Grazie al gioco delle tre carte Marco Tronchetti Provera riesce a rimanere ancora in sella, in qualità di amministratore delegato, alla sua ex creatura, Pirelli, fino al 2020, e a riportare il titolo in Borsa, fra tre settimane, data fatidica dopo due anni di assenza dal mercato il 4 ottobre.
E’ proprio l’appuntamento del 4 ottobre la tappa clou per consentire ai cinesi e ai russi di rientrare nell’investimento fino ad oggi fatto e quindi pareggiare i conti, sperando ovviamente in un lauto profitto.
L’attuale azionista di maggioranza è infatti il colosso giallo ChemChina, che dopo l’operazione passerrà dal 65 per cento al 45 per cento, ma sempre primo azionista in assoluto.
I russi, attraverso un fondo lussemburghese, passeranno dal 12 al 5 per cento.
Mentre i soci italiani – lo stesso Tronchetti e le banche sostanzialmente – dimezzeranno e più la loro quota, passando dal 22 per cento al 10 per cento, quota contenuta nello scrigno di Camfin.
Variano, come le previsioni meteo, le stime del valore Pirelli. La più ottimista è Mediobanca, e sarebbe strano non lo fosse, visto che Tronchetti Provera è il suo vice presidente: il gruppo del pneumatico è valutato tra 8 miliardi e mezzo e 9 miliardi e mezzo. Una stima – secondo gli ambienti di borsa – non poco gonfiata. Minore, infatti, la valutazione di Banca Imi, del resto azionista di Camfin, la quale stima Pirelli tra 7 e mezzo ed 8 e mezzo. Decisamente inferiore la valutazione elaborata da Unicredit, che parte addirittura da 5 miliardi per arrivare ad un massimo di 7.
Come si vede, si danno i numeri.
Ne dà anche Repubblica, che suona la grancassa: “a fine 2020 – scrive Sara Bennewitz – non solo i debiti saranno quasi annullati, rispetto ai 3,5 miliardi attesi a fine 2017, ma la società arriverà a generare circa 800 milioni di flussi di cassa, dai 550 attesi al 2018”.
Tric trac cinesi in arrivo.
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