18 anni dalla tragica morte di Marco Pantani, quel San Valentino del 2004 in una stanza del residence Le Rose di Rimini.
A scuotere il muro di omertà e quello giudiziario che circonda l’intero giallo, ora arrivano le parole ‘pesanti’ dell’allora massaggiatore del campione, Roberto Pregnolato: “Marco Pantani fu ucciso quella mattina a Madonna di Campiglio”. Una versione che ha sempre sostenuto con forza, e gli inquirenti se ne sono regolarmente fregati. Adesso la ripete ai microfoni delle Iene.
Pregnolato ha assistito personalmente al prelievo di sangue che la sera prima della fatidica tappa di Madonna di Campiglio era stato effettuato, e aveva fatto segnare un valore dell’ematocrito pari a 48. Alla scena aveva assistito anche un fisioterapista, che poi fornì la sua testimonianza ai carabinieri.
Il giorno seguente, quello della tappa, il valore schizzò invece a quota 53, quanto bastava per far squalificare il Pirata che si avviava a vincere trionfalmente quel Giro: Giro che “non doveva vincere”, come imponevano le scommesse della camorra, circostanza della quale – ancora una volta – gli inquirenti di Forlì se ne sono altrettanto fregati.
Le Iene hanno intervistato un ematologo del San Raffaele di Milano, per sapere se e come è possibile alterare quel test. Così ha chiarito il dottor Locatelli: “Uno dei due esami è poco plausibile. Il modo più semplice per avere un incremento dell’ematocrito, con una diminuzione delle piastrine, è una sottrazione del plasma dal campione. Un’operazione molto semplice, che si può fare in pochi secondi”.
Cosa certo successa appena fatto il prelievo, con la collaborazione di un paio di medici “convinti” a ciò da chi sa come farsi rispettare: gli uomini della camorra.
Quella sera il capo dell’equipe antidoping, lo svedese Wim Jeremiasse, disse: “oggi il ciclismo è morto”. E anche lui, dopo pochi mesi, morì in un misterioso incidente stradale, inabissandosi con la sua auto in un lago ghiacciato austriaco. Non doveva più parlare.
Dorme da un anno e mezzo a Napoli il fascicolo d’inchiesta sul Giro taroccato, affidato al pm Antonella Serio della Direzione distrettuale antimafia. A settembre 2016, infatti, il legale della famiglia Pantani, Antonio De Renzis, aveva presentato un esposto per far riaprire il caso, dopo l’archiviazione di Forlì: basandosi su una mole di prove, tra cui le verbalizzazioni di diversi pentiti di camorra che avevano parlato della combine per il Giro del 1999. Da allora tutto tace.
Archiviazione tombale invece dalla Cassazione a settembre 2017. In quel residence di Rimini Pantani si “suicidò”: e chissenefrega delle ferite sul suo corpo e di 100 altre anomalie, documentate per filo e per segno in un dossier dell’avvocato De Renzis.
E a morire è anche la giustizia.
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