Sarà capitato anche a voi (non ‘di avere una musica in testa’, come cantava Mina) ma l’idea di sostituire il presidente del consiglio in speciali circostanze. Per esempio ieri, giorno in cui dalla pancia della balenottera con le ali, del mega jet Usa, è sbarcato in Italia mister Pompeo, segretario di Stato del tycoon, del daziere Trump. Con la facciona rubiconda e un sorriso beffardo, l’ospite riverito perché presunto alleato-amico del nostro Paese, l’inviato della casa Bianca ha ufficializzato il tracotante editto che impone balzelli sull’importazione negli Stati Uniti di prodotti italiani d’eccellenza, con una danno rilevante alla nostra economia. Informato per tempo, ‘io premier’ in vece di Conte avrei risposto con drastiche e immediate ritorsioni. Succubi degli Usa dal tempo del piano Marshall e degli intrecci di interessi reciproci dal tempo della Dc degasperiana, abbiamo concesso alla potenza militare americana di installarsi sul territorio nazionale in sette regioni (Friuli Venezia Giulia, Veneto, Toscana, Lazio, Campania, Puglia, Sicilia) con base aerea a Laviano, caserme a Vicenza, base militare a Pisa-Livorno, base navale a Gaeta, comando logistico a Napoli, centro ricreativo a Pozzuoli, base aeronautica a San Vito dei Normanni, base radio a Niscemi, base aerea a Sigonella e ospitiamo circa dodicimila militari statunitensi impegnati stabilmente nelle varie postazioni. E allora mi rivolgo da premier virtuale a segretario di Stato, perché comunichi quanto segue al suo presidente: “Gentile mister Pumpo, dal momento in cui entrerà in vigore la tagliola dei dazi su parmigiano e altri prodotti italiani, sappia che vigerà lo sfratto immediato dell’intero apparato militare Usa dislocato nel nostro Paese. Non bastasse, con decreto del mio governo, impediremo alle compagnie aeree americane del traffico civile di accedere agli scali italiani e le sostituiremo con voli Alitalia”.
Avrei esagerato in quanto sostituto di Conte? Può darsi, ma è altrettanto eccessiva l’empatia del governo demostellato per il messaggero di Trump e le sue imposizioni dispotiche. In margine alla missione italiana di Pompeo, ecco il ‘controcanto’ di Di Maio, ministro degli esteri: “I dazi ci preoccupano molto. Difenderemo il made in Italy”. Molto bene, ma come? Di Maio non lo dice e aggiunge: “Non intendiamo partecipare (partecipare? Trump non ce lo chiede) ad accordi commerciali che ledono la nostra sovranità”. Molto bene, ma come? Di Maio non lo dice e dichiara: “Non faremo sconti, metteremo le nostre forze per aumentare la capacità di esportare e non diminuire le esportazioni”. Ma come? Di Maio non lo dice.
L’ok ai dazi nasce dal “sì” dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, palesemente di parte, a favore degli Usa. Il Wto sponsorizza la lamentazione americana per i finanziamenti europei (22 miliardi) all’Airbus, concorrente dell’americana Boeing, svantaggiata per concorrenza sleale. Perché la ricca America non ha finanziato la fabbrica americana di aerei con identica iniezione di dollari? Il prosecco, successo mondiale dei nostri vini, per ora è risparmiato. Sarà che agli americani piace bere e bere come si deve. Il danno maggiore è per il formaggio parmigiano, già attaccato in mezzo mondo da imitazioni etichettate con nomi storpiati, ma simili a ‘parmigiano’. Si salva anche l’eccellenza dei macchinari made in Italy, perché inimitabili e migliori al mondo.
Sempre nei panni del premier italiano avrei messo sotto il muso di Pompeo l’elenco di prodotti importati dagli Stati Uniti su cui imporre dazi a nostra volta. Bourbon e whiskey, mirtilli, burro d’arachidi, tabacco e sigari, granoturco, manufatti in ferro, ghisa e acciaio, barche a vela, motori da diporto, l’agroalimentare, abbigliamento, cosmetici, motociclette. Insomma, come si dice a Napoli avrei fatto “a chi se mette acoppa”, cioè a chi va oltre (pardon per il napoletano imperfetto). In un video, toupé al vento, il truce americano, truce perché in questo pari al nostro Salvini, afferma trionfante di aver conseguito una grande vittoria con i balzelli sui prodotti europei, ma è contraddetto da Wall Stret, borsa americana in picchiata, mentre l’Airbus, accusato impropriamente di concorrenza sleale alla Boeing, balza in su nelle borse europee.
Sondaggi, Lega in calo. Più Salvini strilla, insulta e sparla, più va giù il consenso degli italiani. L’Ixe dichiara che va sotto la soglia del 30%, contro il 34,3% delle europee. In casa della destra Berlusconi e compagni sono scavalcati dai neofascisti della Meloni. Renzi in ascesa è al 3,9%. Leggermente diversi i risultati del sondaggio Swg. Decretano un ulteriore calo della Lega, un arretramento dei 5 stelle e una lieve flessione anche del nuovo partito di Matteo Renzi, Italia Viva (che accreditava di un 5,4% la settimana scorsa contro il 2,9% di Ixè). In crescita, stabile il Pd. Ma occupiamoci delle difficoltà della Lega. Benedetti smartphone! Ne possiede tre Savoini, portavoce di Salvini, (Report li mostra assieme a Roma , il giorno precedente l’incontro con i russi di Metropol). Dai telefonini di Savoini si ricava questo interessante riscontro dell’affare relativo alle forniture di petrolio russo all’Italia e cioè che la Lega avrebbe intascato 65 milioni. Il patto risale all’ottobre del 2018. Il commento dell’ex, ex, ex ‘capitano’ Salvini: “Non è una cosa seria”. Lo è per la Procura di Milano che prosegue nell’indagine. Il miliardario Malofeev conferma al programma ‘Report’ l’esistenza della trattativa, che avrebbe fruttato alla Russia la vendita di un miliardo e mezzo di dollari in gasolio con uno sconto del 10%. Il 4% alla lega, il 6% ai russi, secondo la storica e mai dismessa pratica nota come ‘tangentopoli’.
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