In un’epoca immorale come la nostra, dove non viene più contrapposta la morale dei signori e la morale del gregge (per Hegel quella del signore e dei servi, per Marx quella degli oppressi ed oppressori, per Nietzsche quella dei vincitori e vinti), ma della morale confiscata dall’ideologia liberista, tra il bene di chi la pratica ed il male di chi la critica, in questa Europa diseguale priva di speranza, l’avvocato generale della Corte europea di Giustizia ha detto che Uber è una società di trasporto, e come tale può essere soggetta a licenza, esattamente come un tradizionale taxi.
La società Uber, pur innovativa, è una società di trasporto – ha spiegato la Corte europea di Giustizia in un comunicato: a Uber può essere quindi chiesto di ottenere le necessarie licenze e autorizzazioni, ai sensi della legislazione nazionale. Se la Corte europea di Giustizia dovesse confermare la presa di posizione, dopo aver esaminato un ricorso di una associazione di tassisti di Barcellona che ha accusato UberPop di concorrenza sleale, i paesi membri potrebbero imporre licenze agli autisti di Uber.
Il parere dell’avvocato generale Maciej Szpunar e la successiva prossima sentenza della Corte di giustizia su un caso sollevato in Spagna potrebbero avere un enorme impatto sull’attività di Uber in Europa, che finora aveva rivendicato la libertà di operare negli Stati membri in virtù del suo status di fornitore di servizi nella società dell’informazione, eludendo in tal modo le legislazioni nazionali che regolano i servizi di trasporto.
Al contrario, secondo l’avvocato generale, Uber non soddisfa le condizioni per essere definito un “servizio misto” e rientrare dunque nella nozione di “servizio della società dell’informazione”, poiché i conducenti che circolano nell’ambito di Uber non svolgono un’attività propria che esisterebbe indipendentemente dalla suddetta piattaforma. Inoltre, secondo l’avvocato generale, Uber controlla i fattori economicamente rilevanti dei servizi di trasporto urbano, imponendo ai conducenti condizioni preliminari per l’accesso e lo svolgimento dell’attività, premiando finanziariamente i conducenti che coprono un numero rilevante di tratte, esercita un controllo indiretto sulla qualità del lavoro degli autisti e fissando di fatto il prezzo del servizio.
Tali caratteristiche – a detta dell’avvocato generale – portano a escludere che Uber possa essere considerata come un semplice intermediario tra conducenti e passeggeri, e nell’ambito del servizio misto offerto dalla piattaforma Uber, è il trasporto a rappresentare la prestazione principale e prevalente che attribuisce al servizio misto il suo significato economico.
Adusbef, che ha accusato il far west dei mercati, specie in Italia dove non esiste un contrappeso come la class action (bloccata al Senato per il veto di Confindustria), per offrire ai contraenti deboli ed ai consumatori la possibilità di tutela collettiva da truffe, abusi e comportamenti fraudolenti di banche, assicurazioni ed altri prestatori di servizi, denunciando la globalizzazione dei capitali, che ha creato la globalizzazione della povertà, generando la “gabbia” delle prescrizioni imposte da BCE, Commissione Ue e Fondo monetario internazionale, non ma mai difeso monopoli e cartelli operanti in Italia in molteplici settori delle attività economiche, ma il rispetto delle regole devono avere la stessa valenza per tutti gli operatori di mercato, compresi i taxi.
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