Giro ai lettori questa mia lettera scritta per denunciare la insipienza di certa giustizia napoletana e la latitanza del mondo culturale e della stampa di questa disgraziata città, nella quale scompare un bene pubblico senza provocare alcuna indignazione. E anche per vedere se qualcuno intende associarsi alla mia denuncia.
I destinatari: architetto Luciano Garella Soprintendente ai beni architettonici di Napoli e provincia, Palazzo reale in Piazza del Plebiscito Napoli; e per conoscenza dottor Dario Franceschini, Ministro ai beni e alle attività culturali, via del Collegio Romano 27 Roma 00186.
L’Arena Flegrea era tra le opere più mirabili del grandioso complesso architettonico che venne realizzato in appena venti mesi e aperto al godimento dei napoletani e dei turisti il 9 maggio 1940. Era un grande teatro all’aperto di seimila posti a sedere, destinato, in particolare, alla rappresentazione di opere liriche. Per l’originalità del suo impianto, per la perfezione della sua acustica e per i grandi mosaici e i bassorilievi che ne esaltavano la bellezza l’Arena flegrea venne annoverata tra le più significative opere dell’ architettura moderna europea.
Danneggiata durante la seconda guerra mondiale dalle occupazioni delle truppe tedesche, prima, e di quelle americane, successivamente, venne fedelmente ricostruita e riaperta ai napoletani e ai turisti l’8 giugno 1952. L’anno in cui la Mostra d’Oltremare venne ribattezzata Mostra del Lavoro Italiano nel Mondo. Un insieme di ragioni provocò negli anni sessanta il lungo e inesorabile processo di spoliazione e di decadimento della Mostra, caratterizzato dall’uso parziale e improprio di molte strutture, dall’incuria delle zone a verde e, in particolare, dalla svendita di molti suoli. Il degrado non poteva non coinvolgere anche l’Arena flegrea ma non al punto di non poterla ricostruire com’era negli anni ’40 e ’50. Invece fu deciso nel 1989 di demolirla e di sprecare oltre 16 miliardi di lire per realizzare una struttura sgraziata, sgrammaticata, decisamente brutta.
Tra gli aspetti più sconcertanti della scellerata operazione, deprecata dall’intero mondo culturale cittadino e nazionale, c’è la scomparsa dei mosaici del Maestro napoletano Nicola Fabbricatore che ornavano l’alto frontone e che raffiguravano personaggi del teatro e maschere mutuate da un repertorio teatrale esteso dalle atellane fino al diciottesimo secolo. E ne costituivano l’emblema.
Una scomparsa dovuta alla insipienza della Soprintendenza ai Beni architettonici, denunciata dall’ing. Claudio Rossi, direttore dei lavori, che a pagina 17 dello Stato Finale, ha scritto “ Quanto al recupero del mosaico posto sul frontone dell’Arena tengo a precisare che tale esigenza si è manifestata solo dopo l’inizio dei lavori, allorquando nel corso degli interventi di demolizione da più parti è stato considerato di valore un’opera del Maestro Fabbricatore in precedenza sottovalutata. Ciò anche da parte della stessa Soprintendenza ai BB.AA.AA. di Napoli che in sede di C.T.A. aveva espresso parere favorevole al progetto di demolizione dell’Arena”. Ma non fu possibile ripristinare la decorazione dei mosaici perché il frontone dell’Arena ricostruita è alto la metà di quello originario. Perciò il 10 maggio 2014 ho denunciato alla Procura della Repubblica di Napoli la loro scomparsa.
E’ scaturito presso il Tribunale di Napoli il procedimento penale a carico di ignoti (N. 531271/2014 R.G.N.R.) affidato alla dottoressa Claudia De Luca e poi alla dottoressa Daniela Varone. Dopo oltre tre anni di svolgimento di indagini la PM Varone ha presentato al GIP la richiesta di archiviazione perché “i mosaici sono stati rinvenuti in altro loco” . Ma non ha precisato né il loco né le condizioni di conservazione dei mosaici.
Una conclusione deludente e inaccettabile perché la PM avrebbe dovuto accertare l’inveramento della prescrizione della Soprintendenza “ i mosaici dovranno essere montati su un grande pannello delle stesse dimensioni dell’originario frontone dell’Arena per essere offerti all’ammirazione dei frequentatori della Mostra”. E questo non è stato accertato. Tutto ciò premesso chiedo che della questione si occupino la Soprintendenza e il Ministero ai Beni e alle Attività Culturali.
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