DIFENSORE CIVICO / NEL PAESE DEI CIUCCI E DEI CONFLITTI

Ciucci adatti a ricoprire delicati incarichi istituzionali? Succede in Lombardia, dove alcuni mesi fa è stato nominato dal consiglio regionale in qualità di Difensore civico un signor nessun, tale Carlo Lio, nel cui pedigree brilla la perla della “licenzia media” (letterale nel curriculum presentato) quale massimo alloro a livello di istruzione e cultura.

Una nomina benedetta dall’ormai ex presidente della giunta, Roberto Maroni. Ma cosa succede adesso con il fresco successore, il plurivotato Attilio Fontana, salviniano doc? Darà un’occhiata a quella incredibile nomina, frutto del Cencelli più rozzo, e rivedrà quella scelta, soprattutto alla luce della necessaria – e prevista dalla legge – comparazione dei curricula, neanche sognata dal consiglio regionale in quella occasione?

Se la Lombardia piange la Campania certo non ride, alle prese con una querelle che dura da sei anni, a botte di ricorsi e contro ricorssi, carte bollate e sentenze vuoi del Tar vuoi soprattutto del Consiglio di Stato, mai rispettate.

La Voce ha più volte raccontato gli atti della sceneggiata (potete leggerla dai link in basso) che finalmente dovrebbe concludersi con una quarta, definitiva sentenza del Consiglio di Stato il prossimo 29 marzo.

Nelle tre precedenti sentenze, in particolare la più recente, quella del 5 dicembre 2017, il Consiglio di Stato ha messo nero su bianco – in modo più unico che raro  – che occorre passare alla valutazione finale del curriculum dell’unico candidato risultato vincitore, l’avvocato Giuseppe Fortunato, per poi, se favorevole, verificare eventuali profili di incompatibilità e ineleggibilità. Senza se e senza ma, e soprattutto senza perdere altro tempo. A questo punto, perciò, nessun altro candidato è più proponibile, né tantomeno può essere eletto.

Esattamente il contrario di quanto ha fatto il consiglio regionale della Campania, che fregandosene altamente di quanto deciso dal Consiglio di Stato, portando le lancette indietro di sei anni, ha rituffato nel calderone tutti i candidati del 2012 (senza effettuare alcuna comparazione, ma solo una valutazione farlocca, due righe per ogni nome) e rivotato,  addirittura rieleggendo chi, senza la professionalità richiesta nel settore,  era stato già eletto a luglio 2011, l’avvocato Francesco Eriberto D’Ippolito, poi cacciato per via della sentenza, appunto, del Consiglio di Stato.

Il Consiglio regionale ha fatto leva su due pareri, dell’Avvocatura regionale e della commissione affari istituzionali, secondo i quali la nomina è di natura solo politica, può quindi prescindere da ogni criterio di merito, competenza e comparazione tra i curricula: è frutto della insindacabile decisione del consiglio regionale – è stato ribadito – alla faccia di ogni legge, ogni regola e anche di ogni sentenza. Si tratta – è stato addirittura affermato – di una nomina “latamente politica”.

Giuseppe Fortunato

Per la serie: quando l’ignoranza e l’arroganza prendono a schiaffi logica, morale e, soprattutto, il diritto.

Qualche giorno fa i legali di Giuseppe Fortunato – che vanta nel suo curriculum svariate esperienze come Difensore civico e nella difesa civica, anche a livello internazionale – hanno ribadito la loro linea in una serie di “motivi aggiunti” inviati al Consiglio di Stato in vista dell’udienza del 29 marzo.

Viene sottolineata in primis la violazione del giudicato e della richiesta comparazione con l’allora nominato Bianco e comunque  la “non comparazione” fra i curricula, come invece previsto da precedenti sentenze dello stesso Consiglio.  Ancora. Il non aver tenuto in alcun conto le precedenti esperienze maturate da Fortunato proprio sul fronte della difesa civica, negli altri Paesi un tassello base della democrazia (in quelli anglosassoni ha un gran rilievo la figura dell’Ombudsman). Poi: la definizione stilata da avvocatura e commissione regionale sulla “peculiare esperienza giuridico-amministrativa” dei candidati è troppo generica. Non basta. Il ‘nominato’ dall’assemblea di palazzo Santa Lucia, D’Ippolito, non è eleggibile, in quanto già “dipendente pubblico” come docente universitario: nella documentazione, infatti, non risulta alcuna richiesta di aspettativa da parte del candidato né alcuna autorizzazione da parte del rettore. Senza contare la direzione della Fondazione Francesco De Martino (già destinataria di finanziamenti regionali) e la presenza all’interno di un organismo regionale, il Corecom, preposto alla vigilanza sull’erogazione dei fondi al sistema radiotelevisivo campano.

Siamo sempre nel Paese dei conflitti d’interesse.


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