Lisbona, Europa, addio

Aquisgrana 22 gennaio 2019 sarà probabilmente ricordata come una data storica per l’Europa. Nel senso che verrà equiparata a una lapide tombale. Il premier uscente della Germania, Angela Merkel, insieme a un presidente francese, Emanuel Macron, tra i più impopolari di sempre, hanno preso una decisione indubbiamente epocale.

Il documento che hanno firmato insieme nella città di Carlo Magno contiene materiale esplosivo in grado di far saltare molte consolidate opinioni sulla tenuta dell’Unione Europea. Resta soltanto da chiedersi se potranno reggere, loro due, il confronto con gli eventi che seguiranno. Ma l’orchestra ha cominciato a suonare e tutti gli altri membri dovranno ballare la nuova musica, in ogni caso.

Il contenuto è chiaro: un cambio radicale di paradigma su quasi tutti i fronti. La primogenitura franco-tedesca è stata enunciata con grande chiarezza. Il che significa che un’Europa di uguali non sarà più possibile. Il trattato di Lisbona non è più in vigore, sostanzialmente, anche se non giuridicamente. Cosa lo sostituirà, dopo il limbo nel quale oggi si trova l’Unione Europea, non lo sa nessuno. Quello che si vede è una architrave di ferro, l’asse Berlino-Parigi, che sorreggerà qualunque Europa che si può presentare sulla scena futura.

Oppure significherà che non ci sarà più una Europa e, al suo posto, ci sarà soltanto l'”asse” che è stato creato. Il resto degli europei dovrà decidere se accettarlo al comando, ed esserne soggetti, o starne fuori. Questo cambia tutti i discorsi fin qui ascoltati. E imporrà anche all’attuale governo giallo-verde italiano non pochi ripensamenti tattici e strategici. Uno dei quali sarà quello circa i gradi di libertà della sua politica estera.

La Francia è anche, in molti sensi, la Libia. E anche una parte cospicua dell’Africa. Gl’interessi in gioco erano già conflittuali ieri, anche se la loro gestione diplomatica all’interno dell’Europa era ancora facile. Nel proseguo potrebbe diventare assai più difficile.

L'”auto-primogenitura” proclamata ad Aquisgrana mette infatti in discussione ogni cosa. Berlino e Parigi gestiranno in comune tutti i temi decisivi: dalla politica estera dei due paesi, alla politica di difesa; dalle questioni monetarie a quelle dello sviluppo economico. Sono già delineate le modalità di una precisa operatività comune, che si spinge fino alla creazione di strutture istituzionali congiunte e nuove; fino alla intercambiabilità dei responsabili politici e dei funzionari di primo livello. Qualcosa di simile a un progetto confederale in fieri.Nessuno, in Europa, potrà reggere il confronto con questo nuovo animale a due teste. Ma è evidente che Berlino e Parigi non hanno pensato solo agli altri europei. La mossa ha una valenza inter-atlantica. L’America di Trump non è più soltanto un alleato. È oggi un concorrente politico. Questo è il primo significato di Aquisgrana. Come si regoleranno i rapporti tra alleati della Nato sarà difficile materia di negoziato. È implicito che il tema della “difesa” europea autonoma diventerà assai caldo.

La mossa ha anche una valenza europea in termini di ordine pubblico e di sicurezza. Bruxelles minacciava di non essere in grado di mantenere l’ordine pubblico. L’ondata di sovranismo, ovvero di populismo, sarà dunque fronteggiata in comune. Eurogendfor tornerà comodo in caso certe situazioni dovessero prendere insospettate dimensioni, come è avvenuto in Francia con i “gilet gialli”. È un gesto di preavviso.

Naturalmente non avverrà tutto domani. Ufficialmente l’Europa continuerà ad esistere e molte correzioni di rotta saranno indispensabili per evitare guai maggiori. Il risultato del voto di maggio per il rinnovo del Parlamento Europeo dirà con quale velocità e in quale direzione evolverà il progetto di Aquisgrana.

L’opinione dell’autore può non coincidere con la posizione della redazione.


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