta aria, dunque, in casa Unipol. E bufere in arrivo.

Pensate che i media nostrani abbiano fatto cenno al coinvolgimento “pesante” di Unipol in tutta la story? Repubblica la tira in ballo solo di striscio, per i risarcimenti (da quantificare in un processo di responsabilità civile a parte): ma nessun lettore è in grado di capire il suo coinvolgimento.

Fa ancora meglio il Corsera, nel cui resoconto (da notare bene, non nelle pagine di economia & finanza, ma in quella di cronaca, come si trattasse del furto in un supermercato) Unipol non esiste e su Cimbri neanche una sillaba. Dimenticavamo: Unipol è azionista Corsera, una piccola ma significativa quota (come mister Tod’s Diego Della Valle) nella platea azionaria ora controllata dai Cairo boys.

nella foto Carlo Cimbri 

 

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