Recentemente il Governo italiano ha annunciato, tramite il ministro Padoan, la sua intenzione di mettere in vendita il 15% della Cassa Depositi e Prestiti (il Ministero del Tesoro ne è proprietario per l’82,7%), entro la fine dell’anno.
Il motivo sarebbe l’abbattimento del debito pubblico, ricavando 5 miliardi € per rimborsare I pirana della finanzia internazionale e rientrare nei vincoli dell’Unione Europea.
Se il paese non fosse già stato anestetizzato e non si trovasse in un sonno comatoso, un tale annuncio avrebbe provocato una grande protesta. invece quasi niente, Eppure si tratta di una nuova truffa. Palese. Possiamo dirlo a ragion veduta perché abbiamo già sperimentato tutte le privatizzazioni precedenti, devastanti, che hanno permesso alle nostre ricchezze nazionali di prendere il volo verso l’estero. Si ricorderà il momento d’inizio di questa “migrazione”: l’attracco del panfilo “Britannia” della Regina d’Inghilterra nel porto di Civitavecchia, all’inizio degli anni ’80. Accompagnato dalla lettera a Ciampi dell’allora ministro delle finanze Andreatta.
In quel modo l’Italia perdette tutte le banche italiane, che erano tutte “istituti di diritto pubblico”, e divennero private: Banco di Napoli, Monte dei Paschi di Siena, Istituto bancario San Paolo di Torino, Banco di Sicilia, Banco di Sardegna, Banca Nazionale del Lavoro (legge 30 luglio 1990, n.218).. Dopo 27 anni possiamo fare il bilancio: le banche vanno tutte a rotoli e noi cittadini siamo costretti a coprire i loro buchi. A Napoli si dice “cornuti e mazziati”.
Poi venne la cessione delle industrie a partecipazione statale (legge 8 agosto 1992, n359) e perdemmo IRI, ENI, ENEL; INA. Possenti strumenti dello Stato per creare occupazione, reddito, consumi, ricerca, sviluppo. Ma vendemmo anche aziende cruciali, alcune in posizione monopolistica, come Telecom Italia, e Autostrade SpA. Per non parlare dello smantellamento di gran parte del nostro patrimonio industriale in generale. Abbiamo risanato il nostro bilancio? Pagato I nostri debiti? Niente affatto. Siamo ora indebitati per oltre 2200 miliardi € e abbiamo venduto (per quattro soldi) gli strumenti della produzione ad altri, sostituendoli con idrovore che estraggono la ricchezza dalle tasche degli italiani e la portano all’estero.
Adesso si vorrebbe fare la stessa cosa con la Cassa Depositi e Prestiti, che è l’ultimo strumento di cui potremmo fare uso per ricominciare a produrre ricchezza sottraendoci alla rapina dei tassi d’interesse che ci vengono imposti truffaldinamente dai “mercati finanziari”.
Cos’è infatti la CDeP? Un contenitore che detiene oltre 120 miliardi di depositi postali; che può erogare crediti al sistema delle imprese; che ha partecipazioni strategiche in industri di interesse strategico come Terna, ENI, Snam, Poste, Fincantieri, Daipem, Italgas (sono solo alcuni esempi). Dunque perdendo la CDeP perderemmo uno strumento decisivo per impostare una nuova politica industriale dell’Italia, e uno strumento per creare una moneta parallela (la nostra, italiana) per diminuire gradualmente l’impiego di euro e sottrarsi ai tassi arbitrari dei cosiddetti “mercati”, che sono associazioni per delinquere. Immagino le lamentazioni dei professori di economia liberista. Ma sono totalmente infondate. La Germania ha una banca analoga, al 100% pubblica, che fa le stesse cose, senza che nessuno abbia il coraggio di chiederle conto dei suoi “sforamenti” e del suo debito (che è più o meno come il nostro.
Dunque l’operazione Gentiloni-Padoan significa semplicemente un drenaggio di 5 miliardi € perpetrato contro il “sistema Italia (rubo questa definizione a Alberto Micalizzi).. Infatti chi comprerà la CDeP? La City of London e Wall Street, gemelle siamesi. Per altro in completa e plateale violazione della Costituzione. Per citare solo alcuni degli articoli violati, basta prendere il 43 e il 47. Il primo dice che “la legge può riservare, o trasferire allo Stato imprese che si riferiscono a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia”. Il Governo propone esattamente il contrario: sottrarre alla proprietà pubblica una impresa che somma le due funzioni. Il secondo il 47, indica alla Repubblica “il compito di favorire il risparmio popolare e il suo accesso all’investimento azionario e nei grandi complessi produttivi”. Dunque perché cedere alle banche d’affari straniere quando si può fare ricorso al risparmio popolare (di nuovo sottraendo l’Italia all’indebitamento?
Del resto (come ha splendidamente dimostrato Paolo Maddalena, nel suo libro “Gli inganni della finanza. Come svelarli, come difendersene”, Donzelli Editore) tutte le privatizzazioni qui elencate sono fuori e contro la Costituzione, come lo sono i Trattati di Maastricht e di Lisbona. Come lo sono il Fiscal Compact e il Meccanismo Europeo di Stabilità. Siamo stati espropriati “a norma di legge”, contro la legge fondamentale dello Stato Italiano. Complici gli accademici, i giornalisti, i politici corrotti.
Ora però bisogna rifare i conti. La Costituzione è stata ribadita dalla stragrande maggioranza degli italiani. Una Costituzione che mette in primo piano la proprietà collettiva, che considera in linea di principio inalienabile, quindi non privatizzabile. E che pone la stessa proprietà privata sotto la tutela dell’utilità sociale (art. 41). Ecco perché la nostra Costituzione non piace a JPMorgan.
Bisognoa dunque impedire questa nuova aberrazione. La legge fondamentale è dalla nostra parte. E dobbiamo cominciare a chiedere conto a chi la viola. Difenderla significa difendere la nostra sovranità.
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https://it.sputniknews.com/opinioni/201703194218999-italia-vendita-cassa-depositi-prestiti/
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