“Le manifestazioni di questi giorni in Francia e non solo sono la risposta alla paura di perdere diritti storici. L’intento dell’Europa è ridurre le tutele dei lavoratori”.
Sono le dure parole dell’economista francese Jean Paul Fitoussi, che analizza le pesanti conseguenze del processo di riforma delle pensioni (sic) attuato dal presidente Emmanuel Macron.
Ecco cosa ne pensa Fitoussi.
“Le imponenti manifestazioni e gli scioperi in corso sono la risposta dei francesi alla paura di perdere diritti sociali storici, ma anche una contestazione nei confronti del governo nel quale non hanno fiducia per attuare una riforma così cruciale”.
“E’ in atto un braccio di ferro tra l’esigenza dello Stato francese di ridurre la spesa pubblica, tagliando le pensioni che costano troppo, e dall’altra la reazione della gente che si vede impoverita, con a disposizione meno mezzi rispetto a 50 anni fa e per giunta senza aver capito con chiarezza cosa prevede la riforma, altro fattore che genera paura”.
Secondo gli ultimi dati, i tre quarti della popolazione concorda sulla necessità di portare avanti una riforma del sistema pensionistico, ma ben il 64 per cento dei francesi non ha fiducia nell’attuale governo. “E come si fa ad avere fiducia? – si chiede Fitoussi – Il governo ci sta lavorando da due anni e ancora non è capace di illustrare nel dettaglio la sua riforma e soprattutto ha messo sul tavolo troppi cambiamenti tutti insieme”.
In Francia negli ultimi 25 anni sono state operate ben 7 riforme delle pensioni, tutte impopolari, che quasi sempre hanno alimentato proteste ma alla fine sono state adottate. “Questa volta – sottolinea Fitoussi – è diverso. Il nodo della riforma è l’abolizione dei regimi speciali, conquista ottenuta progressivamente dal Dopoguerra in poi, punta di diamante del sistema pensionistico francese”.
I regimi speciali, in sostanza, tengono conto del tipo di lavoro svolto, della speranza di vita dei lavoratori e di altri fattori. “Per renderla più accettabile, questa riforma viene presentata dal governo come universale, quindi portatrice di eguaglianza sociale. In realtà la definizione di uguaglianza che ne è alla base è molto superficiale. Nei fatti porterà proprio al contrario. Elimina i criteri personalizzati, tra cui l’aspettativa di vita, ed è una vera presa in giro dei lavoratori”. Una bocciatura, quella di Fitoussi, senza se e senza ma.
A suo parere, il sistema universale a punteggio, ispirato a quello in vigore in Svezia, è destinato a generare nuove diseguaglianze sociali.
Oggi in Francia il livello dei salari viene calcolato tenendo anche conto della ‘generosità’ delle pensioni. Chi si orienta verso professioni nel settore pubblico, come i professori o gli agenti dello Stato, accetta uno stipendio più basso rispetto al privato, ben sapendo che verrà compensato con un livello di pensione piuttosto alto. Un sistema universale cancellerebbe questa forma di compensazione e non basterebbe operare aumenti salariali come previsto dal governo per farlo accettare.
“Così facendo – ragiona Fitussi – sul medio lungo termine avremo sempre meno giovani francesi interessati ad una carriera nel pubblico, dalla scuola alle amministrazioni, facendo mancare al Paese figure cruciali per offrire servizi pubblici di qualità, causando ulteriori danni ai cittadini”.
“In questi giorni se i francesi hanno aderito così numerosi a manifestazioni e scioperi è perché facendo il confronto con la qualità dei servizi offerti nel passato, dall’ospedale alla scuola fino alla previdenza sociale, si rendono conto di un peggioramento e non ci stanno”, osserva l’economista transalpino.
Guardano poi oltre la contestazione dei francesi per la riforma delle pensioni, Fitussi sostiene che “dalla UE l’intento è proprio quello di ridurre diritti e tutela dei lavoratori che di conseguenza hanno un potere negoziale e stipendi più bassi, mentre aumenta quello delle aziende private, dei profitti”.
In caso di conflitto sociale quelli presentati come “cattivi” dalle istituzioni sono quanti denunciano un indebolimento dei propri redditi e dei propri diritti.
Osserva ancora Fitussi: “il caso della Francia è emblematico: dimostra che investire nel sociale non blocca l’economia, anzi. Da dieci anni, costretta dalla Ue a ridurre costantemente diritti sociali e welfare State, la Francia ha visto le sue performance economiche bloccate. E lo stesso avviene in molti altri paesi del vecchio continente. Il sistema attuale sta ampiamente dimostrando i suoi limiti e non potrà durare a lungo senza generare violenze. Siamo sempre più vicini al punto di rottura sociale. Non solo in Francia”.
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