Disastri metropolitani a Milano e Napoli. Un operaio muore nel tunnel sotto la Madunina per i lavori alla linea 4. Napoli risponde con la strage sfiorata per una collisione fra tre treni sulla linea 1 della di Metronapoli.
Uno scempio che abbiamo più volte segnalato da anni e anni, quello della metro all’ombra del Vesuvio, l’infrastruttura sicuramente più inutile, costosa e devastante sotto il profilo ambientale mai sognata, figurarsi realizzata, in Europa.
E poi c’è chi parla del metro partenopeo delle meraviglie!
Ora dovrà per forza ficcarci il naso la magistratura, fino ad oggi del tutto assente di fronte alle molteplici denunce di associazioni e cittadini.
Così come muta, nonostante un’altra valanga di esposti, l’ANAC, ossia l’Autorità anticorruzione guidata fino a qualche mese fa dal napoletano Raffaele Cantone. Anac che ha indagato sulle opere per il metro a Roma, ma non ha mai osato disturbare i manovratori a Napoli.
LE PRIME RUSPE DEI CASALESI
Sono cominciati addirittura 44 anni fa, nella primavera del 1976, i lavori per la nuova linea metropolitana. Senza lo straccio di un progetto, solo un’idea, tanto che al ministero venne portato addirittura il testo di una tesi di laurea sul sottosuolo partenopeo, come base per lo start!
I primi lavori di movimento terra vennero affidati alle ruspanti ruspe del clan dei Casalesi, per la precisione alle piccole ditte che facevano capo al poi super boss Michele Zagaria.
A fine anni ’80 il progetto – sic – si incrocia con quello per il Tram Veloce, pensato per i Mondiali di calcio del 1990. Un’idea mai portata a termine per via dei clamorosi errori progettuali e soprattutto di conoscenza proprio del sottosuolo di Napoli. La gigantesca talpa allora messa in campo, infatti, si inabissò davanti alla Galleria Laziale, dove ancora oggi è lì come un perfetto reperto archeologico.
Tutti rammentano a Napoli il ruolo all’epoca svolto dall’assessore ovunque di Palazzo San Giacomo, l’allora numero uno del garofano partenopeo Silvano Masciari, capace di cumulare nelle sue mani la bellezza di otto deleghe comunali. Sua la griffe per quella mastodontica opera mai completata, la Linea Tranviaria Rapida, LTR per gli aficionados dell’epoca.
Tutto poi si ferma per un decennio, fino a tornare in pista con il nuovo millennio. Dove spunta la vicenda del progetto iniziale mai esistito, così come di una VIA mai ottenuta, vale a dire la Valutazione d’impatto ambientale necessaria anche per riparare un cornicione.
PROGETTI RUBATI E SENZA “VIA”
Ed ecco che a Palazzo San Giacomo, nei primi del 2000, si inventano la storia del “progetto rubato” e della “delibera sparita”: denuncia di furto inventata di sana pianta.
Il progetto viene rifatto dallo studio Lunardi, che fa capo all’ex ministro berlusconiano delle Infrastrutture e ai suoi figli. La VIA viene votata, a posteriori, al Maschio Angioino, sede del consiglio comunale partenopeo.
Al Comune, per ‘monitorare’ sui lavori, c’è un dirigente di peso: si tratta del cugino di Paolo Cirino Pomicino.
Il quale può anche contare sulla storica amicizia con il presidente, per anni, di Metronapoli, la partecipata del Comune: si tratta di Giannegidio Silva, in precedenza ai vertici di Icla Costruzioni, la società del cuore di ‘O Ministro e regina negli appalti del dopo terremoto.
Non è certo finita, perché i lavori per la nuova linea sono affidati alle solite imprese dei mattonari partenopei e ad alcune big di Tangentopoli. Tutto fa brodo, intanto i miliardi prima e i milioni di euro poi continuano e lievitare. Tanto che oggi è impossibile ormai calcolare un qualsiasi totale.
La città viene man mano sventrata, gli edifici da sani diventano pericolanti. Come accade lungo tutto il centro storico, dalla stazione di Piazza Garibaldi, passando per Piazza Municipio, fino alla Riviera di Chiaia.
CROLLI & LESIONI OVUNQUE
E come succede per un antico edificio a ridosso di Palazzo San Giacomo, con gli inquilini che denunciano una quantità di lesioni da metterne in pericolo la stabilità: dura un paio d’anni l’inchiesta della magistratura, poi archiviata.
E’ invece in piedi il processo per la tragedia sfiorata alla Riviera di Chiaia nello storico Palazzo Guevara: cinque anni fa crolla un’intera ala, nessun morto ma danni enormi e sgomento in tutta l’area: si tratta dei lavori killer per la nuova linea metropolitana.
Lavori da anni denunciati da un manipolo di associazioni e geologi, capeggiati da Riccardo Caniparoli, che in svariati dossier ha documentato per filo e per segno tutti i danni che hanno provocato al sottosuolo del centro storico i lavori killer.
La lista degli scempi non è certo finita. Lesionate numerose chiese e praticamente ammazzati gli alberi e la vegetazione in uno dei pochi polmoni verdi della città, la Villa Comunale, oggi letteralmente desertificata.
Senza poi parlare della (non) sicurezza delle opere, con i vagoni della linea metro bollenti d’estate e gelidi d’inverno, quando ad ogni minima pioggia le stazioni si allagano, con evidenti problemi di (non) sicurezza per i cittadini.
Last but not least i costi stratosferici. Circa 350 milioni di euro a chilometro, quasi il doppio di quanto costa al chilometro – tanto per fare un paragone – la linea metro a Roma, il triplo delle opere per il tunnel della Manica, forse più complesso a quelle profondità.
Ancora. I continui disagi sulla linea, con ritardi macroscopici, corse saltate, gente costretta a scendere dai vagoni prima delle stazioni, come è successo nel periodo natalizio.
Una autentica galleria degli errori, degli errori e dei più incredibili sperperi. Ma per lorsignori – e anche per tanti turisti mordi e fuggi – è “una meraviglia”, per via delle (sic) opere d’arte contemporanea sparse a macchia di leopardo qua è là nelle gallerie d’accesso.
Come dimenticare la ‘vulva’ milionaria alla stazione di Monte Sant’Angelo, vis a vis con la sede universitaria, costata un occhio ai contribuenti?
Forse ci voleva il drammatico incidente perché la magistratura – dopo decenni di sonno – aprisse finalmente gli occhi.
Ma saprà guardare ‘oltre’ il tamponamento a tre?
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