JOHN HOPKINS UNIVERSITY / I COLOSSALI DANNI DEI LOCKDOWN

Le politiche dei ‘blocchi’, delle chiusure, dei lockdown non sono servite a mitigare la mortalità da covid-19, riducendola di appena lo 0,2 per cento.

Anzi, hanno avuto effetti devastanti proprio sulla salute dei cittadini, soprattutto sotto il profilo psichiatrico, sui rapporti sociali, per non parlare delle disastrose conseguenze sulle economie di tutti i paesi.

Giudizi tranchant, che non ammettono discussioni, quelli espressi da tre ricercatori di livello internazionale: si tratta di Jonas Herby del danese ‘Center for Political Studies’, di Lars Jonung della svedese ‘Lund University’ e di Steve Hanke della statunitense ‘Johns Hopkins University’.

Il testo firmato dai tre ricercatori si intitola ‘A Literature Review and Meta-Analysis of Effects of Lockdowns on Covid-19 Mortality’ ed è stato appena pubblicato proprio dall’ateneo a stelle e strisce, nella sezione ‘Studies in Applied Economics’.

La pubblicazione è tanto più significativa perché c’è la griffe ‘Johns Hopkins’ che, non va dimenticato, organizzò il famoso ‘Event 201’ nel quale a fine 2019, vale a dire qualche mese prima dei casi covid a Wuhan, venivano incredibilmente anticipati gli scenari della pandemia. Un ‘Event’ organizzato in partnership con il ‘World Economic Forum’ e con la ‘Bill & Melinda Gates Foundation’.

A questo punto, quindi, c’è da registrare la clamorosa retromarcia della Hopkins, che ammette tanti, troppi errori di valutazione e offre, oggi, uno scenario totalmente diverso.

Ma vediamo, più in dettaglio, alcuni passaggi salienti della lunga e dettagliata ricerca.

“I lockdown non sono un modo efficace di ridurre i tassi di mortalità durante una pandemia. I nostri risultati sono in linea con il gruppo di scrittura dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (2006) che afferma: ‘I rapporti sulla pandemia di influenza del 1918 indicano che le misure di distanziamento sociale non hanno fermato la trasmissione. (…) I nostri risultati sono anche in linea con la conclusione di Allen (2021): ‘la ricerca più recente ha dimostrato che le chiusure hanno avuto, nel migliore dei casi, un effetto marginale sul numero di morti di Covid 19’. Paesi come la Danimarca, la Finlandia e la Norvegia che hanno avuto successo nel mantenere relativamente bassi i tassi di mortalità da covid-19, hanno permesso alle persone di andare al lavoro, usare i trasporti pubblici e incontrarsi privatamente a casa durante il primo blocco. In questi paesi c’erano ampie opportunità di incontrarsi con gli altri”.

Le chiusure, invece, hanno causato danni giganteschi: “Le conseguenze involontarie possono giocare un ruolo più grande di quanto riconosciuto. Spesso le chiusure hanno limitato l’accesso delle persone a luoghi sicuri all’aperto, come spiagge, parchi e zoo, o hanno incluso l’obbligo di indossare la mascherina all’aperto o severe restrizioni per gli incontri all’aperto, spingendo le persone a incontrarsi in luoghi meno sicuri e al chiuso. Troviamo che limitare i raduni è stato controproducente e ha aumentato la mortalità covid-19”.

Ancora. “L’uso delle quarantene è una caratteristica unica della pandemia covid-19. Le quarantene non sono state usate in così grande misura durante nessuna delle pandemie del secolo scorso. Tuttavia, i blocchi durante la fase iniziale della pandemia covid 19 hanno avuto effetti devastanti”.

Esattamente il contrario di quanto hanno fatto – e costretto a fare – la gran parte dei governi occidentali, in prima fila il nostro, con i Conte 1 e 2 e poi l’esecutivo Draghi.

New York deserta durante il lockdown

Eccoli, gli effetti devastanti descritti dai tre ricercatori: “I blocchi hanno contribuito a ridurre l’attività economica aumentando la disoccupazione, riducendo la scolarizzazione, causando disordini politici, contribuendo alla violenza domestica e minando la democrazia liberale. Questi costi per la società devono essere confrontati con i benefici delle chiusure, che la nostra meta-analisi ha dimostrato essere marginali nel migliore dei casi. Un tale calcolo standard di benefici e costi porta ad una conclusione forte: le chiusure dovrebbero essere rifiutata a priori come strumento di politica pandemica”.

Scrive il commentatore statunitense Wesley Smith all’interno di un   fondo titolato, in modo significativo, “Le chiusure dovrebbero essere rifiutate su due piedi”: “L’aura degli ‘esperti’ ha perso la sua lucentezza, poiché i nostri presunti cervelloni sono stati smentiti ripetutamente. Due di questi sono Ezekiel Emanuel e Anthony Fauci. Entrambi sono entusiasti sostenitori della chiusura della società come mezzo per prevenire le morti e la diffusione del covid. Ora sappiamo dalla meta-analisi del Johns Hopkins che ‘chiudere la società’ ha fatto molto poco per prevenire le morti”.

E aggiunge: “Non possiamo mai più soffocare il libero discorso e il dibattito sulle questioni della salute pubblica. Le persone che hanno argomentato contro il ‘consenso scientifico’ sui blocchi sono state soffocate, censurate da Big Tech, denigrate dai media e derise dagli scienziati dell’establishment. Il metodo scientifico ha bisogno che le voci eterodosse parlino liberamente se vuole funzionare correttamente. Impareremo la lezione? No, se continueremo a permettere ai responsabili della scienza istituzionale di esercitare il totale controllo sulla società”.

Due news, infine, sempre dagli States. Un fresco sondaggio effettuato da ‘Monmouth’ rileva che il 70 per cento degli americani “pensa che sia ora di convivere con il covid e di andare avanti con le nostre vite”.

Un altro sondaggio, poi, promosso da ‘NewsNation/Decision Desk HQ’ fa una scoperta da non poco: appena il 10 per cento dei cittadini americani si fida dei media, quando si tratta di informazioni su covid e pandemia.

Chissà che esito avrebbe, un simile sondaggio, da noi, costretti quotidianamente ad ingozzarci delle più vergognose fake news imbandite nei salotti e nei talk di tivvù pubbliche & private.


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