Presi in giro, turlupinati, raggirati dalla casta, da quanti abitano il circolo vizioso che copre da venti giorni i nomi degli ‘onorevoli’, si fa per dire, e di amministratori locali che puntando all’omertà di genere hanno bussato alla cassa dell’Inps per appropriarsi illecitamente del bonus riservato ai lavoratori autonomi : il ‘caso’, di là del danno alla comunità degli italiani, svela la diffusa vocazione a fregarsene di diritti e doveri, del rispetto per la legalità. Disconosce l’onestà come valore fondamentale di chi rappresenta le istituzioni.
La tecnica dello ‘strillo’ al volume di mille decibel e della successiva scomparsa dai media degli scandali, cioè del silenziatore attivato sulla bufera in tempi minimi, è l’invenzione strategica per indurre l’opinione pubblica all’oblio, perfezionata con il tacito accordo partiti-stampa, e legittimata dall’incalzare di eventi emotivamente ‘forti’, nella circostanza dalla tragedia di Gioele e della sua mamma avvolta dal mistero, ingrediente essenziale per catturare l’interesse di lettori e ascoltatori.
Leggo, e non so se sogno o son desto, questo commento postato su internet: “In questa vicenda non c’è nulla di illecito. A dare fastidio (fastidio?) all’opinione pubblica è la questione morale (questione morale?) di persone pagate dallo Stato e non poco, che hanno chiesto il bonus come fossero lavoratori autonomi senza fonti di reddito per il lockdown prolungato. Ma davvero? Non c’è nulla di illecito? La parola truffa è impropria, ingiustificata?
Forse è un po’ forzato l‘accostamento dei furbi del bonus a ‘colleghi’ che dopo aver banchettato, bevuto e ballato in luoghi della movida, senza protezione e distanziamento, hanno fornito dati personali falsi e impedito così di essere rintracciati se portatori di contagio del coronavirus. In questo caso, come per i fruitori abusivi del bonus, l’indignazione degli ‘onesti’ riceverà dai media un ben amplificato supporto da dimenticare rapidamente. Di furbizia in furbizia, che dire, la saga dell’impunità ha un ‘radioso’ e seriale futuro.
Uno, cento, mille Mastella. Il sindaco di Benevento agisce secondo oggettiva correttezza e nel rispetto dell’assioma “La legge è uguale per tutti” in generale vagamente operativa, nel senso che spesso discrimina. La sua città, quasi un miracolo, che non ha conosciuto l’allarme positivi al Covid-19, ha rischiato di veder sfumare questo importante primato per l’incontinente ex ministro valpadano, che nel capoluogo sannita ha improvvisato un comizio a faccia scoperta, senza mascherina, come i suoi seguaci sanniti. Mastella ha pensato “Vuoi vedere che questo incosciente negazionista e i suoi ‘sudditi’ infettano Benevento?”. Dalle parole ai fatti: multa (da 400 a 600 euro) per aver trasgredito alla disposizione del Comune che obbliga a indossare la mascherina dopo le 18 e indagine su chi si è comportato come Salvini durante il comizio. Incredibile, inappropriata la replica del leghista: “Mi occupo di vita vera (boh:???) e non di paturnie. Pensiamo che in Campania c’è gente che ha inaugurato ospedali inesistenti spendendo milioni di euro dei campani”. Mastella: “Benevento finora città Covid free e per colpa di questa pagliacciata, adesso siamo a rischio. È venuto qui a Benevento, senza mascherina e con assembramento, senza il rispetto delle regole di comportamento che riguardano la salute delle persone. Ha fatto una cosa molto grave e del tutto irresponsabile. Ha disatteso un obbligo morale, oltre che giuridico. Paghi i 400 euro della multa. Se paturnie significa chiedere il rispetto delle regole, io non ho una, ma centomila paturnie. Lui ha le paturnie di un guappo”.
Hai capito Mastella? Le sorprese non finiscono mai
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