Un presidente in gonnella per la Fondazione Banco di Napoli, l’ultima propaggine rimasta in vita del più antico istituto di credito del Mezzogiorno, vent’anni fa finito in crac e poi un tormentato percorso che l’ha portato fra le braccia di BNL prima (una vendita a prezzi stracciati) e poi sotto le ali di Intesa San Paolo, che solo ora, dopo tanti anni, diventa ufficialmente “padrone” del Banco.
Il nuovo presidente della Fondazione, comunque, è Rossella Paliotto, che fa capo ad un dinasty di imprenditori partenopei. Succede a Daniele Marrama, opusdeista, finito nella bufera circa un anno fa e poi sostituito da un commissaro, Giovanni Mottura.
Nel consiglio generale entra a far parte anche un magistrato molto noto a Napoli, per anni a capo della delicata sezione gip, Bruno d’Urso, voluto dal sindaco Luigi de Magistris.
Non sono rose e fiori le prime parole della Paliotto. “La situazione attuale vede gravemente compromesso il patrimonio della Fondazione. La crisi di liquidità non ha permesso erogazioni, adesso partirà un immediato intervento organizzativo con una revisione dei costi”.
E aggiunge: “non avremo più erogazioni a pioggia come in passato. Ma soprattutto non ci saranno più investimenti delle banche: si è trattato di una allocazione impropria di risorse che hanno immobilizzato circa la metà della liquidità disponibile in asset come Banca Popolare di Bari, Banca regionale di Sviluppo, Banca del Sud, da cui probabilmente subiremo perdite importanti. Stesso discorso anche per la conversione obbligatoria dei bond di Monte dei Paschi di Siena in azioni della banca”.
Ma uno dei nodi essenziali è sempre quello dei crediti che fanno capo al vecchio Banco di Napoli. La società costituita ad hoc, la SGA, ha recuperato oltre l’80 per cento delle sofferenze, che però sono state dirottate dal governo Renzi al Fondo Atlante, messo in piedi per il salvataggio di alcuni istituti di credito: come dire, i vecchi crediti del Banco Napoli per soccorrere le banche venete e lo stesso Monte dei Paschi!
Ma c’è ancora un residua parte nei forzieri della Fondazione, che non intende mollarla.
Resta mai risolto un nodo da novanta: il passaggio del vecchio Banco Napoli a BNL per soli 70 miliardi di vecchie lire, un vero saldo. Si è ipotizzato un regalo a BNL per coprire i buchi della filiale di Atlanta, negli Usa, impegnata in strani traffici (si parlò anche di armi). E dopo neanche un anno BNL vende lo stesso Banco al San Paolo per 7000 miliardi di lire. Incredibile ma vero: perchè la magistratura non ha mai voluto vederci chiaro in un giallo di tale portata?
Ma torniamo alla neo presidente. Il padre di Rossella, Salvatore Paliotto, è stato uno degli imprenditori più in vista nella Napoli del dopo terremoto, di simpatie socialiste ma un rapporto privilegiato con Paolo Cirino Pomicino.
Ecco cosa scriveva di lui il volume “‘O Ministro – La Pomicino story”: “Nasce come piccolo imprenditore, praticamente impegnato nel solo indotto dell’Enel, e in pochissimi anni brucia le tappe di una sfolgorante carriera, Salvatore Paliotto, altro amico per la pelle di Pomicino. Anche per lui il trampolino di lancio sono il terremoto e la poltrona di numero uno dell’Unione Industriali di Napoli. La conquista nell’82, la perde nell’86 per far posto a Salvatore D’Amato (il padre di Antonio D’Amato, ex vertice di Confindustria, ndr), la riprende quattro anni più tardi dopo una battaglia all’ultimo voto – e senza esclusione di colpi – con Enzo Giustino. Anche Paliotto diversifica progressivamente le sue attività, diventa una presenza ovunque nel campo sempre più fertile degli appalti pubblici, passa con estrema disinvoltura dai cavi elettrici ai mattoni, all’alta finanza. Tra i più convinti promotori e animatori della Sevip (l’editrice del mensile pomiciniano Itinerario, ndr), anche sotto il profilo finanziario, Paliotto non fa mancare il suo apporto ‘morale’ all’amico Pomicino anche in campagna elettorale. E così, per le politiche ’87, stacca un assegno di appena una dozzina di milioni. A volte basta un pensiero”
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