Voilà, stiamo arrivando alla verità. A 28 anni esatti dal rogo del Moby Prince, si sveglia il Fatto quotidiano e annuncia la quasi lieta novella: “Il patto segreto tra Snam e Moby. La terza inchiesta 28 anni dopo quella firma”.
Meritorio, Il Fatto, perché almeno squarcia l’assordante silenzio mediatico intorno alla tragedia del 10 aprile 1991 in cui persero la vita 140 innocenti. Per il resto tivvù e giornali allineati e coperti nella disinformazione più totale.
E permette di alzare il velo sul ruolo del tutto assente, anzi omissivo e quindi complice, della magistratura, che in questi 28 anni non ha cavato neanche una formica dal buco: due inchieste flop, altrettante richieste di archiviazioni, motivazioni da brividi e – ora sta emergendo – concrete ipotesi di depistaggio. Come è successo nel caso di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, e nella strage di via D’Amelio che ha massacrato Paolo Borsellino e la sua scorta.
Ma procediamo con ordine.
Titola il Fatto online del 6 aprile: “Il patto segreto tra Snam e Moby Prince. La terza inchiesta 28 anni dopo quella firma”. E spiega: “Due anni dopo la tragedia del 10 aprile 1991 un accordo narcotizzò tutte le inchieste”. “Una patto segreto siglato il 18 giugno 1991 (dopo 2 mesi e 8 giorni) tra Snam e Navarma, del gruppo Onorato”.
Quella rivelazione era tra l’altro contenuta nella relazione finale stilata dalla commissione parlamentare d’inchiesta sulla tragedia del Moby Prince.
Relazione completata un anno e mezzo fa, a dicembre 2018, nella quale venivano soprattutto denunciati i tanti buchi neri della storia, la totale inerzia – nel migliore dei casi – della magistratura e una serie di altre coperture istituzionali.
Sorgono spontanee le prime domande. Come mai è passato un altro anno e mezzo prima che la circostanza ritornasse a galla?
Come mai i media hanno dormito?
Ancora di più: come mai la magistratura ha ficcato la testa sotto la sabbia per la terza volta?
Per finire: perché l’esecutivo gialloverde se ne è abbondantemente fregato, come del resto le (sic) opposizioni?
A seguire vi riproponiamo l’articolo pubblicato nella sezione ‘Misteri’ della Voce il 18 gennaio 2018, dal titolo che parla da solo: “Moby Prince – Le non indagini su Navarma e Snam”.
Proprio come il Fatto oggi.
Una notte, quella del 10 aprile di 28 anni fa, durante le quale la visibilità era ottima e non c’era alcuna nebbia né nebbiolina. Al contrario di quanto hanno sempre sostenuto gli inquirenti. Depistaggi anche sul meteo!
La prima notte di pace, visto che era appena terminato il conflitto in Iraq, o meglio la guerra assassina e di conquista (per il petrolio) degli Usa contro Saddam, che non disponeva neanche di un temperino di “distruzione di massa”, come solo dopo una dozzina d’anni ha ammesso l’allora premier britannico Tony Blair, complice degli statunitensi in tutta la tragica sceneggiata e nel più tremendo depistaggio internazionale di sempre.
Nella rada di Livorno quella notte c’erano strani movimenti, con un misterioso via vai di imbarcazioni. E i carichi erano più che sospetti: soprattutto a base di armi, armi che provenivano da quel conflitto e che andavano “ricollocate”.
Il magistrato-coraggio Carlo Palermo, anni dopo, ha ricostruito i dettagli di quella tragica notte, i movimenti in rada, svariati taroccamenti delle prove, il folle andamento dei due processi finiti in flop, una serie di depistaggi: lo stesso Palermo che per primo, da giudice istruttore a Trento ad inizio anni ‘80, aveva ricostruito i traffici di armi in tempo di pace, le trame a base di fondi neri, le maxi tangenti di Stato. E ora cerca di far luce, con gli avvocati Antonio e Giovanni D’Amati, sul giallo Alpi, in cui traffici di armi si incrociano con quelli di rifiuti super tossici, il tutto condito con i miliardi della cooperazione internazionale.
A scrivere in modo magistrale della tragedia sulla Voce che per la prima volta usciva a livello nazionale come Voce delle Voci e non più (se non nella regione) come Voce della Campania, è stato Sandro Provvisionato.
Abbiamo avuto la fortuna di inaugurare con lui sulla Voce, a giugno 2007, la rubrica “Misteri d’Italia” che ci ha accompagnato per tutti gli anni seguenti. Cercando di seguire le orme del suo mitico sito, “Misteri d’Italia”, appunto, un must per tutti i giornalisti d’inchiesta.
Riproduciamo il pezzo di Sandro dal titolo “Il Derby della Morte”, proprio perché l’avamposto strategico a stelle e strisce acquartierato nella zona era quello di Camp Derby, al centro di tanti, troppi misteri. E sul quale la magistratura ha sempre chiuso gli occhi. Solo per non disturbare i manovratori Usa?
A seguire potere leggere l’articolo pubblicato dalla Voce il 28 gennaio 2018.
MOBY PRINCE / LE NON INDAGINI SU NAVARMA E SNAM
Dopo 37 anni di insabbiamenti e depistaggi comincia a venire a galla qualche brandello di verità sulla tragedia del Moby Prince che causò la morte di 140 passeggeri.
E soprattutto vengono alle luce le pesantisisme responsabilità sia del vertice Navarma, la compagnia del Moby, che di Snam, proprietaraia della petroliera Agip entrata in collisione con il traghetto nella notte del 10 aprile 1991.
Schegge di verità e nuove piste, infatti, emergono dalla fresca relazione della Commissione parlamentare costituta due anni fa sul caso, presieduta dal Pd Silvio Lai. Mentre la Marina militare suggerisce: “cerchiamo altri rottami sui fondali”. Dopo 37 anni?
Partiamo proprio da Navarma e Snam.
Incredibile ma vero, ad essere indagato dalla procura di Livorno non fu il vero armatore del gruppo, Vincenzo Onorato, il patròn del famoso “Mascalzone Latino”, ma il padre Achille. Un errore incredibile, e sul quale la magistratura dovrebbe fornire tutte le spiegazioni del caso. Ad interrogarsi, increduli, sono anche i membri della Commissione: “A tale singolare errore – viene messo nero su bianco nel documento finale – non fu mai posto rimedio tanto che sull’armatore e, cosa ben più grave, sulla società Navarma che egli rappresentava, non c’è stata alcuna forma di approfondimento investigativo”. Perchè? Di quali santi in Paradiso poteva godere Navarma?
Non basta, perchè la dormiente procura non fece autentiche indagini, degne di tal nome ma “si fece spiegare come avvennero i soccorsi dalla stessa Capitaneria di porto e non fece alcuna perizia sulle petroliera”.
Petroliera targata Snam-Agip sulla quale aleggiano pesanti misteri e sospetti: perchè si trovava in quella rada in quella notte? Quali rotte ha seguito? Veniva dall’Egitto, dalla Siria o da un porto italiano?
Secondo alcune fonti non sarebbero state dichiarate alcune soste misteriose, come quelle di Genova e di Fiumicino. Da tener presente che era appena terminata (proprio in quelle ore) la guerra di aggressione degli Stati Uniti in Iraq, e quindi c’era uno strano (ma spiegabile con i traffici d’armi) movimento anche nelle acque di Livorno.
Ma la circostanza più inquietante è un’altra. Come mai dopo neanche due mesi dalla tragedia, a giugno del ’91, tutti i protagonisti trovano un proficuo accordo per non danneggiarsi a vicenda? Come mai la Navarma degli Onorato e la Snam Agip si sono sedute comodamente al tavolo per accordarsi alla faccia di morti & vittime? Cosa c’è dietro? Le due parti, infatti, stabiliscono d’amore e d’accordo di rinunciare a qualsiasi pretesa risarcitoria, l’una nei confronti dell’altra. Per la serie: non è successo niente, scordammoce ‘o passato. Come mai, né prima né poi né ora, a quanto pare, la magistratura sta solo a guardare e non muove nemmeno un dito?
Un altro dato da brividi: come mai il traghetto Navarma – di un valore non superiore ai 7 miliardi di lire – era stato assicurato per 20? Perchè nessuno ha pensato bene di fare una domandina al Mascalzone latino di casa Onorato?
Trancianti alcuni commenti della Commissione parlamentare d’inchiesta: “Il comando della petroliera non ha posto in essere condotte pienamente doverose”.
“C’era il tempo per valutare la situazione e dare le corrette comunicazioni ai soccorritori”. Ma così non venne fatto.
“Dalla Capitaneria di Livorno non partirono ordini precisi per chiarire entità e dinamica dell’evento e per ricercare la seconda imbarcazione”. Non basta: “la Capitaneria di Porto non ha valutato la gravità della situazione anche per incapacità”.
Nei soccorsi “ci fu impreparazione e inadeguatezza”. E poi quella nebbia sempre invocata “non esisteva”. Si vedeva quasi chiaro come il giorno, alle 20 e 30.
Ricordate chi era il ministro degli Interni all’epoca? Vincenzo Scotti. Il quale “lascerà” la sua poltrona qualche mese dopo, sostituito al Viminale da Nicola Mancino, in seguito alle bombe di Capaci. I misteri continuano…
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