Non fu la nebbia. Questa la fondamentale acquisizione operata dalla commissione parlamentare d’inchiesta che indaga sulla strage del Moby Prince, quando nella notte del 10 aprile 1991 morirono bruciate 140 persone.
Uno dei peggiori buchi neri della nostra storia, una delle più colossoli tragedie italiane rimaste senza risposta e, soprattutto senza colpevoli, a ben 26 anni da quei fatti.
Inchieste che hanno regolarmente girato a vuoto, nulla di fatto in tutti i gradi di giudizio, depistaggi a non finire.
L’unica speranza adesso resta in questa commissione varata circa un anno fa e comunque approdata a qualche significativa conclusione. Come ad esempio il fatto che la nebbia – considerata da sempre la causa numero uno – non c’entra un bel niente. Almeno questo, per ora.
“Era una notte chiara e luminosa”, hanno sempre raccontato le cronache. E invece nei fascicoli giudiziari quei chiarori si trasformano in nebbia impenetrabile, che rende ancor più invisibili le mani assassine che hanno provocato la tragica collisione.
Ricordiamo che eravamo proprio nel giorno del rompete le righe per l’invasione americana in Iraq, con un gigantesco via vai di navi a stelle e strisce soprattutto in quell’area di costa toscana, dove si trovava la strategica postazione di Camp Derby. E sono non pochi i racconti di traffici più che sospetti di armi, di trasbordi di materiale bellico effettuati proprio in quelle acque.
Così fa rilevare la relazione presentata dalla commissione presieduta dal Pd Silvio Lai: “le differenze emerse e il confronto con gli atti acquisiti consentono di ipotizzare scenari differenti rispetto a quelli che sono stati definiti nel corso delle diverse fasi processuali e negli anni successivi”.
Più nello specifico, a proposito della nebbia – sic – killer, ecco le novità.
In una comunicazione radio captata dalla petroliera Agip Abruzzo prima dell’impatto con il Moby Prince, emerge una frase, “Livorno ci vede, ci vede con gli occhi”, che lascia poco spazio all’ipotesi di una nebbia fitta.
Agli atti, poi, c’è un’altra comunicazione captata, quella di un aereo in atterraggio a Pisa che “vede distintamente l’area del disastro pochissimo tempo dopo la collisione tra le due imbarcazioni”.
Non è finita. Perchè il cosiddetto “video D’Alesio”, ripreso pochissimo tempo dopo l’impatto con una telecamera amatoriale da un’abitazione che si affaccia lungo la rada – viene scritto nella relazione – “mostra un’immagine chiara della scena che rende dubbiosi riguardo l’ipotesi della nebbia. Su questo argomento la commissione ha avanzato precise domande agli auditi e in primo luogo agli ufficiali dell’Agip Abruzzo. Stante quanto premesso – viene aggiungo dai commissari presieduti da Silvio Lai – le ricostruzioni dei marittimi della petroliera sulla presenza di nebbia in rada consentono di ridimensionare sensibilmente, fino ad escluderla, la rilevanza di tale fenomeno”.
La nebbia meteo si è diradata. Farà lo stesso quella giudiziaria?
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