PONTE MORANDI / RISCHIO CROLLO, ATLANTIA E AUTOSTRADE SAPEVANO

Fin dal 2014 tutti sapevano e non hanno mosso un dito. Tutti sapevano, i vertici di Atlantia e Autostrade, del “rischio crollo” per il ponte Morandi di Genova e nessuno ha mai alzato un sopracciglio. Vergogna.

Fino ad oggi quei vertici avevano spudoratamente mentito agli inquirenti della procura che indagano sulla tragedia, negando l’esistenza di un qualsiasi documento in cui si parlasse di rischio crollo.

Oggi invece quelle carte saltano fuori, trovate dalla Guardia di Finanza. Per la precisione si tratta di una lunga, corposa memoria custodita nell’archivio digitale di Atlantia, la sigla di casa Benetton. E’ titolato “Documento di programmazione del rischio” e venne redatto, cinque anni fa, da ASPI, ossia la sigla incaricata del monitoraggio di impianti e strutture.

Ebbene, quel ‘Documento’, è passato per le mani di tutti i consiglieri di Atlantia e Autostrade, che nel corso di cinque lunghi anni hanno avuto tutto il modo di leggerlo con attenzione, ponderarlo, valutarlo e prendere le opportune, immediate decisioni. Invece niente, un totale muro di gomma. Che ha portato alla tragedia del 14 agosta 2018.

Incredibile nell’incredibile. Nel documento si parla espressamente di “rischio crollo”. E restano immutate, le due drammatiche parole, per due anni, quando poi nel 2016 viene decisa una riformulazione, tanto per rendere più chiaro il concetto: da rischio crollo si scala a “rischio perdita di stabilità”! Ai confini della realtà.

Continuiamo con le date che inchiodano i vertici delle due società alle loro pesantissime responsabilità. Soltanto l’anno scorso, a febbraio 2018, il progetto di retrofitting (ossia di consolidamento del ponte) viene sottoposto alla valutazione del Provveditorato alle Opere pubbliche. A giugno, poi, passa al Ministero per le Infrastrutture.

Ma ormai è troppo tardi, perché dopo due mesi 43 innocenti perdono la vita, per la quale ben presto i colpevoli dovranno pagare il fio.

Intanto prosegue un’altra maxi inchiesta ad Avellino, che ha appena chiesto il sequestro di altri viadotti, dopo quelli già effettuati in tutta Italia. Si tratta di nove ponti situati tra l’A1 Napoli-Milano, la A14 Bologna-Taranto e la A16 Napoli-Canosa. Tre viadotti per parte: Val Freghizia, Fosso pezza secca, Rio Pescara, Fonte dei preti, De Vomano, Colonnella, Lamia, Omero Fabriani, D’Antico.

L’operazione rientra nell’inchiesta bis nata dopo la strage di Acqualonga del luglio 2013, quando un pullman di pellegrini volò giù da un viadotto sulla Napoli-Canosa, nell’area di Monteforte Irpino, a pochi chilometri da Avellino. In quella tragedia sono morti in 40.

Ci sarà mai giustizia anche per quelle 40 anime?


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