AMMATURO / LA FAMIGLIA DEL POLIZIOTTO CHIEDE DI RIAPRIRE IL CASO

Sono passati 36 anni dall’omicidio del capo della Mobile a Napoli, Antonio Ammaturo, e la famiglia ancora non riesce a rassegnarsi a una tragedia senza il nome dei mandanti (cinque brigatisti sono stati condannati all’ergastolo come esecutori materiali).

Chiede la riapertura del caso e quindi che vengano effettuate altre indagini. Ma il procuratore capo di Napoli, Giovanni Melillo, è scettico e per ora chiude la porta alla speranza: “Se non si registrano elementi nuovi non è possibile riaprire le indagini. Quando nell’inchiesta sui rapporti tra politica e camorra avviata nel 1993 ci occupammo della vicenda, interrogai tutti quelli che potevano sapere qualcosa. Ma non fu possibile andare oltre le ipotesi”.

Un muro di omertà, come in tanti altri buchi neri nella malastoria del nostro Paese. Ora quel muro, nel caso Cucchi, come abbiamo documentato, sta cominciando a sgretolarsi. Un caso isolato o l’inizio di una nuova stagione che non calpesti più Verità e Giustizia? Staremo a vedere.

Intanto, sul fronte del caso Ammaturo, le figlie Gilda, Grazia e Maria Cristina Ammaturo non ci stanno e chiedono altre indagini. Un po’ come la figlia di Paolo Borsellino, Fiammetta, implora non solo i fratelli Graviano di parlare, ma anche i poliziotti ora sotto processo per depistaggio (avendo taroccato il teste Vincenzo Scarantino), adesso le figlie di Ammaturo implorano l’uomo di tanti segreti e allora capo della Nuova Camorra Organizzata, Raffaele Cutolo, di parlare, di raccontare quello che successe quel tragico 17 luglio 1982.

Un omicidio, quello del capo della Mobile, legato a filo doppio con il rapimento dell’allora assessore Dc Ciro Cirillo, dopo una Trattativa (la prima nel suo genere) tra i rapitori, ossia le Brigate Rosse, la camorra cutoliana, i nostri Servizi Segreti e pezzi della Dc. Una super trattativa che vide un via vai di camorristi e barbe finte (e anche di politici) nel carcere di Ascoli Piceno, dove allora era rinchiuso Cutolo.

Ciro Cirillo. In apertura l’omicidio Ammaturo

Ammaturo, che aveva in mano una serie di inchieste bollenti, ad esempio relative al clan Maisto e alle stesse attività del figlio di Cutolo, Roberto, dedicò tutta la sua anima e tutte le sue energie per venire a capo del sequestro e poi della liberazione dell’assessore Dc, anomalo proprio in quanto in precedenza Aldo Moro era stato ammazzato. Quali patti e accordi segreti – si chiedeva Ammaturo – sono stati raggiunti perchè Cirillo venisse liberato? Forse era sulle piste degli “esiti” della trattativa. E cioè quel “patto” tra camorra e politica affinchè una buona fetta degli appalti per la ricostruzione potesse andare dritto alle imprese di camorra. Un bel piatto ghiotto, da centinaia di miliardi.

Scrisse un dossier-bomba, raccogliendo tutti gli elementi, i dati, i riscontri, le connection: “un dossier che farà tremare tutta Napoli e non solo”, confidò al fratello Grazio per telefono. Ed inviò, di quel rapporto, due copie: una al ministero degli Interni e l’altra proprio a Grazio. Sparite. Non se ne è mai trovata una traccia.

Un altro che potrebbe raccontare quella bruciante verità – o almeno fornire fondamentali elementi – è Pasquale Scotti, l’allora braccio destro di Cutolo ed estradato in Italia. E’ da due anni sotto interrogatorio. “Su Ammaturo le sue dichiarazioni sono di poco conto”, trapela a palazzo di giustizia”. Cosa vuol dire?

E cosa stanno facendo – da ben due anni – i giudici con il superteste? Perchè i cittadini non hanno diritto di sapere qualcosa? O tutto, al solito, viene insabbiato?


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