Corruzioni da milioni di euro lungo l’asse Roma-Giugliano, nel vesuviano, e a bordo personaggi eccellenti, come Benito Benedini, l’ex uomo forte del Sole 24 Ore portato in crac. Speculazioni edilizie a go go, mazzette milionarie, danari non tracciati e l’ombra dei clan, visto che in quelle zone non si muove foglia senza che il clan Mallardo non voglia.
Benedini non solo ha dettato legge nel board di Confindustria e in sella a Federchimica, ma nel suo bagaglio imprenditoriale porta anche l’eredità del gruppo che faceva capo a Franco Ambrosio, l’ex re del grado ucciso in circostanze ancora misteriose, grande amico di ‘O ministro Paolo Cirino Pomicino.
Forse le due storie – incredibilmente – potrebbero ricongiungersi, e quell’omicidio senza mandanti trovare dopo 7 anni finalmente una soluzione. Inquirenti permettendo.
Ma partiamo dalle news. Proprio da un’inchiesta sul clan Mallardo condotta dalla procura di Napoli nord emergono le tracce dall’affare milionario.
ECCO 250 MILA EURO CALDI CALDI
Così diceva via telefono, senza tema di essere intercettato, il cavaliere milanese Benedini al ruspante sindaco di Giugliano, Giovanni Pianese, a febbraio 2011: “Sindaco, sono contanti, non rintracciabili. Io posso disporli a chi vuole lei, come fossero i suoi 250 mila euro…”.
Il facoltoso imprenditore meneghino parla dall’Hotel Vesuvio di Napoli, gli sta maledettamente a cuore una lottizzazione nell’area ovest di Napoli, a ridosso con la ricca zona flegrea, in località Lago Patria. Qui da anni è il feudo di don Giovanni Pianese, sindaco da una vita, storico amico di Pomicino, tanto che ‘O ministro ne è stato addirittura – come si dice da queste parti – compare d’anello.
Nel mirino di Benedini c’è la realizzazione della bellezza di mille alloggi in una maxi area denominata ‘ex terre di Ferlaino‘, ossia l’un tempo presidente del Calcio Napoli, Corrado Ferlaino. A presentare i piani è, nel 2008, la società Progetto Grano spa, che deriva il suo nome proprio dall’eredità del gruppo Italgrani, rilevato qualche anno prima dallo stesso Benedini, che non potendolo rilanciare a livello nazionale, ha provveduto a esportarlo, a quanto pare con successo, negli Usa, per il sempre fruttifero trade di grani & granaglie (e forse grane al seguito).
Benedini è il factotum della Progetto Grano, “presidente del cda e gestore di fatto”, come notano le fiamme gialle, coordinate nel lavoro dai procuratori aggiunti della procura di Napoli nord Giuseppe Borrelli e Filippo Beatrice, pm Cristina Ribera, che fa parte della Direzione distrettuale antimafia.
Il gip, ora, ha accolto le richieste firmate da Ribera di sequestrare i 250 mila euro, ma non s’è trovato d’accordo, a carico degli imputati, per l’applicazione dell’aggravante mafiosa, nonostante il tutto discenda da un’inchiesta sul clan Mallardo e i suoi affari a 360 gradi in tutto il territorio campano e non solo (rammentiamo appena che ha grossi interessi in Lazio e anche a Roma).
Viene infatti scritto dal giudice per le indagini preliminari: “sebbene le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia siano convergenti nel sostenere una contiguità del sindaco Pianese con il clan Mallardo nella gestione dell’amministrazione comunale di Giugliano, nessun elemento è emerso che induca, sotto l’aspetto del fumus, a ritenere che la condotta posta in essere da Pianese sia stata finalisticamente orientata ad agevolare il clan Mallardo”.
A cosa, allora? A quale altro obiettivo? Comunque, procediamo.
LUNGO LA ROTTA CASAL DI PRINCIPE – VILLA WANDA
Ma chi erano mai quei collaboratori di giustizia? Si tratta di Salvatore Izzo, Giuliano Pirozzi e Gaetano Vassallo. Quest’ultimo è il pentito numero uno sul fronte dei traffici di monnezza miliardaria. Le sue prime verbalizzazioni risalgono a quasi trent’anni fa, fine anni ’80, quando descrisse agli inquirenti – che hanno poi dormito sonni tranquilli, archiviando o facendo prescrivere – le ricche rotte dei rifiuti e le connection che già cominciavano lungo l’asse Casal di Principe, l’avamposto dei Casalesi, e Villa Wanda, la magione aretina del Venerabile Licio Gelli. Quelle inchieste, tanto per cambiare, sono finite in flop.
Torniamo all’odierna inchiesta. Ben grato per i danari ricevuti, Pianese si fa in quattro per favorire quello che nei documenti viene espressamente chiamato ‘il piano di speculazione’. Secondo le accuse dei pm, infatti, Pianese avrebbe “sollecitato la richiesta di accelerazione di Benedini al Comune”, “aiutato i tecnici” dell’imprenditore meneghino e “assicurato l’approvazione della delibera”. Poi nota: “appena l’architetto me la fa, facciamo la delibera di approvazione”, parola di sindaco.
E quando l’architetto, alla presenza di Benedini, fa balenare qualche difficoltà per quanto riguarda questioni idriche e fognarie, Pianese va per le spicce: “Sulle infrastrutture ci penso io, perchè nel nome di nostro signore tutti si stanno muovendo per questa cosa”.
Se si deve muovere il Signore, è bene che si muovano anche i protagonisti del business mattonaro. Ed è così che i due si incontrano più volte in quel bollente 2011, tra Roma e Napoli.
Interrogato dai pm Benedini non potrà fare a meno di confermare gli incontri e i summit all’Hotel Vesuvio di Napoli, ma non saprà fornire spiegazioni esaurienti sull’esborso dei famosi 250 mila euro. Così si legge tra le carte degli inquirenti: “Eppure l’imprenditore non era in grado di dare spiegazione sulle frasi da lui stesso pronunciate circa la promessa di dare a Pianese i 250 mila euro non tracciabili”.
Proprio a proposito di quella improvvisa liquidità, così Benedini si sarebbe espresso con il sindaco di Giugliano: “Ho risolto il problema che la riguarda. Siccome ho fatto un affare ultimamente di cui una parte ho ancora, contanti che non sono rintracciabili… proprio… allora io possa disporli a chi vuole lei, come fossero suoi, 250 mila euro di cui lei ne può fare… naturalmente con la dovuta cautela”.
Replica Pianese: “Va bene, è chiaro…”.
E Benedini: “Conti su questo, ok, perfetto. Oltretutto sono tranquillissimi. Arrivano, poi lei…”.
Sorge spontanea la domanda: ma da dove arriveranno mai quei caldi 250 mila, da quale operazione griffata Benedini? Forse da quel pozzo nero che si chiama Sole 24 Ore? Agli inquirenti la soluzione del giallo.
E IL GIALLO DI VILLA PARATORE
Ma eccoci ad un altro thriller. Ancora tutto avvolto nel mistero. La Voce – potete leggere cliccando sui link in basso – ne ha già scritto alcune volte: si tratta dello stranissimo omicidio del re del grano, Franco Ambrosio, e di sua moglie, sgozzati da un rumeno finito in carcere dopo un sbrigativo processo, aiutato da due complici.
Tutto accade nel 2009. Ma per gli inquirenti è tutto subito chiaro. Colpevole un rumeno che lavorava in casa Ambrosio, uno sbandato, che avrebbe pensato bene con due complici di fare un bel bottino a casa del ricco imprenditore, ma poi sorpreso sul fatto avrebbe fatto fuori – e pure con grande efferatezza – marito e moglie. Per poi bivaccare, nei pressi della casa, ubriaco per un paio di giorni, con un piccolo bottino.
Anche un ragazzo al primo anno di legge non crederebbe a questa sceneggiata. I magistrati partenopei sì. E sbattono in galera il rumeno, oggi detenuto nel carcere di Cuneo.
Ma a quanto pare il ragazzo ha fatto più volte richiesta di parlare con i magistrati, vuole raccontare qualcosa. Forse la verità su quel crimine.
Che porta bel altre firme. Conduce a ben altri mandanti. Ad affari di ben altra portata. E con ogni probabilità a connection che oggi possono far tremare non pochi Palazzi.
Stiamo a vedere i prossimi sviluppi.
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