Nei film di Schiavino l’anima del cratere
Il terremoto vissuto del regista di Calabritto
Per Michele Schiavino “un film non deve mai finire” e la sua idea di cinema è quella di un flusso ininterrotto, e a volte circolare, di immagini ed emozioni, di passioni e memorie: un work in progress infinito, con i materiali audiovisivi in perenne disponibilità non solo della ricerca creativa e documentaria del regista ma di tutta la comunità degli spettatori, che nella sua filmografia coincidono spesso con i protagonisti delle sue opere.
È in nome di questa coerenza filologica e di pensiero, per citare l’esempio più condiviso dal grande pubblico, che il regista salernitano di origini irpine (Calabritto, paese al quale è tuttora legatissimo) ha ripercorso di continuo, sia pur concedendosi lunghe e frequenti pause, la sua ricerca sul Pasolini cineasta, poeta e soprattutto intellettuale coraggioso e profetico, dal 2005 fino alla sua opera più recente (2016) – ma anche in questo caso non definitiva – sul regista di Casarsa, realizzata in collaborazione con “Quaderni di Cinemasud”, il “Laceno d’Oro”, l’associazione Hyrpus Doctus di Montemarano ed altre realtà culturali: Ad Memoriam Per Pasolini, che già nel sottotitolo si annuncia come “Appunti per un film futuro”.
La dimensione di “opera aperta” programmaticamente attribuita ai suoi film ha permesso a Schiavino di integrare di continuo le sue produzioni audiovisive (molto apprezzate su scala internazionale nel panorama del cinema indipendente e sperimentale) con materiali prima inediti e quindi con sguardi più ampi e maturi. Per restare a Pasolini, nel decennio di elaborazione cinematografica sul poeta-regista sono emersi apporti nuovi, rintracciati sui sentieri culturali meno battuti, dallo studio della culturale popolare dell’Irpinia e del Sud (a partire dal Carnevale) ai curiosi e vitali intrecci con i percorsi etnomusicali di Alan Lomax.
Il nucleo più ricco e prezioso della ricerca di Schiavino è costituito dalla filmografia sul terremoto dell’80, di cui il regista irpino-salernitano è il testimone artistico più importante e insostituibile, sia per l’immensa mole di documentazione audiovisiva raccolta dalla sera del 23 novembre ad oggi sia, soprattutto, per l’intensità e la partecipazione sentimentale e civile che hanno ispirato i suoi film sul tema, raro esempio di qualità e rigore in un panorama cinematografico deludente (con l’eccezione di La terra è fatta così di Gianni Amelio e poco altro) per non dire squallido.
Non a caso, nella recente ricorrenza del 23 novembre, l’unico film portato in dono dai sindaci della Campania al Capo dello Stato era quello (montato per l’occasione, in copia unica) di Michele Schiavino.
Dall’archivio (anch’esso in progress) di questo regista riemergono di continuo, talvolta persino oltre la volontà e la memoria dell’autore, frammenti di immagini e documenti, che insieme compongono un materiale magmatico, solo in apparenza disordinato, ma congeniale per riscoperte, nuove chiavi di lettura, stimolanti elaborazioni di montaggio.
Il quarantennale che ricorre domani è stata l’occasione perfetta per autocostringere Schiavino a rituffarsi nel suo archivio infinito ed estrarne alcuni pezzi pregiati.
Come Cratere, presentato nel 2000 a Calabritto e ad Avellino, nell’Auditorium del Liceo Statale “P. E. Imbriani”, alla manifestazione nazionale della Cgil con il segretario generale Sergio Cofferati, che da domani sarà riproposto dalla Cgil irpina nel suo programma di eventi online. Un film di soli 13 minuti ma intenso e suggestivo, in cui le musiche di Paolo Fresu, ispirate allo Stabat Mater di Pergolesi, scandiscono la tragedia e la resistenza di alcune comunità nell’epicentro del sisma.
Il film è basato – spiega il regista – su materiale inedito, diretto e girato da me con Antonio Romano prima e dopo il sisma. È un viaggio tra le rovine dei paesi più colpiti: Colliano, Valva, Santomenna, le tanta stazioni di un disastro. Una sorta di video lettera per immagini e musica per restituire il clima di quei giorni insieme al ricordo di ciò che è andato distrutto col terremoto, uomini, culture e tradizioni, un lamento per qualcosa che non vogliamo venga dimenticato. Come rendere oggi quell’atmosfera se non con le armi della poesia e della musica in una sorta di estensione della musicalità che si perde nel tempo?”. Sul versante irpino, il film utilizza materiale girato a Calabritto durante la festa della Madonna della Neve nel 1977, insieme alle sequenze della distruzione totale del paese dopo il sisma.
Con il seguito ideale del suo film, Cratere infinito, completato nel 2010, Schiavino si spinge fino a Genova, nella sede degli operai portuali e dei consigli di fabbrica dell’Ansaldo e dell’Italsider, per ricostruire una pagina altrettanto memorabile ma colpevolmente dimenticata: la solidarietà nazionale verso le popolazioni terremotate.
“A quegli operai venuti a portare i primi soccorsi a Laviano e in Alta Irpinia – dice Schiavino – ho chiesto che cosa li aveva spinti a venire nel Sud più profondo. La loro risposta, trent’anni dopo, è stata questa: le illusioni e le speranze perdute. Poi hanno aggiunto un film che parli di questa esperienza ha una ragione d’essere, per spiegare quei sogni, quelle speranze nella ricostruzione, quelle cose belle che abbiamo pensato insieme a molti compagni del posto, gente che aveva rinunciato a ritornare all’estero ed occuparsi invece degli interessi e dei problemi del proprio paese”.
Il lungo viaggio nella filmografia del sisma prosegue con Ombra di luce, video-intervista del 1981 a Rocco Falivena (leader dei comitati popolari di Laviano e futuro sindaco); Un futuro diverso (2004), film di riflessione e testimonianze sulla visita a Laviano di Enrico Berlinguer; Alto Sele (2004), in dvd per il 25° del sisma, basato sul confronto – visivo e ideale – tra le macerie del 23 novembre e la ricostruzione nei paesi più colpiti; Comuni memorie (2016), sulle opere realizzate a Laviano e Caggiano per costruire un futuro diverso, per approdare in un percorso a ritroso fino al 2002 e al film più raffinato e suggestivo di Schiavino, realizzato con Lucia Di Giovanni: A Piena Voce (45 minuti), un video omaggio a Carmelo Bene, basato su una intervista audio all’artista sulla quale è stato costruito un piano di visione con materiali di film inediti realizzati da Schiavino a Salerno nel Teatro Verdi, prima della ristrutturazione, e nei paesi dell’Irpinia prima e dopo il sisma dell’80. L’intervista al celebre regista-attore fu realizzata da Lucia Di Giovanni in occasione della “Lectura Dantis”, evento organizzato a Salerno nell’82 da CGIL, ARCI e Lab 2929 su iniziativa di Schiavino.
Qual è ora la nuova tappa del work in progress sulla memoria del sisma?
“Un film politico”, anticipa Schiavino, dedicato a un’altra pagina rimossa e invece straordinaria di quegli anni Ottanta che oggi sembrano lontani anni-luce e presunti “storici” e “intellettuali” vorrebbero affossare: la mobilitazione per il Sud da parte del Pci di Berlinguer e di Pietro Ingrao, di cui il regista riprese (e sta rimontando) la visita a Salerno e Avellino il 18 e 19 gennaio 1981. “Materiali che confluiranno in un unico film, per dare voce a una comunità politica, il Pci, di cui non rinnego l’appartenenza, e utilizzare i materiali del mio archivio per riaprire una riflessione sulle cose avvenute”, afferma Schiavino, seguendo una chiara ispirazione cinematografica e civile: “Il Berlinguer che viene a Laviano nella tenda dei volontari dei suoi compagni comunisti a rinnovare l’idea dell’esserci in mezzo al popolo; l’Ingrao che viene a Salerno a dialogare sul rapporto scienza-popolo col convegno di Avellino sulla scienza e i terremoti (voluto proprio da Berlinguer); il Carmelo Bene che urla: lasciate lì quelle pietre, si ricorderanno di voi; il Paolo Fresu che accompagna con la tromba i morti e le pietre; i protagonisti politici dell’area terremotata che si interrogano anni dopo. Ecco, la linea invisibile della mia filmografia è questa: dove sono oggi quelle domande di democrazia nella politica e nell’arte? Cosa è successo a questo paese?”.
Foto tratte dal libro Enrico Berlinguer. La presenza e l’addio, fotografie di Vito Falcone e Antonio Tateo, 2005, edito a cura delle unità di base dei DS dell’Alto e Medio Sele
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