Clamorosi depistaggi emergono con sempre maggiore evidenza nel giallo di Serena Mollicone, ammazzata 18 anni fa ad Arce, nel frusinate.
Un caso che negli ultimi anni sta man mano emergendo in tutti i suoi terribili dettagli e che adesso trova conferma in una maxi informativa inviata dal comando dei carabinieri di Frosinone e dai colleghi del RIS alla procura di Cassino. Dal dossier emergono dati, elementi e fatti che inchiodano alle loro responsabilità proprio l’allora comandante della caserma dei carabinieri di Arce, Franco Mottola, il figlio Marco e la moglie Anna: sono tutti accusati di omicidio volontario della diciottenne Serena.
Chiari depistaggi, prove sparito e/o alterate, di tutto e di più nella fresca informativa portata all’attenzione del procuratore capo di Cassino, Luciano d’Emmanuele, e del pm incaricato delle indagini, Beatrice Siravo.
Il movente è chiaro: Serena era venuta a conoscenza dei traffici di droga che coinvolgevano anche il fidanzato, Marco Mottola. Per questo aveva deciso di denunciare il tutto. Si è recata in caserma, quindi è andata a casa Mottola, dove la situazione, ovviamente, è degenerata. Dopo varie percosse, una spinta le ha fatto picchiare con violenza la testa contro una porta dell’appartamento. Tramortita è stata prima nascosta e poi portata in un campo, legata, imbavagliata e lasciata morire. Da qui deriva anche per tutti l’accusa di occultamento di cadavere.
Commenta oggi il padre di Serena: “Non conta chi ha sferrato il colpo decisivo, mia figlia è rimasta a terra per 4-5 ore, poteva essere salvata e si scelse invece di lasciarla morire. Come per Stefano Cucchi, si è cercato di nascondere la verità perché altri in caserma hanno sentito quello che accadeva, ma qui l’Arma si è riscattata con le nuove indagini e la determinazione di arrivare in fondo. Serena e io ci aspettiamo ora un segnale di giustizia: che queste persone vengano arrestate come altri innocenti prima di loro e passino il processo in carcere”.
Le analisi sui frammenti di porta, sui resti di vernice del cortile e vegetali ritrovati sul cadavere ricostruiscono – secondo i periti – l’esatta dinamica dei fatti. Il termine per le indagini è scaduto il 13 ottobre 2018, e ora si è in attesa solo della notifica formale del pm per tradurla in una richiesta di rinvio a giudizio.
Da non dimenticare che il caso è contraddistinto da un’altra tragedia: la morte di un brigadiere dei carabinieri, Santino Tuzi, nel 2008, il giorno prima di essere interrogato in merito all’omicidio. Tuzi, infatti, aveva segnato sul registro di ingresso della caserma il nome di Serena, nome che venne in seguito cancellato da qualche “manina”.
Tra gli accusati ci sono altri due carabinieri: Vincenzo Quatrale, accusato di concorso in omicidio e istigazione al suicido di Tuzi, e Francesco Suprano, già prosciolto ma ora accusato di favoreggiamento.
Adesso si è in attesa della formalizzazione delle richieste di rinvio a giudizio, risultando a questo punto altamente improbabile l’archiviazione del caso.
Ma in tema di “depistaggi” è bene star sempre con gli occhi bene aperti.
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