LAV: IL GOVERNO VIETI GLI ALLEVAMENTI DI VISONI, PERICOLOSI PER DIFFUSIONE COVID 

EMERGENZA COVID E VISONI: PETIZIONE LAV (https://www.lav.it/petizioni/emergenza-visoni) PER CHIEDERE AL GOVERNO DI VIETARE GLI ALLEVAMENTI DI VISONI PER FARNE PELLICCE. CRUDELI PER GLI ANIMALI, PERICOLOSI PER L’UOMO. 

LAV: ULTERIORI EVIDENZE SCIENTIFICHE SU RISCHI SANITARI DA QUESTI ALLEVAMENTI ANCHE NELLE DICHIARAZIONI DEL PROF. NICOLA DECARO, DIPARTIMENTO MEDICINA VETERINARIA, UNIVERSITA’ DI BARI, E PRESIDENTE ASSOCIAZIONE ITALIANA INFETTIVOLOGI VETERINARI (ANIV) CHE AFFERMA “POSSIBILE RUOLO DI AMPLIFICAZIONE E SERBATOI DEL CORONAVIRUS” 

 

L’attenzione alle misure di prevenzione per contrastare la pandemia di Covid-19 deve essere massima, con interventi tempestivi nei serbatoi che possono amplificare la diffusione del virus: per questi motivi la LAV ha attivato una petizione (https://www.lav.it/petizioni/emergenza-visoni) per chiedere al Governo di vietare, in Italia, gli allevamenti di visoni per farne pellicce. 

 

Sono ormai consolidate le evidenze scientifiche che identificano gli allevamenti intensivi dei visoni (destinati alla produzione di pellicce) come veri e propri serbatoi del virus SARS-CoV-2, che nell’uomo causa la malattia Covid-19. Un virus che, per le condizioni di allevamento intensivo in cui migliaia di animali convivono in spazi estremamente limitati, trova un ambiente ideale per replicarsi, evolvere e dunque subire mutazioni.

 

Ultima, in termini di tempo, la voce del prof. Nicola Decarodel Dipartimento di Medicina Veterinaria presso l’Università di Bari, e presidente dell’Associazione Italiana Infettivologi Veterinari, che afferma: “La maggiore preoccupazione che proviene dai visoni è, al momento, rappresentata dal possibile ruolo di amplificazione e di serbatoio che questi animali possono svolgere per quanto riguarda l’infezione dell’uomo. È necessario, pertanto, mantenere alta l’attenzione anche sul mondo animale attraverso una continua sorveglianza epidemiologica e molecolare negli animali”.[1]

 

“Quando un virus muta, c’è il rischio che cambi le proprietà. Può diventare più contagioso, più mortale, o possono verificarsi mutazioni che rendono difficile trovare un vaccino e sviluppare farmaci. –dichiara Simone Pavesi, responsabile LAV Area Moda Animal Free Ha senso continuare ad allevare migliaia di visoni per la produzione di pellicce sapendo che, oltre alla sofferenza arrecata agli animali, questa pratica può portare alla ulteriore diffusione del coronavirus e, anche in una forma mutata e potenzialmente più pericolosa?”.

 

I visoni sono sensibili ai coronavirus, così come al “nuovo coronavirus” che sta provocando migliaia di vittime in Italia e nel Mondo. Nella catena di diffusione, il ruolo del visone è quello di ospite intermedio, infatti è ben documentato che il SARS-CoV-2 è stato introdotto negli allevamenti di visoni dall’uomo, gli stessi allevatori (o comunque addetti ai lavori collegati a queste strutture), che hanno molto probabilmente infettato gli animali.

Gli allevamenti di visone sono luoghi in cui migliaia di animali (da un minimo 2-3mila sino anche a 90.000 individui) sono stabulati in piccole gabbie di rete metallica, posizionate fianco a fianco e in alcuni casi persino sovrapposte, dove tutti questi animali entrano inevitabilmente in contatto tra loro.

 

In simili condizioni, un solo visone infettato (dall’uomo) diventa a sua volta causa di contagio di tutti i suoi simili, e il virus trova così una ambiente perfetto per replicarsi in modo efficiente e con rapide mutazioni.

Quello che poi è accaduto è che i visoni hanno nuovamente infettato alcuni lavoratori in allevamento e che, a loro volta, hanno disperso il virus (mutato) nella comunità.

 

Sono documentati almeno 200 casi di Covid-19 con persone che presentano lo stesso sequenziamento genomico del SARS-CoV-2 isolato nei visoni (casi conclamati di spillover, dunque).

In Europa molti Stati hanno già vietato gli allevamenti di animali “da pelliccia”: il Regno Unito, l’Austria, la Francia, il Belgio, la Slovenia, la Croazia, il Lussemburgo, la Repubblica Ceca, la Germania, l’Olanda. Anche in Polonia si sta discutendo proprio in questi giorni la chiusura di tutti gli allevamenti di animali utilizzati per la produzione di pellicce. Tutti questi Paesi hanno preso una decisione responsabile e, considerata la pandemia di Covid-19 e l’alta probabilità di diffusione del virus da questi allevamenti, previdente.  

 

Per questo LAV rinnova l’appello al Ministro Speranza: vieti da subito l’allevamento di visoni (e di altri animali per la produzione di pellicce). È anche una delle richieste contenute nel nostro Manifesto #NONCOMEPRIMA: ”non possiamo permetterci di correre altri rischi sanitari.Vieti questi allevamenti, per gli animali e per la salute di tutti noi cittadini(https://www.lav.it/petizioni/emergenza-visoni). 

 

 

Covid e visoni: contesto europeo 

 

Contesto OLANDA 

(Al 21/10/2020 si registrano 64 focolai su un totale di 128 allevamenti; oltre 2,5 milioni visoni abbattuti; 66 casi documentati di spillover visone-uomo)[2] 

Il Governo olandese lo scorso 28 agosto ha annunciato il definitivo divieto di allevamento di visoni dal gennaio 2021 (consentendo alle strutture non infette di portare a termine l’ultimo ciclo di produzione).[3]

Alla base di questa decisione, sono le evidenze prodotte dall’Istituto Nazionale per la Sanità Pubblica e l’Ambiente (Parere redatto dall’ OMT-Z Outbreak Management Team Zoonoses su richiesta del Center for Infectious Disease Control; e il Rapporto elaborato dal Wageningen Bioveterinary Research) da cui, in estrema sintesi, si riportano alcuni estratti rimandando ulteriori approfondimenti alle pubblicazioni ufficiali qui allegate:

 

Dal Parere OMT-Z[4]:

  • Non ci sono indicazioni di un percorso di contaminazione tramite mangimi, veicoli, animali domestici, selvaggina, materiali utilizzati negli allevamenti o per via aerea. Ciò significa che le persone rimangono probabilmente la più importante fonte di introduzione del virus tra gli allevamenti. 
  • Le misure adottate sono insufficienti per prevenire e interrompere le catene di infezione e quindi prevenire la formazione di reservoir del virus.
  • Il rischio di contrarre l’infezione in un allevamento di visoni infetti è più alto che con una infezione in contesto familiare.  
  • Sebbene al momento non vi siano indicazioni di trasmissione secondaria su larga scala, a parere dell’OMT-Z questa può avvenire a livello individuale per i contatti dei dipendenti. 
  • Permane una grande incertezza sulla via di trasmissione (tra i visoni e dai visoni all’uomo). 
  • I visoni sono attualmente un serbatoio per il virus e possono quindi essere una fonte persistente di contaminazione umana e reintrodurre il virus nella popolazione. 

 

Dal Rapporto del Wageningen Bioveterinary Research[5]:

  • L’infezione negli allevamenti di visoni può verificarsi senza sintomi evidenti e morte. 
  • Sulla base del codice genetico del virus e della storia di esposizione, è probabile che almeno una persona sia stata infettata da un visone dei primi 5 allevamenti infetti individuati.
  • La morbilità e la mortalità nei visoni possono variare notevolmente da allevamento a allevamento. 
  • I test PCR su tamponi faringei, prelevati da animali morti, sembrano essere un metodo di rilevamento adatto per infezioni da SARS-CoV-2 nel visone, anche quando si osservano pochi segni clinici. 

 

Ulteriori evidenze scientifiche, oltre agli studi e valutazioni dell’Istituto Nazionale per la Sanità Pubblica e l’Ambiente, hanno dimostrato i rischi di diffusione e zoonosi dai visoni del virus SARS-CoV-2. 

Il 1 settembre 2020 è stato pubblicato un nuovo studio[6] consistente in una approfondita indagine sui focolai in 16 allevamenti olandesi di visoni e sugli esseri umani che vivono o lavorano in questi allevamenti, utilizzando il sequenziamento dell’intero genoma. Lo studio conclude che il virus è stato inizialmente introdotto dall’uomo e si è evoluto; e nonostante la maggiore biosicurezza, la sorveglianza tempestiva e l’abbattimento immediato degli allevamenti infettati, è tuttora in corso la trasmissione tra allevamenti di visoni con tre grandi cluster e con modalità sconosciute. Lo studio descrive inoltre le prime trasmissioni da animale a uomo di SARS-CoV-2 negli allevamenti di visoni. Tra le principali evidenze si segnala che:

 

  • 66 persone su 97 (67%)direttamente collegate agli allevamenti (proprietari, dipendenti, veterinari, trasportatori di materiali – mangimi, pelli, letame, carcasse, ecc.)avevano evidenza di infezione da SARS-CoV-2.
  • In totale sono state generate 18 sequenze da dipendenti di allevamenti di visoni o contatti stretti da sette diversi allevamenti.
  • Nella maggior parte dei casi, queste sequenze umane erano quasi identiche alle sequenze di visoni (conferma di spillover)
  • Le sequenze generate dagli allevamenti di visoni e dai dipendenti degli allevamenti di visoni sono state confrontate con il database nazionale composto da circa 1.775 WGS (Sequenziamenti dell’Intero Genoma). Inoltre, per discriminare tra infezioni acquisite localmente e infezione SARS-CoV-2 correlata ad allevamenti di visoni e per determinare il rischio potenziale per le persone che vivono vicino ad allevamenti di visoni, il WGS è stato eseguito anche su 34 campioni positivi al SARS-CoV-2 di individui che vivono nella stessa area del codice postale rispetto ai primi quattro allevamenti di visoni. Queste sequenze locali riflettevano la diversità generale osservata nei Paesi Bassi e non erano correlate ai gruppi di sequenze di visoni trovati negli allevamenti di visoni, quindi non davano alcuna indicazione di propagazione alle persone che vivevano in prossimità di allevamenti di visoni.
  • È stata osservata un’elevata diversità nelle sequenze di alcuni allevamenti di visoni. Le stime attuali indicano che il tasso di sostituzione di SARS-CoV-2 corrisponde a circa una mutazione ogni due settimane

 

Il sistema di screening olandese e che ha consentito di intercettare almeno 27 strutture su 42 (alla data dell’1 settembre) consistente in:

 

  • segnalazione obbligatoria di sintomi ascrivibili ad infezione da SARS-CoV-2;
  • conferimento settimanale obbligatorio di tutte le carcasse dei visoni che, per qualsiasi ragione, muoiono in allevamento, e conseguente accertamento della eventuale presenza del virus; 
  • screening sierologico, anche in assenza di sintomi, su campioni di animali in ogni allevamento (e in caso di inevitabili movimentazioni di animali tra allevamenti, in deroga al divieto generale).

 

 

 

Contesto DANIMARCA 

(Al 21/10/2020 si registrano 128 focolai su 1.137 allevamenti; oltre 2,5 milioni di visoni abbattuti; almeno 150 casi documentati di spillover visone-uomo)[7] 

La Danimarca è il primo produttore in Europa di pellicce di visone (17 milioni di pelli/anno, secondo al mondo dietro la Cina). L’approccio danese alla minaccia Coronavirus è stato quello di non abbattere i visoni presenti negli allevamenti focolaio. Ma a seguito di questa scellerata strategia, a fine settembre la Danimarca si è ritrovata con almeno 41 focolai e numerose persone (allevatori e operatori del settore) infettate dal SARS-CoV-2 e proveniente dai visoni (documentato stesso sequenziamento genetico del virus rilevato negli animali).

L’1 ottobre il Governo danese ha annunciato di dovere procedere al necessario abbattimento di tutti gli animali presenti negli allevamenti infetti, e di tutti gli animali in allevamenti rientranti nella principale area di diffusione del virus. Nonostante tale drastico provvedimento, la diffusione del virus tra i visoni continua e ad oggi sono almeno 110 i focolai negli allevamenti.

L’Università di Aalborg e lo Statens Serum Institut (il più importante istituto di ricerca danese per lo studio dei virus e lo sviluppo di vaccini) hanno realizzato una ricerca sul sequenziamento delle mutazioni virali che mostra che c’è stata trasmissione dal visone all’uomo, e da persone direttamente collegate agli allevamenti  a persone nell’area locale. Pertanto, le sequenze virali espongono una lunga catena di infezioni, in cui il SARS-CoV-2 viene trasmesso dall’uomo al visone e viceversa.[8] 

 

Contesto SPAGNA e USA 

(al 21/10/2020 è stata accertata la presenza del virus SARS-CoV-2 in allevamenti di visone, rispettivamente con 1 focolaio su 38 allevamenti in Spagna, e 9 focolai su 245 allevamenti negli USA – stato dello UTAH e almeno 2 focolai nello stato del Wisconsin). 

 

Covid e visoni: contesto nazionale 

In Italia abbiamo circa 60.000 visoni negli 8 allevamenti attivi (3 in Lombardia nelle province di Brescia, Cremona; 2 in Veneto nelle province di Padova, Venezia; 2 in Emilia-Romagna nelle province di Forlì-Cesena, Ravenna; 1 in Abruzzo, in provincia de L’Aquila).

L’Indagine Epidemiologica disposta dal Ministero della Salute (“Raccomandazioni e adempimenti per il commercio e l’allevamento di mustelidi”, Circolari 11120 del 14/05/2020 e 16241 del 21/07/2020 – DGSAF) si limita a rilevare sintomi o incrementi di mortalità prima di compiere i conseguenti accertamenti per la verifica della presenza del virus.

 

Ciò comporta la mancata intercettazione dei visoni asintomatici. 

Le autorità sanitarie, come da documentazione acquisita dalla LAV tramite una serie di istanze di accesso agli atti, si ostinano a limitarsi alla rilevazione di due fattori:

    • manifestazione di sintomi ascrivibili ad infezione da SARS-CoV-2
    • incremento di mortalità in allevamento

In Italia nessuna autorità sanitaria sta svolgendo test diagnostici nei visoni di allevamento per verificare l’eventuale presenza del virus SARS-CoV-2.

Più volte LAV ha rappresentato al Ministro della Salute, al Comitato Tecnico Scientifico ed ai Presidenti e Assessorati delle Regioni direttamente coinvolte dalla presenza di allevamenti di visoni, il documentato rischio di formazione di serbatoi del virus SARS-CoV-2 in queste strutture, chiedendo di modificare l’attuale sistema di screening che riteniamo inadeguato ad intercettare focolai con animali perlopiù asintomatici, ovvero di giungere alla definitiva chiusura di questi allevamenti.

 

Pareri scientifici 

La sensibilità ai coronavirus delle specie allevate per la produzione di “pellicce” (visone[9], ma anche volpi[10], e cani-procione[11]) era già nota in letteratura scientifica.

Recentemente sul collegamento “Pellicce e Coronavirus” alcuni virologi che stanno affiancando i governi

nella gestione della pandemia di Covid-19 hanno espresso le seguenti dichiarazioni pubbliche:

 

Marion KOOPMANS (Olanda): “Questa [trasmissione dal visone all’uomo] è un plausibile passaggio intermedio del modo in cui il virus è passato dai pipistrelli all’uomo. Forse questo era l’anello mancante”.[12] 

 

Richard KOCK (Regno Unito): “Se metti un pipistrello da qualche parte vicino ad un allevamento intensivo di cani procione, zibetti o visoni utilizzati per la produzione di pelliccia, allora il virus ha la possibilità di replicarsi e adattarsi e poi riversarsi sugli esseri umani”.[13] 

 

Fernando SIMON (Spagna): “Il fatto che i visoni siano stati infettati potrebbe indicare che potrebbero essere il serbatoio originale dell’agente patogeno in Cina”.[14] 

 

Christian DROSTEN (Germania): “Guarderei nei luoghi in cui vengono allevati i cani procione”. (…) “Quel virus [la Sars] è stato trovato anche nei cani procione – qualcosa che i media hanno trascurato. I cani procione sono un’industria enorme in Cina, dove vengono allevati in allevamenti intensivi e catturati in natura per la loro pelliccia”.[15] 

 

Kåre MØLBAK (Danimarca): È più pericoloso essere un allevatore di visoni che essere impiegato nel sistema sanitario [..]”.[16] 

 

Anders FOMSGAARD (Danimarca) “I virus hanno un’impronta digitale personale. Quando passano attraverso 10.000 visoni, si verificano mutazioni. Le mutazioni che vediamo nei visoni non le abbiamo viste da nessun’altra parte in Danimarca o nel mondo. Dopo un po’, ritroviamo gli stessi ceppi negli allevatori di visoni e nella comunità. Ciò deve significare che i virus isolati nei visoni con le loro mutazioni speciali, che non si verificano nell’uomo, possono essere trasmessi ulteriormente e si trovano negli esseri umani infettati nello Jutland settentrionale. Possiamo dire che gli esseri umani infettano il visone e il visone infetta gli esseri umani”.[17] 

 

Anche la FAO nel suo Qualitative Exposure Assessment[18] (con riferimento alle evidenze scientifiche disponibili al 30 giugno scorso, quindi senza ancora considerare quanto accaduto e documentato nei mesi seguenti negli allevamenti di visone) inserisce il visone tra le specie animali da indagare in riferimento al ruolo nella diffusione del virus, e con alto livello di priorità. 

 

FONTE: Ufficio stampa LAV


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