Och-Ziff. Ecco la paroletta magica, il coniglio d’oro estratto dal cilindro di patròn Moby, Vincenzo Onorato, per assicurarsi il controllo totale dell’ex colosso parapubblico dei mari, Tirrenia. Si tratta di un fondo a stelle e strisce, uno dei più attivi sul mercato internazionale, visto che si era già fatto notare – eccome – attraverso l’ultimo aumento di capitale formato Monte dei Paschi di Siena, in perenne caccia di liquidità per turare le falle miliardarie delle ultime gestioni allegre. Tecnicamente Och-Ziff, con la collaborazione di un’altra sigla che popola l’universo finanziario statunitense, Bluebell Partners, ha ottenuto “l’esclusiva per strutturare il prestito da 100 milioni di euro” e tale da consentire l’operazione. In soldoni, si tratta del propellente necessario, 100 milioni appunto, per ottenere il controllo totale di Tirrenia, liquidando i soci che ancora rimanevano nel suo azionariato: e cioè il fondo Clessidra (titolare del 35 per cento), mentre le altre quote facevano capo alle genovese GIP (Genova Investimenti Portuali, 15 per cento), a bordo Luigi Negri, e la napoletana Shipping Investment, sul ponte di comando Francesco Izzo, col rimanente 10 per cento (il 40 per cento era già nelle mani di Moby).
Ma non è finita qui. Perchè c’è un altro anello strategico nella catena finanziaria messa in piedi dall’animatore di Mascalzone Latino: Unicredit, che in funzione di “advisor” ha orchestrato gli interventi di un pool di banche.
Un vero miracolo – commentano in piazza affari – un’operazione che ha potuto contare sulle liquidità di fondi e banche. E che può consentire l’ormai totale monopolio delle rotte di navigazione nel Tirreno, contando ora su Moby, Tirrenia e Toremar, la compagnia toscana al centro di una disputa a colpi di carta bollata e ormai da un paio d’anni gestita da casa Onorato. E il piatto forte – per Tirrenia – è l’appannaggio pubblico, una settantina di milioni, garantito dallo Stato per assicurare la funzionalità di tratte essenziali (i collegamenti con la Sardegna, la Sicilia e le isole Tremiti). Ottimo ossigeno, quei 72,6 milioni, caso mai per dare un lifting alla flotta Moby che – secondo i tecnici – presenta non pochi problemi strutturali. In base alle normative comunitarie, infatti, entro il 2020 vanno adeguati alcuni standard (ad esempio per ridurre il livello di zolfo nei carburanti): e ciò costringerà non pochi dei 30 mezzi (17 traghetti e 13 rimorchiatori) ad un forte restyling se non addirittura alla rottamazione. Una flotta – viene fatto ancora notare in ambienti del credito – nella quasi totalità ipotecata, proprio a garanzia dei grossi prestiti in corso (in prima fila, al solito, Unicredit), prestiti e mutui che vengono quasi tutti a scadenza tra il 2018 e il 2020.
E dentro uno scenario monopolistico, ecco i primi grossi scogli. A partire dal parere dell’Antitrust, che dovrà pronunciarsi entro un mese: la Regione Sardegna ha infatti presentato un ricorso. Li aveva in qualche modo previsti, a inizio anno, il responsabile della Uil Trasporti Claudio Tarlazzi. “C’è un rischio molto evidente – osservava – e cioè la concentrazione delle rotte del Tirreno nelle mani di un solo armatore. Un rischio di monopolio può avere l’effetto di far lievitare il costo dei biglietti con la riduzione dei servizi all’utenza e l’inevitabile perdita di posti di lavoro”. “Onorato non ha mai nascosto l’idea di diventare il proprietario di tutta la compagnia. E negli ultimi tempi ci sono segnali che il dossier sta accelerando. Il premier Renzi nella conferenza stampa di fine anno ha annunciato che si stanno chiudendo quattro vertenze aziendali importanti: Ilva, Meridiana, Ast di Terni e Moby Lines”. E Tarlazzi aggiungeva: “La Moby Lines è in cattive acque, finanziarie si intende. E temo che l’assegno che lo Stato versa ogni anno alla Compagnia Italiana di Navigazione, ossia l’ex Tirrenia, per assicurare la continuità territoriale e cioè collegare la penisola con le sue isole maggiori, possa essere usato per aiutare Onorato a sistemare il deficit della Moby. Onorato vuol prendersi tutta la Cin per fonderla con Moby e fare una cassa comune”. E concludeva il segretario Uil Trasporti: “L’Europa ha già imposto la privatizzazione della vecchia Tirrenia per le perdite accumulate. Nella fase iniziale oltre a Onorato entrarono nella compagine azionaria anche Grimaldi e Aponte. Una situazione stoppata perchè si creava una concentrazione di mercato troppo elevata. I due soci uscirono e vendettero al fondo Clessidra. Mi chiedo perchè oggi nessuno si domanda se lo shopping di Onorato non possa ricreare la situazione di quasi monopolio allora contestata. Perchè con Toremar, Moby Lines e Cin Onorato sarebbe il padrone del Tirreno”.
Oggi lo è. In attesa dell’Antitrust.
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