Sono di pochi giorni fa i colpi messi a segno dal nostro colosso energetico Saipem in Africa sul fronte delle concessioni di giacimenti petroliferi. Un affare ghiotto ghiotto.
Risponde in tempo reale la cugina Saipem, reginetta dell’impiantistica petrolifera, il cui capitale è ora nella mani di Eni e Cassa Depositi e Prestiti, corsa in aiuto un anno e mezzo fa circa per rimpinguare le casse della stessa Saipem.
Ecco un comunicato diramato dalla società guidata del ceo di Saipem Stefano Cao: “Saipem si è aggiudicata i contratti per sviluppare la seconda fase dei lavori nel giacimento di Liza, progettato da Esso & Production Guyanam, una controllata di ExxonMobil. Il giacimento si trova a circa 200 chilometri dalla costa della Guyana e raggiunge una profondità di 1.850. La seconda fase del progetto porterà ad un aumento di 220 mila barili”.
Commenta Cao: “Questa acquisizione è per noi strategica e coerente con l’obiettivo di consolidare la nostra posizione sul mercato del Surf. Inoltre consolida le nostre relazioni con un cliente importante come ExxonMobile, consentendeci di contribuire in modo sicuro allo sviluppo di significative risorse di idrocarburi in Guyana”.
Non è finita. Perchè Saipem, attraverso un’altra controllata, “Boscocongo”, sé è “anche aggiudicata – continua la nota aziendale – un nuovo contratto nella Repubblica del Congo per un progetto Mmo (Mantainance, Modifications & Operations) legato alla Centrale Electrique du Congo, che copre più della metà dell’energia elettrica del Paese. I contratti hanno complessivamente 700 milioni di dollari”.
Sorge spontanea la domanda. Come mai i grossi media di casa nostra parlano spesso e volentieri dei mega contratti internazionali di Eni e consorella Saipem e non dedicano mai un solo rigo alle svariate inchieste non per scippo, ma per “corruzione internazionale” in giro per il mondo?
A partire, ad esempio, dalla Maxi Tangente del secolo radiografata dall’inchiesta della procura brasiliana “Lava Jato”, 5 miliardi di dollari già accertati, forse si supera il tetto dei venti.
Eni e Saipem, con la privata Technit di Gianfelice Rocca, sono sotto inchiesta sia in Brasile che alla procura di Milano. La quale ha in carico una sfilza di faldoni giudiziari, sempre per corruzione internazionale, e sempre a carico del tandem d’oro, Eni-Saipem: dall’Algeria alla Nigeria.
Non sarebbe l’ora di far luce, una buona volta per tutte, su quei contratti? Quali erano le regole del gioco, o della truffa? A quanto ammontavano le mazzette? Quanto hanno beccato i faccendieri-politici brasiliani e africani?
E soprattutto: di che importo è il nero (è davvero il caso di usare il termine, visto che si tratta di petrolio) rientrato in Italia finendo nelle tasche dei vertici delle imprese di casa nostra? Big (pig) e manager non solo da mandare a casa: ma in galera.
E’ possibile dare una piccola accelerata alle inchieste, visto che sono passati anni e lorsignori se la continuano a spassare come Paperon de’ Paperoni nella sua celebre piscina zeppa di dollaroni?
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