PROCESSO STATO – MAFIA / E’ CONTO ALLA ROVESCIA PER LA SENTENZA 

Cala il sipario sul processo per la trattativa Stato-mafia. Dopo ben 5 anni di udienze alla Corte d’Assise di Palermo è cominciata la camera di consiglio che entro pochi giorni porterà alla sentenza.

Verranno provate – anche sotto il profilo giudiziario – le connection tra boss di Cosa Nostra e pezzi da novanta delle istituzioni? O rimarranno consegnate solo alla memoria storica?

Inquisito eccellente l’ex capo del Ros Mario Mori, fresco di tripudi televisivi proprio nei giorni dell’anniversario del sequestro Moro.

Già due volte il generale dei Servizi l’ha fatta franca in occasione di altri due grossi processi: per la mancata perquisizione del covo di Totò Riina e per la mancata cattura di Bernardo Provenzano.

Due copioni per molti versi simili: le sentenze, infatti, hanno pesantemente censurato le condotte del capo del Ros, sotto il profilo deontologico, professionale e morale. Le stesse condotte, però, non sono state considerate dai giudici “penalmente rilevanti”.

Nel primo caso furono compiuti clamorosi errori & omissioni. Quel covo dei mille segreti, dopo la cattura del boss Riina, venne lasciato incustodito per addirittura due settimane. Tutti il tempo, per i mafiosi, perfino di ritinteggiarlo. E, ovviamente, di portare via la cassaforte e tutti i bollenti documenti che conteneva. Come la lista dei tremila nomi,  alla quale fece cenno il braccio destro di Mori, ossia il ‘mitico’ capitano Ultimo, nel corso di un processo per diffamazione che si svolse a Milano. “Non ho mai parlato dell’archivio dei tremila nomi”, sbottò Sergio De Caprio, l’uomo di tutti i servizi tornato alla ribalta con il giallo Consip. Excusatio non petita. “Quell’elenco poteva far saltare per aria l’Italia”, dichiarò la collaboratrice Giusy Vitale.

Sul secondo fronte, quello per la mancata cattura di Provenzano, gli inquirenti se ne sono fregati di far verbalizzare la ‘fonte delle fonti’, Luigi Ilardo. Il quale, a poche ore da quella mancata testimonianza che avrebbe potuto portare all’arresto del boss, venne assassinato.

Pesantissime le parole del legale di Mori, Basilio Milo. “Questo processo non serve ad accertare un reato che nessuno ha commesso, ma per mascariare gli ufficiali dell’Arma”. Ossia delegittimare quei fedeli servitori delle istituzioni.

Non contento, Milio continua: “questo processo non è fondato su alcuna prova; è una vera persecuzione contro Mori per il quale si è arrivati a chiedere 15 anni di carcere, appena uno in meno del boss Bagarella. E’ un tentativo di ricostruire non la verità, ma la storia secondo un’impostazione politico-ideologica”.

Sul banco degli imputati anche l’ex ministro degli Interni Nicola Mancino, accusato di falsa testimonianza. La sua ricostruzione dei fatti, secondo gli inquirenti, è entrata in rotta di collisione con quella dell’ex guardasigilli Claudio Martelli: soprattutto a proposito delle vicende ruotanti intorno alla strage di Capaci e al passaggio del testimone – al Viminale – da un dc all’altro, ossia da Vincenzo Scotti allo stesso Mancino. Uno dei tanti momenti oscuri della nostra prima repubblica.

Riuscità a fare un po’ di chiarezza, anche su questo versante, la tanto attesa sentenza?

nella foto Mario Mori

 

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