Il professor Giulio Tarro
Fino a meno di 20 anni addietro i coronavirus rappresentavano una famiglia virale che durante il periodo invernale causava dal 10 al 30% dei raffreddori. Adesso il nuovo coronavirus COVID-19 da una malattia febbrile con impegno nei casi più severi di una polmonite che può avere la necessità perfino di un respiratore.
Ogni anno muoiono in Italia circa diecimila persone (per lo più anziane o affette da qualche patologia pregressa) per virus influenzale. La cosa non fa notizia, soprattutto perché queste morti sono disseminate in tutto il territorio nazionale. Immaginiamo ora che tutte le persone a rischio vengano ricoverate in un paio di posti, magari circondati da giornalisti alla ricerca di qualche scoop. La conseguente “epidemia di influenza che può causare la morte” spingerà innumerevoli persone (ogni anno sono colpiti da sindrome influenzale circa sei milioni di Italiani) a pretendere analisi ed una assistenza impossibile ad ottenere.
Oggi l’ansia di una intera popolazione si sta concentrando su come tenersi alla larga da questo maledetto virus. Nessuno o quasi riflette che noi, in ogni momento, siamo immersi in un ambiente saturo di innumerevoli virus, germi e altri agenti potenzialmente patogeni. E in questi giorni, quasi nessuno ci dice che se non ci ammaliamo è grazie al nostro sistema immunitario il quale può essere compromesso, – oltre che da una inadeguata alimentazione e da uno sbagliato stile di vita – dallo stress, che può nascere anche dallo stare in spasmodica attenzione di ogni “notizia” sul Coronavirus regalataci dal web e TV. Non vorrei quindi che questa psicosi di massa faccia più danni dell’ormai famigerato Covid-19.
Per permettere alle strutture sanitarie interventi mirati dobbiamo fare a meno di una informazione che provoca ansia e piena di falsi appelli “a non farsi prendere dal panico”, perchè a questo punto anche una influenza stagionale non dico dell’anno scorso, ma di quegli anni in cui effettivamente è stato notato un incremento dei casi – vedi l’aviaria, la suina, quella stessa di quest’anno – avrebbero potuto portare ad una simile emergenza.
Presumo che la scienza sia democratica, infatti i virus non hanno pregiudizi nè di sesso, nè di censo, pertanto l’attuale virosi da coronavirus si distingue da una normale influenza per la velocità di diffusione del virus che può portare ad un eccesso contemporaneo della necessità di ricorrere ai respiratori.
Un vaccino specifico che prevenga la diffusione di questa epidemia da COVID-19 deve essere preparato con tempi minimi che tengano presente la sicurezza del suo uso e quindi una etica di somministrazione con tempi indicati dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) fino a 18 mesi, mentre un vaccino influenzale stagionale può richiedere soltanto alcuni mesi che permettono la protezione di un nuovo continente rispetto a quello dove è originata l’influenza epidemica.
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