BENETTON, DI PIETRO, POMICINO / CONCESSIONI AUTOSTRADALI, ATTENTI A QUEI TRE

Il cerchio comincia a stringersi sul ponte Morando a Genova e si delineano i profili politici, imprenditoriali e burocratici che hanno messo in piedi quella che – se non fosse una tragedia che ha  spezzato e massacrato la vita di vittime innnocenti – sarebbe una sceneggiata.

Comincia a delinearsi con maggior precisione la catena temporale degli atti amministrativi e concessori, tutti regolarmente per la gran parte riconducibili al ministero delle Infrastrutture e dei Lavori pubbici, dominus in questa materia, all’epoca spalleggiato dal carrozzone Anas.

 

L’OSSERVATORIO DENUNCIA

Elisabetta Aldovrandi. In apertura Antonio Di Pietro e, sullo sfondo, il ponte autostradale crollato a Genova

La denuncia più vibrante, in questi giorni, arriva dall’“Osservatorio Nazionale Sostegno Vittime”, che grazie all’impegno di due avvocati, Elisabetta Aldrovandi e Angelo Bertoglio, si occupa dare un barlume di giustizia alle tante vittime di uno Stato spesso complice, in combutta con chi quei reati compie: dai casi meno eclatanti a quelli di maggiore risonanza, dove è marcata – ma va documentalmente dimostrata – la collusione scientifica tra lo Stato, le sue diramazioni operative (nella fattispecie l’Anas), e gli imprenditori privati, in questo caso i concessionari ai quali sono state affidate le nostre arterie stradali, con le tre regine in campo, ossia Autostrade per l’Italia, Gavio e Toti. Tre ‘finti’ rivali, tre concorrenti ‘taroccati’ – come nel peggior capitalismo di questo mondo – perchè of course vige la regola “questo stavolta a me, questo la prossima volta a te” e a tavola, tra un calice di champagne e l’altro, brindano alla spartizione della torta.

Ecco il j’accuse dei legali dell’Osservatorio: “Fu nel 1999, regnante Massimo D’Alema a palazzo Chigi (quindi quasi 20 anni fa, ndr) che il grosso della rete autostradale fu dato in concessione ad Autostrade per l’Italia. Tra quelli, anche la cosiddettta ‘Autostrada dei fiori‘ (A10) dove c’era il ponte Morandi. Ma la famigerata ‘clausola’ che consentirebbe alla Società del gruppo Benetton di essere indennizzata in caso di scioglimento della concessione anticipato (per una somma pari agli introiti che avrebbe ottenuto negli anni restati), venne aggiunta all’accordo con lo Stato solo diversi anni più tardi, nel 2007, quando alla guida del ministero dei Trasporti c’era Antonio Di Pietro”.

E aggiungono: “la famosa clausola si trova nella convenzione originaria, fu messa da Di Pietro e poi riconfermata, con qualche modifica, dal governo Renzi”.

L’Osservatorio riporta, commentandoli, alcuni passaggi fondamentali della “concessione trappola”, come viene definita, una vera e propria “delega in bianco” ai Signori delle Autostrade, ai Ras delle Concessioni, ai Padroni del Cemento.

Nella concessione con lo Stato non c’è alcun passaggio esplicito e incontrovertibile sui controlli relativi alla manutenzione straordinaria delle infrastrutture che ha in gestione Autostrade per l’Italia, come lo erano i lavori di rafforzamento dei tiranti del ponte Morando. E’ il nodo dirimente del contenzioso che si sta per aprire tra il ministero dei Trasporti e la società guidata da Giovanni Castellucci. L’ipotesi che sta prendendo forma, suffragata anche dall’intervista al procuratore di Genova Francesco Cozzi, è che il contratto di concessione firmato nel 2007 da Piero Ciucci, all’epoca a capo dell’Anas (uno che ne ha combinate di tutti i colori, perfetto maggiordomo di Di Poetro, ndr) e dal numero uno di Autostrade, presenti delle aree di incertezza sull’onere dei controlli, sugli ambiti di ispezione in capo al ministero. L’articolo 7 della Convenzione ammette: ‘il concedente richiede informazioni ed effettua controlli, con poteri di ispezione’”.

Un po’ pochino, no?

Piero Ciucci

Continua il report dell‘Osservatorio: “L’allegato F della Convenzione però chiarisce che il concessionario si occupa delle ‘manutenzioni ordinarie’ e del ‘miglioramento dell’infrastruttura; ‘riparazione o sostituzione dei giunti, ripristini e protezioni anticorrosive dei calcestruzzi’. L’allegato parla soltanto di ‘classificazione degli interventi di ordinaria manutenzione’: dalle pavimentazioni stradali agli impianti di esazione dei pedaggi fino al verde e alla sicurezza, come la riparazione e la sostituzione delle barriere guardrail. Su questi interventi i tecnici e gli ingegneri del ministero effettuano controlli a campione, tramite gli uffici territoriali, a cadenza regolare e vedendo i giustificativi di spesa redatti dalle società concessionarie o dalle imprese che hanno realizzato i lavori in subappalto. Sembrerebbero funzioni blande, che configurerebbero un meccanismo di ‘delega in bianco’ ai gestori. L’ipotesi è che per le opere strutturali solo i Concessionari abbiano la responsabilità di intervenire pianificando, ove necessario, interventi maggiori registrandoli nei piani economico-finanziari da inviare al ministero per chiedere adeguamenti tariffari l’anno successivo”.

Come in un piccolo Lego: un po’ di colla qua, un pezzo di nastro adesivo là, una verniciatina per un bel lifting. E per qualcosina in più una bella stangata.

 

DA PRODI A DI PIETRO, PASSANDO PER I SEGRETI DI STATO  

Prosegue il dossier degli avvocati Aldrovandi e Bertoglio: “Occorre tornare indietro con la memoria per capire eventuali mancanze del legislatore. Quado l’IRI nel 1999 cede il 30 per cento di Autostrade a un gruppo di soci privati tra cui la famiglia Benetton e colloca il restante 56 per cento sul mercato, ne ricava un assegno da circa 6 miliardi. La decisione è del governo D’Alema, ma il piano comincia a prendere forma cinque anni prima con Azeglio Ciampi a palazzo Chigi e Romano Prodi al timone dell’Iri. In una recenta intervista lo stesso Prodi ha sostenuto di aver chiesto un decreto legge per fissare i paletti, con norme sulla concorrenza e condizioni di trasparenza. Quel decreto non vide mai luce, forse anche per l’opposizione dell’attuale ministro Paolo Savona che nel governo Ciampi guidava il dicastero dell’Industria”.

Paolo Cirino Pomicino

Conclude il rapporto: “La trasparenza per la verità in questi ultimi venti anni è stata la grande sconfitta. Basti pensare al Segreto di Stato che ancora oggi copre i piani economico finanziari presentati dai concessionari al ministero dei Trasporti. Documenti in cui le società, come quelle riconducibili al gruppo Gavio, riportano il livello di investimenti e le spese per le opere di manutenzione. L’opacità viene confermata da Paolo Sestito, capo del servizio struttura economica della Banca d’Italia, che in audizione alla Camera confessa che ‘ogni riduzione dei costi che il concessionario riesce ad ottenere, nel periodo di determinazione delle tariffe, rimane nella sua disponibilità’. Cioè meno spende in gestione nella tratta più guadagna: senza che lo Stato possa far nulla per evitarlo”.

Da Paese civile o da Repubblica delle banane fradice?

Adesso alcune note ‘storiche’ – tratte anche da ormai vecchi articoli della Voce – che documentano come le privatizzazioni e la realizzazione del sistema delle concessioni in Italia (ovviamente non solo per Autostrade, che comunque rappresentano il boccone più ghiotto, ma in tanti altri settori), non solo sia stato un flop per i cittadini in termini di efficienza dei servizi, ma una vera Rapina di Stato, concordata dalla rouling class, i politici di casa nostra per interderci, e gli imprenditori privati, con i quali spartire i bottini: spesso e volentieri con la partecipazione, al tavolo degli accordi delle Mafie. Ricordate bene: con c’è solo la Trattativa stato mafia per la strage di via d’Amelio, ma sono in pieni ogni giorni trattative di grande o medio calibro stato-mafia per appalti, concessioni e montagne di danaro, in tutti i settori, dai rifiuti alla sanità.

 

RELAZIONI PIU’ CHE PERICOLOSE 

I rapporti tra Di Pietro e Pomicino nascono con Mani Pulite: ‘O Ministro è imputato eccellente nel processo Enimont per la madre di tutte le Tangenti. Tra gli altri imputati, l’abbiamo più volte ricordato, Francesco Pacini Battaglia, l’“uomo a un passo da Dio” che conosce non solo i segreti Enimont ma anche quelli degli sporchi affari dell’Alta Velocità già intrecciati dalle mafie, dalle imprese e dai politici di riferimento e su cui avevano cominciato a puntare i riflettori Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

Il volume “Corruzione ad Alta Velocità” scritto quasi vent’anni fa, nel 1999, da Ferdinando Imposimato e Sandro Provvisionato, documenta per filo e per segno, documento per documento, come Di Pietro se ne sia altamente fregato di “far vuotare il sacco a Pacini Battaglia”, affidandolo invece alle cure dell’avvocato Giuseppe Lucibello, suo (di don Tonino) amico personale e non facendo trascorrere al re di tutti i Segreti, Chicchi Battaglia, neanche un’ora in gattabuia: prassi invece strasolita per tutti gli altri imputati, eccellenti e non, di Tangentopoli.

Da un volume ad una serie di inchieste, eccoci a quelle che la Voce ha pubblicato nell’arco del 2007, anno di Di Pietro Zar di tutte le Infrastrutture. In basso potete trovare i tre link per gli articoli di maggio  2007 “Variante 1 a Variante 2”, di luglio “Munnezza Way” e di dicembre “Gavio come vola” e “L’Anas dei miracoli”. Tutti incentrati sulle acrobazie, a base di miliardi e connection che ruotavano sia attorno al ministero che al braccio operativo Anas. Si parlava anche di inchieste avviate dalla procura di Milano, intorno al 2007, dopo documentate denunce di alcuni ex dipendenti Anas: sicuramente finite sotto la polvere.

Altro feeling, quello con ‘O Ministro Pomicino, che al solito racconta la favoletta delle  33 inchieste a suo carico e una sola condanna, quella per il finanziamento alla Dc. Ma i due – pm e imputato – diventano presto grandi amici. A tal punto che quando l’ex titolare del Bilancio verrà ricoverato a Milano per una crisi cardiaca e l’installazione di un bypass, chi mai chiamerà al suo capezzale come amico del cuore? Tonino Di Pietro, naturalmente, con il quale cresce rigogliosa una autentica stima reciproca.

Eccone la riprova. Un imprenditore molisano (originario dell’aversano) e impegnato nel delicato settore delle cave e del calcestruzzo, Aldo Patriciello, un bel giorno decide di diversificare, creando un polo sanitario a Venafro, Neuromed, che negli anni crescerà a dismisura, fino a stipulare convenzioni con gli atenei romani e a gemmare una sede – appena inaugurata – nell’ex storica sede della Olivetti a Pozzuoli: a dirigerla il figlio (Girolamo) dell’ex portaborse di Vincenzo Scotti, Aldo Boffa, poi premiato a fine anni ’80 con la poltrona di assessore regionale ai Lavori Pubblici e alle Acque. Protagonisti, Pomicino e Boffa, della mitica conversazione telefonica ‘O capogruppo chi s’o piglia, pubblicata dalla Voce sulla spartizione – da vero mercato delle vacche – delle poltrone in occasione delle elezioni regionali ’90.

Luciano Benetton

Ma ecco che Patriciello decide di tuffarsi in politica, trampolino di lancio le amministrative nel suo Molise. Fa fatica a raggranellare voti e consensi ed allora quale sarà il suo grande elettore, il suo mega sponsor, la stella polare grazie alla quale entrerà prima nel parlamentino regionale e dopo un paio di anni addirittura volerà a Strasburgo per un prestigioso scranno all’Unione Europea? ‘O Ministro, naturalmente.

Ciliegina finale sulla torta. Pomicino festeggia il suo settimo anno sulla poltrona di presidente della Tangenziale di Napoli, una controllata di Autostrade d’Italia. Su quella poltrona lo ha fortemente voluto Luciano Benetton, grande amico di ‘O Ministro fin dai tempi della presidenza della strategica Commissione Bilancio alla Camera (detta “Commissione Sportello” per la facilità e celerità con la quale erogava fondi pubblici alle imprese del cuore), poi al ministero della Funzione Pubbica, quindi al sempre agognato Bilancio.

Una news. E’ appena scoppiata la polemica post ferragostana tra il sindaco di Napoli Luigi de Magistris e suo cugino Pomicino per il pagamento (da anni illegale) del pedaggio della Tangenziale: se ne è accorto solo adesso, dopo Genova, il primo cittadino arancione, dopo averlo proclamato nel suo programma elettorale fin dal primo mandato (circa sette anni fa).

Meglio tardi che mai.

 

 

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