Bluff anglo-tedesco

Che l’Europa non prenda in giro gli europei e meno che meno gli italiani! La dichiarazione d’intenti che dovrebbe fermare l’eccidio dei curdi e l’alt alla fornitura di armi che Erdogan  ha stipato negli arsenali turchi, somiglia molto a un bluff di Parigi e Berlino.  L’embargo all’esportazione di ordigni bellici, non sottrae un bel niente al  potenziale bellico del leader turco, accumulato grazie a forniture americane ed  europee in tale quantità che per smaltirle la Turchia dovrebbe dichiarare guerra all’intero pianeta. Non è la sola ragione che spiega la presa in giro di Francia e Germania, l’alt all’esportazione  dei due  maggiori fornitori  di missili, navi da guerra, dispositivi bellici di ogni tipo. Erdogan, da lungimirante dittatore,  ne ha importati tanti da non temere lo stop deciso per il momento da Macron e dalla Merkel. C’è altro. Erdogan ha investito in produzione di ogni tipo di armi le risorse  ricevute da Bruxelles per arginare i flussi di emigrazione (finora 6 miliardi di euro) ed è in pratica autosufficiente. Il tycoon, se non dovesse ricevere la terza ‘rata’ di 3 milioni, minaccia di spedire in Europa un milione di migranti finora trattenuti in Turchia e di aprire le frontiere, atto temuto specialmente dalla Germania. L’Italia temporeggia, in attesa di posizioni comunitarie sul tema e per un altro paio di motivazioni: con 900 milioni di euro in  quattro anni (360 nel 2018), siamo primi per mole di export delle armi in Turchia, paese accolto in Europa per interessi commerciali dei fondatori. In altri settori importiamo ed esportiamo per 9 miliardi. All’Eni l’Europa ha  assegnato una licenza ‘operativa’ di trivellazione nelle acque di Cipro e si capisce perché nel nostro Paese sia quasi impossibile imporre sanzioni. Di qui l’escamotage di aspettare che eventuali sanzioni siano decise collettivamente dalla Ue, nella consapevolezza che lo stop all’esportazione di armi non è il deterrente in grado di fermare l’aggressione militare alla Siria. Il pronostico di  una strage di curdi si avvera con le prime centinaia di vittime civili. È  drammatico l’esodo di massa di siriani in fuga dalla guerra, bersagli di bombardamenti. Sono prese di mira perfino le ambulanze delle Organizzazioni Non Governative ed è accertato che tra gli aggressori ci sono terroristi islamici. Vittima dell’aggressione anche a Khalaf,  leader del partito ‘Futuro della Siria’, impegnata in favore delle donne e per uno Stato laico, multietnico.
È un dato del sommerso, perché la cronaca dei media non racconta l’assurdo di  tre uomini o donne vittime quotidianamente di incidenti mortali nei luoghi di lavoro. I numeri sono spaventosi. A partire dall’inizio dell’anno sono oltre quattrocentomila le denunce all’Istituto Nazionale Infortuni sul Lavoro e, dato spaventoso, sono  settecento le morti: l’aridità della statistica, “tre vittime la giorno”, una volta osservata questa immane tragedia con  sentimento di pietas, è lo spaccato di una tragedia infinita.
La denuncia del segretario generale della Cgil non dà scampo alle responsabilità di troppe morti: “È inverosimile che accada nel terzo millennio” I sindacati e l’Associazione mutilati  e invalidi del lavoro denunciano le responsabilità di quanti hanno finora governato: “Vane promesse, proclami e niente più”. Da anni, con drammatica cadenza,  lavoratori della terra muoiono schiacciati dai trattori o durante il trasporto nei luoghi di produzione, operai sono uccisi da intossicazioni provocate da sostanze chimiche, edili sono vittime di cadute dall’alto, o seppelliti da smottamenti di terreno, elettricisti muoiono fulminati da cavi ad alta tensione. In tutta evidenza vuol dire che il sistema della sicurezza è deficitario, inadeguato. Di chi la colpa? Certo, di datori di lavoro che non impegnano risorse sufficienti per norme e mezzi di sicurezza, ma deg.li inadeguati strumenti di controllo, di imprudenza degli stessi lavoratori. È possibile ridurre a zero il rischio? Purtroppo no, ma è verosimile limitarlo. Muratori che operano ai piani alti di edifici in costruzione senza imbragatura se ne vedono e non di rado senza casco, operai scendono  in serbatoi di sostanze velenose per pulirli senza le necessarie precauzioni, altri affrontano il pericolo di terreni franosi, che li seppelliscono: su tutti loro incombe il rischio della mancanza di informazione dell’assenza di vigilanza. Le cosiddette ‘morti banche’ sono buchi neri, provocati da colpevole inerzia del politica. L’esecutivo della coalizione demostellata non ha posto tra le priorità la tutela della vita dei lavoratori, in coincidenza con la manifestazione nazionale di Palermo contro gli infortuni, sembra che si  compiano passi in avanti. I ministri del lavoro e della salute sarebbero intenzionati a smentire l’idea di impresa impossibile e hanno avviato un tavolo di trattativa  con i sindacati per dare concretezza alle promesse di interventi radicali a tutela della salute dei lavoratori.

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