Nei giorni scorsi abbiamo pubblicato il testo di un appello inviato al Capo dello Stato, Sergio Matterella, da due scienziati, Francesco Benozzo e Luca Marini, traendola dal blog – sempre stimolante e ricco di spunti – ‘Minima Cardiniana’, animato dallo storico e medievalista Franco Cardini.
Adesso pubblichiamo un secondo appello, sotto forma di ‘lettera aperta’, sempre sulle questioni del Covid, che i due ricercatori hanno inteso scrivere in seguito ai primi provvedimenti presi, sul tema sempre bollente della pandemia, dall’esecutivo Meloni.
Parla già da sé il titolo della lettera, ‘No alla pacificazione post-covid’. Ecco, di seguito, il testo. A seguire, comunque, potete sempre trovare l’appello precedente comparso su ‘Minima Cardiniana’.
No alla pacificazione nazionale post-Covid!
di Francesco Benozzo-Luca Marini
La volontà di pacificazione nazionale post-Covid è auspicata in questi giorni da più parti ed è, di fatto, sostenuta dal nuovo governo.
Come sempre, il mondo accademico non perde occasione per piegarsi al (mutato) vento che tira e lo fa utilizzando gli strumenti che gli sono propri.
Ecco dunque annunciarsi in pompa magna il primo convegno universitario in grado di promuovere – secondo gli organizzatori – un approccio pluralista alla gestione del Covid, organizzato dal Politecnico di Torino per il 21-25 novembre 2022 (dal titolo soporifero: “Poli-Covid-22. Salute, scienza e società alla prova della pandemia”), che in realtà altro non è che un convegno-trappola, uno specchietto per le allodole, una cortina di fumo dietro la quale si cela la volontà citata in apertura.
Un convegno sul Covid, soprattutto dopo le ammissioni con cui Pfizer ha alzato il velo sulla montagna di menzogne poste a fondamento della cosiddetta campagna vaccinale e dell’abietto strumento di controllo sociale denominato Green Pass, avrebbe dovuto limitarsi a fare una cosa sola: condannare senza mezzi termini una sperimentazione di massa che ha calpestato impunemente ogni garanzia di natura bioetica e biogiuridica, dal principio di precauzione a quello di consenso informato; che ha stravolto i capisaldi normativi della sperimentazione clinica di medicinale sul presupposto che la “velocità della scienza” richieda e giustifichi l’immissione in commercio, senza inutili esitazioni, di farmaci dagli effetti totalmente sconosciuti; che ha presentato come innovativi e vincenti approcci farmacologici rischiosi e inquietanti perché fondati sulla modificazione del DNA umano tramite l’impiego dell’RNA messaggero; che ha svilito diritti e libertà fondamentali al rango di graziose concessioni governative; e che ha rafforzato la deriva transumanista e neomalthusiana promossa dalle forze mercantiliste e globaliste che prosperano all’ombra
dell’Unione europea.
Invece di prendere aperta posizione contro la grande truffa del Covid e stigmatizzare le dinamiche e gli attori che si muovono dietro di essa, il convegno di Torino, in nome di un malinteso senso di pluralismo, promuove con convinzione quasi toccante il confronto egualitario tra le evidenze scientifiche che hanno promosso o avallato la scellerata campagna vaccinale e quelle che hanno messo in luce rischi, effetti avversi e danni collegati e conseguenti all’immissione in commercio del cosiddetto vaccino.
Ora, se anche per pura ipotesi le evidenze scientifiche diverse da quelle ufficiali bucassero per un momento il muro d’omertà costruito dai media mainstream e se anche da un confronto siffatto dovesse mai uscire una nuova e diversa sensibilità sociale sull’argomento, il problema di fondo resterebbe comunque eluso e irrisolto: l’obbligo vaccinale e tutto ciò che ruota intorno a esso – comprese le politiche divisive degli italiani avallate più o meno consapevolmente dalle più alte cariche istituzionali dello Stato – non è e non è mai stato una problematica di natura scientifica, ma solo e soltanto una emergenza democratica e civile.
Non rendersi conto di questa lampante verità vuol dire, di fatto, finire per fare il gioco di chi ha pianificato, organizzato e gestito la più grave situazione di tensione sociale dall’avvento dei totalitarismi (comunismo, fascismo, nazismo) in poi.
Stupisce, quindi, che tanti docenti ed esperti che in questi mesi si sono esposti pubblicamente contro la gestione del Covid abbiano accettato con tanto entusiasmo di prestarsi a fare da foglia di fico a un convegno così singolarmente concepito. Mancanza di visione strategica? Vanità personale? Routine accademica? Esigenze di rendicontazione scientifica?
Chissà. Eppure sono stati avvertiti a più riprese. Uno di noi due (Luca Marini), infatti, è stato coinvolto dal Politecnico di Torino nell’organizzazione del convegno fin dalle sue fasi iniziali – in qualità di componente del consiglio scientifico – e, a partire dalla riunione di insediamento di quest’ultimo (agosto 2022), non ha perso occasione per avvertire gli altri colleghi delle correnti “filo-vacciniste” che agitavano il consiglio medesimo e che hanno gradualmente favorito il coinvolgimento nel convegno dei rappresentanti di quegli organismi il cui operato, durante la cosiddetta pandemia, è stato quanto meno controverso: è ovvio il riferimento al Comitato Tecnico Scientifico.
E se anche i ripetuti warning lanciati nel corso dei lavori preparatori fossero passati inosservati, avrebbero forse dovuto destare maggiore attenzione le dimissioni che egli si è affrettato a presentare dopo l’esplicita censura di alcune proposte operative, giudicate eccessivamente garantiste dei diritti e delle libertà fondamentali perché confliggenti con l’auspicato “approccio win-win”. Ma, del resto, sperare nella concreta solidarietà di colleghi la cui visibilità (e autorevolezza) è stata tutto sommato rafforzata dalle dimissioni in questione è come sperare che le viro-star ammettano pubblicamente di essersi sbagliati sulla bontà dei cosiddetti vaccini e chiedano scusa agli italiani, magari in diretta televisiva. Ciò che in fondo non fa che chiarire la portata del “pluralismo” perseguito dal convegno torinese e la coerenza di certe “cooptazioni” avvenute nell’ambito del suo consiglio scientifico.
L’altro di noi due (Francesco Benozzo), dopo essere stato invitato a parlare al convegno della gestione pandemica nel mondo universitario, ha proposto coerentemente con la propria posizione (essendo uno dei due docenti sospesi su 70.000 universitari) di parlare della propria situazione personale, del maltrattamento subito, della perdita del lavoro, del mobbing a cui è ancora sottoposto: gli è stato risposto che sarebbe stato preferibile parlare di situazioni generali, più funzionali al dibattito che gli organizzatori avevano pianificato. Ha dovuto pertanto rinunciare all’intervento, vista l’intromissione e la conseguente censura – del tutto irrituale per un convegno scientifico a cui si è stati invitati – su ciò che avrebbe detto.
C’è comunque da ammettere che, probabilmente, i colleghi rimasti in gioco hanno dimostrato di avere maggiore fiuto rispetto a chi scrive, visto che la parola d’ordine ormai imperante nell’Italia post-Covid è “pacificazione nazionale”. Una pacificazione che, scoraggiando o impedendo inchieste e azioni giudiziarie (se non di facciata, come quella promossa a livello governativo), non farebbe altro che riportare in auge l’italico “chi ha avuto ha avuto” e far calare definitivamente la cortina dell’omertà e dell’impunità sui crimini e i misfatti commessi, ancora una volta, in nome della scienza.
Una pacificazione che, sia detto per inciso, gli aedi più irriducibili della narrazione pandemica si ostinano ad avversare, come dimostrano le dichiarazioni rese in questi giorni da presentatori, giornalisti, dirigenti d’azienda e sanitari, amministratori pubblici e privati, medici, politici, attrici e altre macchiette da salotto televisivo (pagati con i soldi di tutti i contribuenti, vaccinati o non vaccinati), che auspicano “spillette di identificazione” e “campi di rieducazione” per i medici “no-vax”; o di chi “rivendica il diritto di non entrare in contatto con chi non si è vaccinato”; o, ancora, le proposte di legge regionale che, in barba alle evidenze più palesi, si ostinano a mantenere o addirittura a reintrodurre obblighi vaccinali, mascherine, Green Pass e altre patetiche restrizioni.
Una pacificazione funzionale all’esigenza di mantenere celate, agli occhi del vasto pubblico, le relazioni organiche e funzionali tra le élite finanziarie transnazionali, da una parte, e i circuiti scientifici, accademici, tecnologici, produttivi, industriali, commerciali, culturali, mediatici e politici, dall’altra. Una pacificazione in grado di favorire, se accettata acriticamente anche dai rappresentanti del pensiero critico, il consolidamento e l’estensione dei “metodi Covid” alle nuove emergenze in atto, dalla guerra in Ucraina alla crisi energetica a quella climatica.
Va bene che l’Italia è il Paese dei voltagabbana, dei 25 luglio permanenti, delle inani commissioni di epurazione, delle amnistie in grado di trasformare in un sol colpo tutti i gerarchi fascisti in pacifici democristiani e tutti i GUF universitari in convinti intellettuali di sinistra, degli “armadi della vergogna” girati contro il muro degli scantinati ministeriali per occultare crimini di guerra e altre mostruosità.
Ma la pacificazione nazionale post-Covid, no. Checché ne dica il nuovo governo in carica (e sarebbe curioso sapere cosa ne pensano i suoi elettori), non può esserci pacificazione nazionale, né può esserci perdono, per chi ha promosso o avallato affermazioni quali:
– Non ti vaccini, ti ammali, muori (M. Draghi);
– Escludiamo chi non si vaccina dalla vita civile (S. Feltri);
– Penso che lo Stato prima o poi dovrà prendere per il collo alcune persone per farle vaccinare (L.
Annunziata);
– I rider devono sputare nel loro cibo (D. Parenzo);
– Serve Bava Beccaris, vanno sfamati col piombo (G. Cazzola);
– Prego Dio affinché i non vaccinati si infettino tra loro e muoiano velocemente (G. Spano).
Non può esserci pacificazione, né perdono, per chi ha concepito, proposto e gestito strategie e strumenti abietti come la “tachipirina e vigile attesa”, l’obbligo vaccinale e il Green Pass.
E il convegno di Torino, con il suo pluralismo cerchiobottista, dovrà rendere conto anche di questo.
Ci auguriamo che tra il 21 e il 25 novembre 2022 qualcuno tra i partecipanti al convegno trovi il coraggio per chiedere scusa a tutti gli italiani per il male che è stato fatto loro: ciò che comunque non costituirà una esimente delle responsabilità civili e penali che – è il nostro auspicio – presto o tardi saranno accertate in sede internazionale.
Bologna-Roma, 1° novembre 2022
Francesco Benozzo, filologo, Università degli Studi di Bologna “Alma Mater Studiorum”
Luca Marini, giurista, Sapienza Università di Roma, ex vice presidente Comitato Nazionale Bioetica
Semplicemente chiedere scusa. Alla luce delle dichiarazioni ufficiali della Pfizer, che hanno definitivamente sollevato il velo sulla montagna di menzogne servita a costruire la scellerata campagna vaccinale e l’abietto Green Pass, semplicemente questo dovrebbero fare il Presidente della Repubblica e gli altri che, come lui, hanno spinto gentilmente gli italiani alla vaccinazione dall’alto di posizioni istituzionali: chiedere scusa per il male fatto loro.
Sarebbe anche un modo intelligente per uscire dalla vicenda con le mani più o meno pulite. Del resto è quanto stanno già facendo i leader di altre nazioni, Canada in testa.
Chiedere scusa non vuol dire, ovviamente, ottenere il perdono, magari in nome di quella pacificazione nazionale di cui già qualcuno parla. Va bene che l’Italia è il Paese dei voltagabbana, dei 25 luglio, delle commissioni di epurazione inconcludenti, delle amnistie in grado di trasformare tutti gli ex fascisti in convinti democristiani, degli “armadi della vergogna” girati contro il muro per occultare crimini di guerra e altre mostruosità. Ma il perdono no, quello no.
SIGNOR PRESIDENTE, CHIEDA SCUSA!
Appello al Presidente della Repubblica di Francesco Benozzo e Luca Marini
inviato, p.c., al Presidente del Consiglio dei Ministri
Al Presidente del Senato della Repubblica
Al presidente della Camera dei deputati
Al presidente della Corte costituzionale
Illustrissimo Signor Presidente,
nell’agosto 2021, nel pieno dell’emergenza sanitaria, ci rivolgemmo a Lei per evidenziare le criticità che caratterizzavano la cosiddetta campagna vaccinale anti-Covid e per ribadire la nostra volontà di cittadini e di docenti universitari di non accettare acriticamente i provvedimenti del Governo relativi all’obbligo vaccinale che colpiva il mondo sanitario, che minacciava di estendersi alle forze dell’ordine, alla scuola e all’università e che inevitabilmente avrebbe finito per espandersi, come è poi accaduto nel silenzio dei rappresentanti del pensiero critico, a larga parte della società civile.
Oggi, a distanza di un anno e mezzo da quell’Appello, rimasto senza risposta, i soggetti più direttamente interessati alla promozione della campagna vaccinale hanno ammesso apertamente la verità: ossia, di non avere mai cercato, e di non avere mai avuto, alcuna prova in merito alla presunta efficacia e alla presunta sicurezza del cosiddetto vaccino.
Nel frattempo, milioni di italiani che hanno scelto di non vaccinarsi sono stati schedati, vilipesi ed emarginati dalla vita civile e hanno dovuto rinunciare al lavoro, alla retribuzione, alle relazioni sociali, alle prestazioni assistenziali, a fornire aiuto ai propri cari, in altri termini a vivere secondo un modello di normalità che ancora oggi appare difficile ricostruire; altrettanti italiani, invece, hanno ceduto per i più diversi motivi a ciò che non esitiamo a definire, una volta per tutte e definitivamente, ricatto vaccinale; e molti altri, infine, hanno assunto spontaneamente un medicinale sperimentale denominato vaccino perché convinti anche dalle Sue parole ad adempiere un vero e proprio “dovere civico” e a non “sprecare l’opportunità del vaccino” in grado di salvare “migliaia di vite”.
Illustrissimo signor Presidente, alla luce delle evidenze che stanno emergendo in tutta Europa e che stanno finalmente rivelando una verità troppo a lungo celata – ma ben nota a quanti conoscevano la normativa che ha autorizzato in via condizionata l’immissione in commercio del medicinale sperimentale in questione – Le chiediamo in coscienza, rispettosamente, di fare una cosa, anche a nome delle altre cariche dello Stato che hanno, come Lei, sostenuto apertamente la cosiddetta campagna vaccinale: chiedere scusa a tutti gli italiani per il male che è stato fatto loro.
Solo assumendo su di sé la responsabilità morale di questa vicenda Lei dimostrerà concretamente di rappresentare l’unità nazionale nel momento in cui quest’ultima è stata seriamente minacciata dalle politiche divisive promosse o avallate da un governo “tecnico”, politiche che – come è ormai ammesso ufficialmente – non trovavano alcuna giustificazione né sul piano scientifico, né su quello medico.
La ringraziamo, illustrissimo Signor Presidente, per l’attenzione che vorrà prestare al nostro Appello e, se lo riterrà fondato sul piano etico e giuridico, per le azioni che vorrà porre in essere secondo le Sue competenze.
Con i più distinti ossequi,
Prof. Francesco Benozzo, filologo presso l’Università di Bologna “Alma Mater Studiorum”
Prof. Luca Marini, giurista presso la Sapienza Università di Roma
Bologna-Roma, 27 ottobre 2022
FONTE
Minima Cardiniana
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