Quasi che gli italiani non fossero afflitti da mille problemi esistenziali (disoccupazione, malasanità, corruzione, terremoti devastanti, criminalità organizzata, migranti, terrorismo, debito pubblico in aumento, povertà crescente e pensioni scandalose, conflittualità della classe politica e quant’altro) i telegiornali e i giornali si ostinano a informarci ogni giorno che Dio manda in Terra delle grane giudiziarie della sindaca di Roma Virginia Raggi e delle proteste popolari contro il presidente americano Donald Trump (hanno deciso di scendere in piazza per esprime la loro indignazione anche i miliardari divi hollywoodiani).
E quasi che gli italiani fossero in ansiosa attesa della conclusione dell’appassionante vicenda ci hanno informato che lo stadio della Roma sarà realizzato a TordiValle. Però “ con le cubature dimezzate e senza le tre torri”. Per la gioia della casalinga di Voghera che vede prevalere i valori ambientali del M5S illustrati dal signor LuidiDiMaio. E per lo “scuorno” di Beppe Grillo che, pur non capendo un ca…volo di urbanistica, aveva sentenziato “ Sì allo stadio ma non lì’”.
Diciamolo. E’ una informazione drogata che questo paese non merita.
Soddisfatto di questo storico accordo il patron Claudio Lotito si è affrettato ad annunciare la sua intenzione di chiedere all’amministrazione capitolina di potere costruire il “lo stadio della Lazio” Probabilmente nell’area dove sorgeva il vecchio Testaccio.
E il costosissimo stadio olimpico costruito per le Olimpiadi del 1960? Non mi pare che i romani si siano posta questa ragionevole domanda.
Del resto non se la sono posta nemmeno i torinesi visto che la Juventus ha costruito il “suo stadio” e che il Torino ristrutturerà il “Filadelfia” ( bisognerà trovare una diversa destinazione allo stadio olimpico costruito per i Mondiali 90). E non se la sono posta nemmeno i milanesi visto che il Milan e l’Inter hanno intenzione di costruire i “loro stadi” ( anche a Milano dovranno pensare cosa fare del “Meazza”, ristrutturato e coperto nel 1990)
Le moderne tendenze, nate a seguito delle quotidiane e ossessive trasmissioni televisive, prevedono stadi piccoli, al massimo per 40mila spettatori, e con attrezzature che lo rendano fruibile non solo calcio ma anche per rugby, baseball, atletica leggera, concerti internazionali, spettacoli di danza e comizi, ristoranti, cinema, centri commerciali e spazi espositivi : un business dal quale la squadra che lo possiede trae le risorse finanziarie necessarie per migliorare la qualità e la quantità del suo “parco giocatori”.
Sono stato uno dei mille firmatari del Manifesto di Indro Montanelli contro le Olimpiadi di Roma del 1960, che, come tutte le Olimpiadi, comportano un costo eccessivo per le casse dello Stato e non hanno alcuna ricaduta economica sulla città che le ospita. Anticipavamo mezzo secolo fa le considerazioni che hanno indotto il governo Monti a dire no alle Olimpiadi del 2024 a Roma. Una decisione confermata tra mille polemiche dalla sindaca Virginia Raggi.
E anticipavamo quel che è accaduto alla Grecia che organizzò le sue Olimpiadi del 2004 tra enormi entusiasmi nazionalisti e previsioni economiche di incassi stratosferici con la realizzazione di costosissime infrastrutture che l’avrebbero portata nell’era della modernità. E’ andata molto diversamente. E quelle Olimpiadi furono l’inizio della crisi economica greca.
Eravamo contro la costruzione dello stadio olimpico, costato molti miliardi di lire, e a favore della ristrutturazione, con una spesa nettamente inferiore, dell’ottimo stadio Flaminio, costruito appena un anno prima per consentire alle due squadre capitoline, la Roma e la Lazio, di disputare i loro incontri di calcio, nazionali e internazionali.
Ma erano gli anni 60, quelli del miracolo economico italiano. E prevalse la manìa di grandezza.
Concludo dicendo che il problema degli stati olimpici italiani è meno angosciante di quel che appare.
Si risolve ispirandosi all’OlimpiaStadion del 1972 di Monaco di Baviera, famoso non tanto per la nota tragedia causata dai terroristi palestinesi quanto per la “ tenda” di Frei Otto che lo copre, diventato il centro polisportivo della gioventù bavarese dopo che il Bayern Monaco e il Monaco 1860 l’hanno lasciato e hanno costruito fuori città il “loro stadio”, l’ormai imitatissimo Alliance Arena.
Gerardo Mazziotti, premio internazionale di giornalismo civile
nella foto lo Juventus Stadium
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