MORO DOVEVA MORIRE / LE “BOMBE” DI RENATO FARINA, ALIAS AGENTE BETULLA

Quando la storia viene presa a calci. Quando l’etica – anche professionale – va a finire nel cestino dell’immondizia. Succede con un articolo uscito in prima pagina su Libero, il quotidano diretto da Vittorio Feltri, a firma di Renato Farina. Ecco il titolo da brividi: “Delitto Moro: tutta colpa di Berlinguer”. Una vergogna. Da radiazione dall’Ordine dei giornalisti, cosa del resto già successa al padre delle fake news, Farina appunto. Tanto per gradire, fake pilotate dai servizi segreti, che ha conosciuto come le sue tasche, con il nome di battaglia di “agente Betulla”.

Francesco Cossiga. Sopra l’attentato di via Fani e a destra Renato Farina

Ma procediamo con ordine e partiamo dall’articolone del 16 marzo. Che riprende la lunghisisma intervista – ore e ore registrate su nastro come precisa lo 007 griffato Libero – che esattamente 10 anni fa, nel 2008, gli concesse uno che quei fatti li conosceva dall’interno (o meglio, dagli Interni), ossia l’ex Picconatore (e all’epoca del sequestro Moro titolare del Viminale) Francesco Cossiga.

BERLINGUER, QUELL’ASSASSINO

Così esordisce l’agente Betulla: “Una cosa mi colpisce. La domanda che allora si pose con me Cossiga, ed era la prima volta, a proposito delle ripetute accuse contro di lui e Andreotti dei Moro,  è stata: perchè hanno sempre accusato noi e mai Enrico Berlinguer ed il Pci, che in nessun modo si adoperarono per salvare Moro?”.

Passiamo ai punti salienti di quella esternazione. Ecco il Verbo cossighiano raccolto dal fido Farina: “Sono sempre stato considerato da tutti i Moro come l’assassino del loro marito, padre, nonno. L’ho condannato a morte, è vero. L’ho fatto in piena coscienza”. Cominciano gli intervalla insaniae? Macchè.

Comincia l’empito filosofico e religioso dell’ex capo dello stato che continua: “Le mie convinzioni, di me cattolico liberale, che crede nello Stato, hanno prevalso. L’ho condannato a morte insieme con Andreotti, Zaccagnini e Berlinguer. Io non sono l’assassino, però! Lo furono le Brigate Rosse. Devo dirla questa banale verità. Ci si dimentica sempre di questo, che gli assassini sono i brigatisti”. Scordandosi evidentemente dei complici, se non vogliamo chiamarli mandanti…

Poi incalza e precisa: “E che tra coloro che hanno deciso la condanna a morte c’è, in una posizione decisiva, di intransigenza estrema, Enrico Berlinguer con il suo Partito comunista”.

Enrico Berlinguer

Il diluvio di esternazioni non ha tregua: “Perchè gli assassini di Moro, secondo i suoi familiari, siamo io, Zaccagnini e Andreotti? Perchè non hanno mai detto una parola contro i comunisti? Hai mai sentito uno della famiglia Moro dire che la linea della fermezza era voluta innanzitutto da Berlinguer e dai suoi? La mia risposta è: perchè i comunisti fanno ancora paura”. E mangiano ancora i bambini.

Continua Farina a raccoglire il Verbo del capo: “Nel suo ultimo libro quel matto di Giovanni Moro (il figlio dello statista trucidato, ndr) indica queste persone come gli assassini del padre: Paolo VI, Andreotti, io e Zaccagnini. Ancora una volta Berlinguer lo lascia fuori. O i comunisti sanno su di loro delle cose per cui li minacciano oppure la realtà è metafisica e hanno paura in sè”.

Perfetto psichiatra e indagatore dell’animo umano, picconator Cossiga: solito alternare, negli ultimi anni al Quirinale, momenti di totale annebbiamento ed altri di lucida follia.

MA CHI E’ L’AGENTE BETULLA

Cerchiamo di inquadrare meglio la penna doc di Libero, definito da Feltri “un genio del giornalismo”.

Quasi vent’anni fa, per la precisione nel 1999, genio-Farina cominciò la sua collaborazione con i Servizi segreti di casa nostra, animato da autentico spirito di servizio e tutto teso a difendere l’amata Patria. E’ vero, per i suoi lavoretti riceveva soldi, padòn ‘rimborsi’, che però era solito devolvere alla causa dei compatrioti-ostaggi all’estero, soprattutto in Iraq, ossia per rinpinguare quei fondi neri utili per liberare, di volta in volta, le due Simone oppure Giuliana Sgrena.

Nel 2001, sotto le bandiere del nuovo governo Berlusconi, passò al servizio – è il caso di dirlo – di Nicolò Pollari, capo del Sismi, e del suo braccio destro, Pio Pompa. Ed è proprio con Pompa che Farina darà vita ad un tandem perfetto, messo su per monitorare e dossierare tutti i possibili ‘nemici politici’ del premier Silvio Berlusconi. Ne scaturirà una lunga lista di magistrati, giornalisti (tra cui quelli della Voce, con il nostro mensile accusato di essere al vertice di una ‘cupola disinformativa’), alcuni politici di opposizione, associazioni che per tutta la durata dell’esecutivo verranno regolarmente spiati, alla faccia di ogni privacy e di ogni diritto alla tutela della propria persona. I fedeli segugi Pompa e Farina si occuperanno di ricostruire identikit degli spiati, raccogliendo una mole di notizie, riservate e non.

Abu Omar

La storia è tutta dentro un’altra spy story, quella realtiva al giallo Abu Omar, e cioè il rapimento dell’Imam sul quale aprì un’inchiesta la procura di Milano, pm Armando Spataro. Indagando su quel fronte gli inquirenti arrivarono fino all’archivio segreto di via Nazionale, a Roma, dove erano custodite montagne di carte e dossier sugli ‘osservati speciali’.

Per Farina, Pompa e Luciano Sena (gli ultimi due sono agenti del Sismi) il pm Spataro chiede il rinvio a giudizio, con l’accusa di favoreggiamento: patteggiano una pena di 6 mesi. Farina si giustifica sostenendo di aver voluto solo obbedire all’articolo 52 della Costituzione, perchè “difendere la Patria è un sacro dovere del cittadino”.

Il pedigree di Farina è poi arricchito da una super Fake news ante litteram, al cui confronto quelle attuali sono vere barzellette. In occasione delle elezioni del 2006, infatti, al tuttofare Farina (che poi pubblica un articolo) il Sismi fa arrivare un dossier taroccato su Romano Prodi. Secondo la fake, il candidato premier per il centrosinistra avrebbe utilizzato, sempre nella vicenda Abu Omar, la cosiddetta “extraordinary rendition” della Cia in Europa. Un’accusa gravissima, che poco tempo dopo si scioglie come neve al sole. Ma ‘ottima e abbondante’ per delegittimare, comunque, la certo non inattaccabile figura dello stesso Prodi.

Queste vicende porteranno prima ad una autosospensione, poi alla sospensione per un anno, quindi alla radiazione dall’Ordine dei giornalisti, dove alla fine del tour l’agente Betulla verrà riammesso per via dell’annullamento deciso dalla Cassazione, che aveva tenuto in conto la preventiva autosospensione dallo stesso ordine.

Ha forse perso il pelo Farina, dopo una decina d’anni, ma certo non il vizio. Visto che oggi tira fuori l’altra bufala del secolo, “Delitto Moro: tutta colpa di Berlinguer”.

L’INVIATO SPECIALE DAGLI USA, STEVE PIECZENICK

Fa finta, l’agente Betulla, di non conoscere la vera Moro story. Fa finta, come tanti altri colleghi e mezzibusti di tivvù e carta stampata, per fare un solo esempio, di non saper nulla di Steve Pieczenick e delle sue prime clamorose rivelazioni che – guarda caso – risalgono proprio al 2008. Quelle rivelazioni sono di una chiarezza disarmante: ma i soloni di casa nostra, tutti i pennivendoli che hanno affilato gli strumenti per questa commemorazione dei 40 anni dalla tragedia di via Fani, fanno finta che quelle parole non esistano, impegnati a costruire le loro Fake a posteriori, le ricostruzioni taroccate che non stanno in piedi neanche per un minuto.

Henry Kissinger

Vediamo cosa diceva Pieczenick, l’inviato speciale dagli Stati Uniti – mandante Henry Kissinger – sbarcato al Viminale per spalleggiare il ministro Cossiga nell’ardua liberazione (sic) di Aldo Moro e far parte di quel “Comitato di crisi” creato ad hoc.

Un comitato – tanto per gradire – tutto targato P2. Erano infatti fedelissimi del Venerabile Licio Gelli i componenti Fabrizio Ferracuti (tessera 2137), Federico Umberto D’Amato (1620), Giuseppe Santovito (1630, capo del Sismi), Walter Pelosi (754, capo del Cesis), Giovanni Torrisi (631, capo di Stato Maggiore della Marina), Pietro Misumeci (487, vice capo del Sismi).

Un comitato che – di fatto – esautorò la procura di Roma durante i 55 giorni di prigionia di Aldo Moro.

Ad inizio 2008 Pieczenick incontra Ferdinando Imposimato, il magistraro impegnato nelle prime indagini e da sempre sul fronte di piste terroristiche e mafiose. “Mi raccontò delle cose tremende – disse all’epoca Imposimato – raccolsi tutte quelle rivelazioni e gli disse che poteva anche incontrare il giornalista francese Emanuel Amarà”.

Ed è così che in rapida sequenza usciranno il libro-intervista di Amarà “Abbiamo ucciso Aldo Moro” (edizioni Cooper) e immediatamente dopo per Chiarelettere il celebre “Doveva Morire – Chi ha ucciso Aldo Moro – Il giudice dell’inchiesta racconta”, scritto a quattro mani dallo stesso Imposimato e da un grande giornalista d’inchiesta, Sandro Provvisionato (i due, sempre insieme, avevano firmato nel 1999 il premonitore “Corruzione ad Alta Velocità” su connection e sperperi per la TAV).

La figura di Pieczenick è basilare anche in altri due successivi libri, “I 55 giorni che hanno cambiato l’Italia” uscito nel 2013 per i tipi di Newton Compton e firmato da Imposimato; e “Complici – Caso Moro – Il Patto segreto tra Dc e Br” (Chiarelettere, 2015), autori Provvisionato e Stefania Limiti, dove viene soprattutto sottolineato il ruolo svolto da Gladio e Stay Behind.

ANDREOTTI E COSSIGA, ATTENTI A QUEI DUE

Ecco qualche passaggio. Dal primo le parole di Pieczenick in persona: “Sono stato io, lo confesso, a preparare la manipolazione strategica che ha portato alla morte di Aldo Moro. (…) Il nostro è stato un colpo mortale preparato a sangue freddo. La trappola era che loro dovevano uccidere Moro. (…) La decisione di far uccidere Moro non è stata una decisione presa alla leggera, abbiamo avuto molte discussioni anche perchè io non amo sacrificare le vite. Ma Cossiga ha saputo reggere questa strategia e assieme abbiamo preso una decisione estremamente difficile, difficile soprattutto per lui. Ma la decisione finale è stata di Cossiga e, presumo, anche di Andreotti”.

E poi Cossiga si chiede e chiede a Farina come mai i Moro li accusano di omicidio!

Aldo Moro

Osserva ancora l’inviato speciale di Kissinger: “A Cossiga non interessava niente tirare fuori Moro vivo. A quel punto seppi che la mia presenza a Roma aveva l’unico scopo di legittimare ciò che stavamo facendo”.

Scrivono Provvisionato e Limiti: “Il grande manovratore americano, l’uomo di Henry Kissinger, ha espresso il senso della sua missione molto chiaramente, e ripetutamente, nel corso degli anni:  ‘l’ordine era di non far rilasciare l’ostaggio, ma di aiutarli (si riferisce ai responsabili politici e istituzionali del nostro Paese) nelle trattative relative ad Aldo Moro e stabilizzare l’Italia”.

Che correva il serio ‘pericolo’, secondo Andreotti, Kossiga & gli amici amerikani, di un governo da compromesso storico con il Pci dell’odiato Berlinguer.

Oltretutto un assassino, Berlinguer, che ordisce trame e mangia i bambini. Vero, agente Betulla?


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