Venti di bufera sulle università private.
Fari puntati sulla Link Campus University, la creatura dell’ex ministro degli Interni Vincenzo Scotti. Da mesi è sotto i riflettori per via di alcune spy story, come è successo con il giallo del docente maltese Joseph Mifsud.
Adesso è la volta di progetti taroccati per godere di crediti fiscali. Le Fiamme Gialle di Roma, infatti, hanno appena sequestrato carte e documenti bollenti che si riferiscono ad una serie di progetti fantasma, messi su dalla Link e dal “Consortium for Research on Intelligence and Security services” proprio allo scopo di ricevere consistenti benefici fiscali. 14 persone sono indagate.
Un paio d’anni fa la Link salì alla ribalta delle cronache come una sorta di “scuola di formazione” per la dirigenza 5 Stelle, scatenando non poche (e giustificate) polemiche.
Non solo l’università maltese, comunque, si trova in brutte acque.
IL MAXI PROGETTO FANTASMA
Perché, ad esempio, si trova impelagata in simili problemi l’Università degli Studi Internazionali di Roma, UNINT per gli aficionados. Il cui storico padre-padrone, Giovanni Bisogni, è stato appena raggiunto da una richiesta di rinvio a giudizio emessa dal pubblico ministero romano Mario Palazzi, uno dei magistrati di punta alla procura capitolina, avendo al suo attivo anche la maxi inchiesta CONSIP.
Sentendo puzza di bruciato, si è dimesso dalla carica di presidente dell’università, lasciando la poltrona al figlio Fabio Bisogni, che già lavorava nel settore amministrativo di UNINT.
Partiamo dalle news. E quindi dalla richiesta di rinvio a giudizio, formulata il 20 giugno da Palazzi.
Come imputati figurano il calabrese Bisogni (è nato a Casabona, in provincia di Crotone) e la stesa UNINT.
Il primo perché, in qualità di rappresentante legale di Unint, “con artifici e raggiri consistenti nell’avere, in relazione al progetto J88C13001010001, rendicontato fittiziamente al Ministero della Salute costi per personale non realmente impiegato nel progetto e costi del personale non previamente autorizzati in base agli accordi di collaborazione, induceva in errore il predetto dicastero, procurando all’Università degli Studi Internazionali di Roma un ingiusto profitto, con pari danno per l’Amministrazione”.
Nella richiesta di rinvio a giudizio fa capolino anche un’altra sigla griffata Bisogni, ossia FORMIT. E cioè quando Palazzi fa riferimento “ai costi del personale formalmente contrattualizzato con Unint, ma che aveva prestato la propria opera per le ricerche effettuate da FORMIT”.
Una “confusione” creata ad arte, un rapporto del tutto anomalo tra due sigle riconducibili allo stesso burattinaio, Bisogni. Con la seconda incaricata di “gestire” in pratica l’Università dopo uno scandalo scoppiato nel 2006, anche in seguito ad un pesante j’accuse di Report.
Ma come nasce l’inchiesta? Circa un anno fa, sulla base delle segnalazioni di alcuni docenti, che mettono sul chi va là le Fiamme Gialle. Le quali, con un lavoro minuzioso e attraverso molti interrogatori, risalgono al fantomatico progetto per il Ministero della Salute, al quale sulla carta hanno lavorato decine e decine di docenti. Peccato tutto ciò sia successo “a loro insaputa”.
Interrogati, i docenti sono tutti caduti dalle nuvole e hanno dichiarato a verbale di non saperne un cavolo di quel progetto farlocco: messo in piedi per puri scopi “fiscali”, e quindi lucrare sui fondi pubblici, tanto è vero che il Ministero della Salute si è costituito parte civile.
Il raggiro ammonterebbe a circa 800 mila euro, dei quali 480 mila sono già stati immobilizzati in un “sequestro preventivo”. Ma c’è chi parla di giro complessivo di fondi pubblici ripartiti tra Unint e Formit che si aggirerebbe sui 4 milioni di euro.
Ad elargire i fondi per il progetto fantasma è stato uno specifico settore del Ministero della Salute, ossia la “Direzione generale dei dispositivi medici e del servizio farmaceutico”, all’epoca guidata da Marcella Marletta.
Con la chiusura delle indagini, il pm Palazzi ha provveduto ad inoltrare all’Avvocatura della Stato una segnalazione, circa il danno patrimoniale causato al ministero.
A questo punto sarà la Corte dei Conti a stabilire il quantum preciso del danno, ossia quanta parte del finanziamento pubblico sia stata ottenuta in modo fraudolento.
Certo, le accuse sono pesanti: costi gonfiati, rendicontazioni del tutto approssimative, giustificativi di spesa mancanti, retribuzione figurativa di personale dipendente e collaboratori che non hanno svolto alcuna attività per il progetto. E il tutto finalizzato a far lievitare la quota di fondi riconosciuti dal ministero della Salute.
CAMBI DI SIGLA
Ma vediamo cosa è, in realtà, UNINT, che quest’anno lancia un “Corso di laurea sulla Sicurezza Internazionale”. Quando piccole Link crescono…
Nasce quasi un quarto di secolo fa, nel 1996, come “Libera Università degli Studi San Pio V”, perché a fondarla era stato l’Istituto di studi politici San Pio V. Poi, nel 2010, si trasforma in Libera Università degli Stati per l’Innovazione e le Organizzazioni, ossia LUSPIO.
Dopo le prime, forti polemiche sulla gestione dei fondi e gli scarsi controlli ministeriali, viene data in gestione alla Fondazione per la Ricerca sulla Migrazione e Integrazione delle Tecnologie (FORMIT). Una vera e propria pezza a colori, perché al timone dell’una e dell’altra c’è sempre lui, l’onnipresente Giovanni Bisogni.
Il colpo, però, è duro. L’allora ministro dell’Istruzione, Fabio Mussi, decretò la cessazione delle convenzioni con gli istituti universitari sotto ispezione.
Ma per la neo trasformata UNINT le cose ricominciano dopo non molto a girare per il verso giusto. Soprattutto grazie alle nuove convenzioni che sbocciano con le più svariate sigle, soprattutto di matrice sindacale. Una su tutte: il sindacato di destra UGL, nelle salde mai di Renata Polverini, che diventa presidente della Regione Lazio. E andrà tutto ok anche quando a prendere il posto della Polverini entra in campo Giovanni Centrella, il cui figlio, guarda caso, frequenta con successo l’Università.
Il numero degli iscritti torna quindi di nuovo a crescere, fino ad un totale di circa 4 mila, che pagano rette intorno a 5 mila euro l’anno (ma c’è chi dice addirittura 8 mila).
Qualche problema un anno e mezzo fa, quando l’Autorità Anticorruzione (ANAC) punta i riflettori ed invia una raccomandazione all’ateneo affinchè adotti “misure di trasparenza”. Nel mirino sempre gli anomali rapporti e intrecci tra UNINT e FORMIT, che poi saranno anche al centro della richiesta di rinvio a giudizio formulata da Palazzi.
Avevamo fatto cenno a Bisogni junior, Fabio, che ora è diventato il numero uno dell’università, visto che il clima si sta facendo sempre più infuocato, per via dell’inchiesta della magistratura, e per la “ribellione” dei docenti, soprattutto quelli coinvolti nel progetto fantasma.
Ma serve a qualcosa il passaggio del testimone dal padre al figlio?
Non ha niente da dire il MIUR, ossia il Ministero per l’Università che fino ad oggi è stato del tutto assente nella delicata vicenda? Non parla il ministro Gaetano Manfredi? Non sa che – come fece il suo predecessore Mussi – esiste lo strumento della revoca? Oppure il commissariamento? Come mai tutti zitti e muti?
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2 pensieri riguardo “UNIVERSITA’ PRIVATE & AFFARI / DALLA LINK ALLA UNINT, E’ RAFFICA DI INCHIESTE”