Da chiarire c’è solo se la sinistra storica, al suo epilogo nella dimensione informe del Pd, finirà in un inceneritore, arso da fiamme purificatrici, se darà vita a un nuovo biblico esodo in Svizzera per una morte “dolce” o se sceglierà di ispirarsi ai classici del giallo per concludere una lunga agonia con un silenzioso e definitivo suicidio. Il partito delle mani pulite se l’è sporcate di brutto, coinvolto in casi plurimi di corruzione, costretto a derogare dall’atto costituzionale di partito operaio, crociato della giustizia sociale, distratto da strumentali parallelismi con alleati provenienti da sponde opposte. I casi dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori violentato da un governo a guida Pd, l’abiura del lavoro porta a porta per capire, affrontare e risolvere i problemi della gente, lo stop alle formazione politica delle nuove generazioni, all’iter parlamentare per l’approvazione di leggi progressiste e da ultimo il “no” alle riforme costituzionali che lascia in piedi il deleterio doppione Camera-Senato, le inutili e costose province, il mangiasoldi Cnel, hanno smantellato a colpi di maglio, giorno dopo giorno, il totem della diversità positiva che per molti anni ha garantito consensi interclassisti al dopo Pci. C’è di tutto nel diario delle varianti (Ulivo, Ds) inventate per cancellare l’ideologia comunista. L’attualità racconta di circoli (eredi impropri delle mitiche “sezioni”) che tirano giù le saracinesche, di vorticosi cali di tesserati, ma è il meno peggio. A Napoli si indaga su firme false di ignari cittadini in calce ai documenti di avallo delle candidature Pd e di tesseramenti gratuiti, pagati da dirigenti in crisi di astinenza da iscrizioni e rinnovi. La credibilità vacilla se si confronta il flop trasformato in pochi giorni in consistente successo di iscritti, balzati dal deludente numero di duemila, a un esaltante ventitremila. Solo sospetti il lavorio febbrile di adesioni, come definirle, non spontanee? In Puglia si sospettano anomali arruolamenti in massa di immigrati. Qua e là montano sospetti su pidiessini con le mani nel sacco di faccende da giudiziaria. Tiziano Renzi, padre dell’ex premier è indagato per “concorso in traffico di influenze”, dizione criptica di un presunto reato che l’interessato nega. Nel mare agitato del Pd, su onde di extra ordinaria pericolosità, navigano barche d’assalto di delusi, scontenti, orfani di potere interno al partito, con le armi puntate ad altezza uomo contro l’establishment della maggioranza e ai margini sparano cannonate le unità che hanno ammainato la bandiera renzista. Al marasma traggono ossigeno politico i pentastellati, abili nel mettere la sordina ai loro default (leggi Raggi e il pasticciaccio dello stadio di Tor di Valle, le firme false in Sicilia, gli amministratori indagati e l’esodo di centinaia di iscritti) e la destra, per fortuna della democrazia a loro volta alle prese con fratture e scissioni. Ancora dubbi sull’arduo cammino dell’Italia per mettersi alle spalle il peso di una crisi tutt’altro che risolta e dedicare energie, unità d’intenti risorse, intelligenze, ai bisogni inevasi del Paese. Esempi delle urgenze? Disoccupazione, nuove e vecchie povertà, welfare incompiuto, innovazione e come racconta la cronaca di questi giorni, il rispetto del diritto alle morti dolci e delle nascite protette come denuncia una donna di Padova che ha chiesto l’interruzione della gravidanza, bei tempi e nei modi previsti dalla legge e per ottenerlo ha dovuto bussare a ventitré strutture sanitarie del Veneto. C’è ancora chi crede all’ottanta per cento di ginecologi ligi al cattolicesimo al punto di autoproclamarsi obiettori di coscienza? E il Vaticano, o meglio i vertici del clero non hanno bel altro di cui a cui badare, per esempio impedire che i più omertosi tra loro continuino a coprire pedofilia e altre nefandezze commesse da loro “fratelli”? (Nella foto una tessera del Pd)
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