Per il Congresso degli Stati Uniti il socialismo è un’ideologia ‘fuorilegge’. A dirlo? Proprio loro, gli americani, i primi fuorilegge al mondo da decenni e decenni. Facce che più di bronzo non si può.
Pensate di essere su ‘Scherzi a parte’? Neanche per sogno. Siamo nel ‘cuore’ della democrazia a stelle e strisce, nel ‘santuario’ di tutte le libertà, nella ‘culla’ della nuova civiltà.
‘Esportate’ però negli ultimi decenni regolarmente a colpi di cannone, occupando, invadendo e massacrando chi non la pensa allo stesso modo.
Forse non ci crederete ancora, ma appena un paio di giorni fa la Camera dei rappresentanti Usa ha approvato con una maggioranza trasversale (più repubblicani ma anche un sacco di democratici) di 328 voti favorevoli, una risoluzione che denuncia senza mezzi termini il socialismo, bollandolo come “una ideologia che necessita della concentrazione di potere più e più volte degenerata in regimi comunisti, governi totalitari e dittature brutali”.
Oltre che criminali, in questo modo i politici Usa dimostrano di essere totalmente ignoranti, sotto il profilo storico, e non solo.
Così continua la farneticante risoluzione: “Molti dei peggiori crimini della storia sono stati commessi da ideologi socialisti”, tra i quali vengono menzionati Vladimir Lenin, Joseph Stalin, Mao Tsetung, Fidel Castro, Pol Pot, Kim Jong-un, Daniel Ortega, Hugo Chavez e Nicola Maduro. Un ottimo minestrone.
Manca solo qualche italiano: il Giacomo Matteotti trucidato dai fascisti, il partigiano-presidente Sandro Pertini, un Pietro Nenni, un Enrico Berlinguer, un Pietro Ingrao. Sarà per una prossima lista yankee di proscrizione…
E il documento prosegue: “Il Congresso denuncia il socialismo in tutte le sue forme e si oppone all’attuazione di politiche socialiste negli Stati Uniti d’America”. Un bel calcio in culo a Bernie Sanders, uno dei pochi, negli States, ad issare la bandiera e, soprattutto, l’utopia socialista.
Riporta l’Agenzia Nova: “Secondo la deputata repubblicana Maria Elvira Salazar, uno dei promotori della risoluzione, l’obiettivo del voto è ‘assicurarsi che gli Stati Uniti si impegnino a non normalizzare mai l’attuazione di politiche socialiste che conducono inevitabilmente alla rovina economica e all’autoritarismo politico”.
“Il voto – commenta Nova – ha spaccato il Partito Democratico: 109 deputati della minoranza si sono infatti schierati a sostegno dell’iniziativa, mentre 86 hanno votato contro e 14 si sono astenuti”. Spaccati letteralmente a metà. Proprio come la Grande Mela di New York.
E tutti largamente e unitamente convinti – repubblicani e democratici – di continuare nella folle corsa all’armamento fino ai denti dell’Ucraina guidata dal burattino Volodymyr Zelensky, per continuare una guerra senza fine e che può portare, anche in tempi brevi, ad esiti catastrofici, soprattutto in chiave nucleare. Ma chissenefrega: basta che la colossale industria bellica a stelle e strisce veda salire i suoi profitti fino… alle stelle, appunto.
INTANTO GLI USA MINACCIANO LA CINA…
E i sempre più bellicosi americani hanno ormai deciso di aprire il secondo fronte di guerra, stavolta contro il nemico numero uno, la Cina. Dopo la querelle a forti toni per via del ‘pallone’ giallo che ha tenuto il mondo con il fiato in sospeso, dopo l’annullamento della visita del capo del Dipartimento di Stato, il falco Tony Blinken, a Pechino, e dopo le parole di fuoco pronunciate dai vertici cinesi contro la Casa Bianca e la sua politica sempre più imperialista, colonialista e aggressiva in mezzo mondo (nel mirino ci sono ora anche i paesi dell’Africa occidentale, per sfruttarne le enormi risorse minerarie e naturali, con l’ubiquo Blinken fresco reduce da un super summit con i principali leader di quell’area strategica), adesso arriva la ciliegina sulla torta.
Sapete di cosa si tratta?
Gli Stati Uniti hanno appena siglato un accordo con il governo delle Filippine per aprire 4 nuove basi militari, da localizzare in posizioni strategiche per monitorare le forze di Pechino nel Mar Cinese Meridionale e intorno a Taiwan. “Con l’accordo – commentano gli esperti – Washington ha colmato il divario nell’arco delle alleanze statunitensi che si estende dalla Corea del Sud e dal Giappone fino all’Australia del sud. L’anello mancante erano proprio le Filippine, che confinano con uno dei maggiori potenziali focolai, Taiwan e il Mar Cinese Meridionale”.
Le 4 nuove basi si aggiungono alle altre già esistenti; ed anche a quella, appena inaugurata anche se ancora in fase di ultimazione, di Guam, in territorio statunitense, “una parte del potenziamento militare Usa nell’Asia del Pacifico rivolto alla Cina”.
Terminati i lavori, la base di Guam potrà ospitare fino a 5.000 marines: secondo il ‘Wall Street Journal’, “lo scopo della base è prepararsi a una potenziale guerra con la Cina nelle isole dell’Oceano Pacifico occidentale”.
Non è finita certo qui. Perché la Casa Bianca – riferisce il nipponico ‘Sankei Shimbum’ – ha chiesto al Giappone di poter schierare “missili a medio raggio sulle sue isole per garantire un equilibrio di potere con la Cina nella regione”. Scrive il quotidiano: “Gli Stati Uniti vogliono schierare anche i missili ipersonici a lungo raggio LRHW e i missili da crociera terrestri Tomawak in fase di sviluppo sulla ‘prima catena di isole’ che separa i mari che bagnano la Cina e le distese dell’Oceano Pacifico aperto”.
Più guerrafondai di così, davvero, si muore.
… E POI MINACCIANO LA TURCHIA
Dimenticavamo un altro fronte bollente, che coinvolge la Turchia appena devastata da un terrificante terremoto che sta mietendo migliaia di vittime e gettando il paese nel caos.
E’ infatti di un paio di giorni fa la feroce polemica tra il ministro dell’Interno turco, Suleiman Soylu, e l’ambasciatore americano Jeff Flake. “Mettete via le vostra mani sporche”, ha rimproverato il primo al secondo.
Il ministro turco, molto vicino al presidente Recep Erdogan, rimprovera senza peli sulla lingua gli Usa di voler interferire negli affari interni del Paese e di voler ‘preparare’ una delle sue solite ‘primavere’ progressiste che finiscono per gettare i paesi nel caos. Afferma infatti: “Ogni ambasciatore americano si pone la domanda: ‘come posso danneggiare la Turchia?’. Questa è stata una delle più grandi disgrazie della Turchia per molti anni. Raduna altri ambasciatori e cerca di dare loro consigli. Gli americani pensavano di poter progettare un cambio di regime in Turchia, ma una persona ha sempre rovinato il loro gioco, Recep Erdogan”. Ricordate il mancato golpe di qualche anno fa?
E proprio in questi giorni sei consolati hanno chiuso contemporaneamente battenti a Istambul: quelli di Olanda, Germania, Francia, Svezia, Svizzera e Gran Bretagna.
Sullo sfondo, c’è sempre l’opposizione della Turchia all’ingresso della Svezia nella NATO. Di cui, paradossalmente, la Turchia fa parte.
Ma fino a quando ne farà parte?, sono in non pochi a chiedersi, visti i rapporti sempre più tesi tra il governo di Ankara e quello di Washington, mentre sono in continuo miglioramento i legami con Mosca.
P.S. Eravamo partiti dall’incredibile mozione approvata dal Congresso Usa contro il socialismo, del tutto oscurata dal mainstream, almeno fino ad oggi.
Avete sentito la voce di qualche parlamentare di casa nostra? Qualche pigolio in arrivo dal PD ormai ridotto in macerie e in attesa messianica di un segretario stile mago Silvan?
Zero. Il silenzio più tombale.
L’unica voce nel deserto è quella dell’ex sindacalista Fiom, oggi lucido analista politico e tra i fondatori di ‘Potere al Popolo’, Giorgio Cremaschi, che così commenta: “La Camera degli Usa ha approvato a grande maggioranza una delirante mozione che giudica criminale ogni forma di socialismo. Tutti i repubblicani e la maggioranza dei democratici hanno votato questa infamia fascista. Questo voto conferma che gli USA oggi sono il primo nemico di ogni progresso dell’umanità, compreso quello del popolo americano. Altro che fedeltà euroatlantica: criminali sono gli USA”.
Perfetto, condividiamo parola per parola.
Un’altra breve notazione.
La fresca mozione Usa riporta alla mente un’altra folle mozione, stavolta partorita dal Parlamento europeo, che in queste settimane vediamo di quale ‘pasta’ sia realmente fatto, tra ‘Qatargate’ e, soprattutto, ‘Pfizergate’.
Circa un anno fa, infatti, venne approvata una dichiarazione di un simile tenore, la quale metteva esattamente sullo stesso piano comunismo e nazismo. Frutto, anche allora, di ignoranza crassa, basso e becero populismo, totale non conoscenza della storia e profonda malafede.
A pensarci bene oggi la firmerebbe subito uno come il nostro ministro della Sub-Cultura, Gennaro Sangiuliano.
Please, non fateglielo sapere, altrimenti corre fino a Bruxelles per firmare a posteriori…
Scopri di più da La voce Delle Voci
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.