Giallo nel giallo ad Ustica.
E’ stato appena archiviato dal tribunale di Grosseto il caso della strana morte di Alberto Dettori, il maresciallo dell’Aeronautica in servizio al radar di Poggio Ballone la tragica sera del 27 giugno 1980, quando il DC9 dell’Itavia s’inabissò con 81 passeggeri a bordo.
Una vicenda mai venuta a galla, almeno fino a dicembre 2016, quando i familiari della vittima e l’Associazione antimafia ‘Rita Atria’ hanno chiesto di far luce sulla morte, sempre avvolta nel mistero: non sono mai rimasti convinti della versione ufficiale fornita dagli inquirenti, quella del suicidio. “Mio padre – ha sempre sostenuta la figlia, Barbara Dettori – non si sarebbe mai ucciso. Amava troppo la vita e soprattutto la sua famiglia”.
TUTTO ARCHIVIATO
A svolgere le indagini è la Procura di Grosseto. E dopo quattro anni e mezzo, pochi giorni fa, il gip Marco Mezzaluna dispone l’archiviazione del procedimento, che era stato aperto a carico di ignoti.
In sostanza, il gip ritiene che “sulla base delle risultanze delle indagini minuziosamente riportate dal pm nella sua articolata richiesta (di archiviazione, ndr), il decesso del Dettori sia da attribuire ad un gesto suicidiario senza responsabilità alcuna di terze persone. Non esistono agli atti – argomenta – elementi che possano anche solo lontanamente portare a ritenere che la morte sia stata dovuta ad un omicidio o comunque ad un intervento di terze persone, così come già escluso anche dal Giudice Istruttore che ebbe ad indagare sul disastro di Ustica”, ossia Rosario Priore, per anni impegnato in quella maxi inchiesta.
E così cerca di spiegare, Mezzaluna, nella sua ordinanza: “Verosimilmente la sera del 27 giugno 1980 il Dettori, che era in servizio a Poggio Ballone, è stato testimone diretto dei fatti che portarono all’abbattimento del DC9 Itavia. Il peso di tale segreto ed il conseguente stress lavorativo, nonché la lontananza dalla famiglia nel corso della missione in Francia, devono aver negativamente inciso sul suo già precario equilibrio psichico e lo hanno portato a suicidarsi”.
Ed aggiunge, con gran sicumera, di ritenere del tutto “superflue le ulteriori investigazioni sollecitate”.
LE TROPPE ANOMALIE
A chiedere ulteriori investigazioni era stato il legale della famiglia, l’avvocato Goffredo D’Antona, del foro di Catania. Venivano cioè indicate, perché venissero approfondite in modo adeguato, non poche piste.
A cominciare delle parole pronunciate da Dettori nel corso di una conversazione a caldo con il capitano Mario Ciancarella, al quale aveva detto: “Siamo stati noi”. Per proseguire con quelle rivolte ai familiari alcuni giorni dopo la strage: “Sta scoppiando la terza guerra mondiale”.
E poi una serie di anomalie ma chiarite. Come, ad esempio, alcuni atti e dichiarazioni resi da diversi testi (non solo i familiari) e poi disconosciuti. Per non parlare del paradosso circa il corpo di Dettori, che sarebbe stato ritrovato da più persone in momenti diversi.
Insomma, una sfilza di enigmi. Degni tutti di un chiarimento che, invece, non è mai arrivato per (non) volontà sia del pm che del gip del tribunale di Grosseto.
La famiglia è ora profondamente amareggiata e così si esprime: “Ci sono tanti, troppi vuoti investigativi ai quali noi e l’associazione ‘Rita Atria’ non crediamo. Riteniamo che la delega delle indagini ai carabinieri sia stata quanto meno inopportuna, in considerazione del fatto che la prima anomalia di questa vicenda era ascrivibile proprio all’Arma. Una anomalia consistente nella redazione di un atto denunciato e ribadito come falso. Spiace constatare che il gip abbia accolto le risultanze investigative del pm senza una sua propria e autonoma valutazione”.
Incalzano ancora, i familiari: “In alcun modo sono state evidenziate, men che mai valutate e invece liquidate come ‘superflue’ le nuove investigazioni richieste dal nostro legale Goffredo D’Antona, che erano precise, dirette e circostanziate”.
E concludono: “Continueremo, nonostante tutto e soprattutto alla luce dei nuovi atti processuali, a sostenere il non suicidio del Maresciallo Dettori. Continueremo questa battaglia, in tutte le sedi, non per la ricerca della Verità, perché questa appare evidente a chi non ha paura di vederla, ma per la Giustizia”.
Parole dure come macigni.
LE DUE PORTAEREI FRANCESI
Ed infatti, tutta la tragedia di Ustica è ormai chiara nella sua Verità dei fatti, ma non è mai stata chiara per la Giustizia di casa nostra. Quelle 81 vittime, ora insieme a Dettori, aspettano ancora lo straccio di una sentenza che inchiodi i colpevoli alle loro responsabilità. Mai trovati, né forse mai cercati con il dovuto impegno e la dovuta efficacia.
Come mai, per fare un solo, macroscopico esempio, la pur monumentale inchiesta del giudice istruttore Rosario Priore non è mai riuscita a cavare un ragno dal buco? Soprattutto per accertare le responsabilità di Stati Uniti e Francia in tutta la tragica storia?
In una lunga inchiesta di trent’anni fa esatti (fine 1991) la Voce, tra l’altro, intervistava l’allora sottosegretario socialista alla Difesa, Franco Piro. Il quale indicò una pista precisa: il missile killer era stato lanciato dalla portaerei francese Clemanceau, che si trovava proprio in quelle acque.
Una pista dopo molti anni, precisamente nel 2007, dettagliata in un docufilm realizzato da Canal Plus: si parla di due portaerei francesi in quelle acque, ed una delle due è proprio la Clemanceau.
Una tesi poi ribadita da una fonte ‘eccellente’. Fu infatti nientemeno che l’ex presidente della repubblica Francesco Cossiga, nel corso di un’intervista rilasciata poche settimane prima di morire, ad indicare la stessa, identica pista: il missile era stato lanciato da una portaerei francese. E si domandava come mai il nostro governo, le nostre istituzioni, non avessero mai compiuto i passi adeguati sul fronte estero per l’accertamento della verità.
LA MISTERIOSA “MISSIONE” IN FRANCIA
Come mai, infatti, le nostre autorità non hanno fatto niente (o quasi) per ottenere dai nostri ‘alleati’ (sic), ossia gli Stati Uniti e soprattutto la Francia, i tracciati radar, le mappe e i documenti che definiscono senza ombra di dubbio la posizione delle due portaerei francesi quella notte proprio in quelle acque? E, soprattutto, evidenziano in modo documentale quel che in realtà è successo?
La storia puzza di bruciato.
E puzza lontano un miglio di ‘Depistaggio di Stato’. Come del resto si è verificato in modo palese, per fare solo due esempi clamorosi, con la strage di via D’Amelio e il duplice omicidio Alpi-Hrovatin.
Ma adesso spunta, in modo eclatante, un altro elemento mai venuto alla luce, o comunque fino ad oggi del tutto sottovalutato, mai preso in considerazione.
Dalle indagini svolte, infatti, è emerso (lo scrive perfino Mezzaluna nella sua ordinanza di archiviazione) che il maresciallo Dettori era stato inviato, nei giorni che hanno preceduto la sua tragica ‘fine’, in Francia per una ‘missione’.
Come mai nessuno ha pensato bene di chiarire i contenuti di quella missione?
Perché Dettori aveva scoperto qualcosa di molto pericoloso?
Segreti troppo grossi?
E forse proprio per questo il coraggioso maresciallo “Doveva Morire”…
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