In esposti denunce, inviate nel novembre 2012 alle Procure di Bergamo e Milano, Adusbef aveva chiesto di accertare alcune censurabili condotte dei manager del Gruppo Ubi-Banca, con particolare riferimento alla legge 231/2001 sulla Responsabilità amministrativa che in aggiunta alla responsabilità della persona fisica che realizza l’eventuale fatto illecito, aggiunge la responsabilità in sede penale degli Enti per alcuni reati commessi nell’interesse o a vantaggio degli stessi, da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, amministrazione o direzione dell’ente o di una sua organizzazione dotata di autonomia finanziaria o funzionale e da persone sottoposte a direzione o vigilanza di uno dei soggetti sopra indicati.
In un ulteriore esposto denuncia inoltrato alle Procure di Milano, Bergamo, Roma, il 4 aprile 2016, il presidente dell’Associazione Azionisti Ubi-Banca ed il presidente dell’Adusbef, avevano chiesto di accertare fatti e circostanze riguardanti il Gruppo Ubi-Banca, già oggetto di inchieste penali a seguito di precedenti e analoghe denunce, ripetutamente presentate dal 2012 ad oggi, riguardanti frodi fiscali, costituzione all’estero di rilevanti capitali e reiterati episodi di mala gestio.
Il deposito di nuovi atti nell’ inchiesta da parte del procuratore di Bergamo Walter Mapelli e del sostituto Fabio Pelosi che avevano chiuso le indagini il 16 novembre 2016, sulle presunte malversazioni nella gestione di Ubi Banca, alla quale Bankitalia ha appena regalato per 1 euro 3 delle 4 banche in risoluzione già floride (dissestate da una conduzione scellerata), come premialità di vantaggio per una gestione fraudolenta del credito e del risparmio, conferma le ipotesi avanzate negli esposti sulle cartolarizzazioni dei crediti di Ubi Banca e Ubi Leasing, ossia la cessione ad altre società di una preminente quota dei crediti del gruppo Ubi, per un valore di 4 miliardi di euro.
Le cartolarizzazioni, ossia la cessione e gestione dei crediti ammalorati, per alleggerire i conti delle banche, vengono dislocati in apposite scatole finanziarie (Spv, special purpose vehicle) e impacchettati in titoli piazzati sul mercato o sottoscritti dalla stessa banca originatrice, generando un guadagno calcolato tra il prezzo di cessione (mettiamo 20, e quello di realizzo, sempre superiore a 30) .
Nel rapporto firmato dal comandante della Guardia di Finanza Giovanni Padula e dal colonnello Gabriele Procucci), viene riscontrato che le cinque società veicolo delle cartolarizzazione dei crediti, sono controllate al 90% da due fondazioni olandesi, e che «fra i soggetti che hanno posto in essere le operazioni di cartolarizzazione» dei 4 miliardi di crediti di Ubi ci sono altre tre società: la Progressio, la Mire, e la Castello. “Quest’ ultima”, scrivono i finanzieri, “è partecipata al 21,81% dalla Mittel Spa”. “Indagini tecniche- sostiene il rapporto- hanno confermato gli interessi della famiglia Bazoli sia nella gestione della Mittel, sia nella gestione delle fondazioni di diritto olandese”.
Le indagini della Guardia di Finanza hanno individuato cinque società veicolo (24-7 Finance srl, Lombarda Lease Finance 3 srl, Lombarda Lease Finance 4 srl, Ubi Finance 2 srl e Ubi Finance 3 srl) nelle quali “l’ incarico di presidente era stato affidato all’ex genero di Giovanni Bazoli”. Quattro delle cinque società sono partecipate da Ubi con il 10 per cento del capitale e controllate al 90 per cento dalla fondazione di diritto olandese Stichting Brixia. Dalla corrispondenza tra la Consob e l’A.D. di Ubi banca Victor Massiah (anch’ esso indagato), risulta che le fondazioni olandesi costituite dalla stessa Ubi per agevolare la trasformazione dei crediti in titoli, sono un marchingegno giuridico, gradito sia alle banche che alla Banca d’ Italia.
La novità che emerge dai documenti della Guardia di Finanza è che almeno parte dei crediti cartolarizzati sono usciti dalle società veicolo, smentendo clamorosamente l’Ad di Ubi Victor Massiah, il quale aveva verbalizzato all’assemblea dei soci, che tali cartolarizzazioni restano in banca.
L’indagato Giovanni Bazoli, ritenendosi al di sopra delle leggi, forse confidando nell’immunità celeste, aveva rinunciato all’ interrogatorio dei magistrati, preferendo una intervista in ginocchio al Corsera, in data 25.11.2016, quotidiano soggetto alle nomine scelte e designate a suo tempo, dallo stesso ex presidente di Intesa S. Paolo.
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