Grecia, dipende tutto da un sì e da un no

Nel labirinto senza vie d’uscita apparenti del dramma in cui si dibatte la Grecia è precipitata progressivamente anche la Comunità, paralizzata dalla grande paura e tenuta all’oscuro, in evidente modo strumentale, sul pericolo che il default di Tsipras e Varoufakis, suo mentore per le questioni economiche, possa infettare mortalmente l’Europa della troika e, in via più diretta, i membri deboli, cioè Spagna, Italia, Portogallo.

Gli esperti valutano con occhio clinico la risposta delle borse che vanno su e giù in conseguenza di spiragli positivi nell’infinita trattativa Europa-Grecia o di acqua sul fuoco di accenni minimi all’ottimismo. Della fase negativa del mercato azionario preoccupa e molto la pessima tenuta della borsa italiana, che sopporta male le prospettive di rottura Merkel-Tsipras e subisce contraccolpi vistosi, ma temporanei, anche sul valore dello spread. Ad allarmare sono anche la rappresentazione televisiva e i reportage dei giornali che raccontano la Grecia in ginocchio, in agonia, privata di terapie efficaci e di antidoti contro gli insulti tossici che l’hanno debilitata quasi irrimediabilmente. I video di anziani, che ai bancomat prelevano il minimo consentito per la sopravvivenza quotidiana, si sovrappone alle immagini delle manifestazioni esasperate dei senza lavoro, di negozi che chiudono uno dopo l’altro, di uomini donne che non possono curarsi, mangiare ogni giorno e neppure far fronte alle spese extra, una per tutte quella per i funerali di un congiunto.

L’Europa dei potenti, delle banche e dell’ingiunzione permanente a praticare regimi di austerità, strangola la Grecia, impossibilitata a onorare il suo debito miliardario, impotente per essere ridotta a raschiare le casse statali quasi a secco e il rischio costante di non poter far fronte al pagamento di pensioni e salari. Il filo sottilissimo della trattativa per la permanenza della Grecia nella Comunità è sul punto di spezzarsi da troppo tempo e l’intransigenza della Merkel mette in stand by un punto di incontro, subordinato all’esito del referendum di domenica prossima che Tsipras sottopone al Paese. Il sì lo spingerebbe ad adeguarsi alle direttive delle troika, il no sarebbe il supporto chiesto dal premier per contestare le clausole della Comunità definite vessatorie, per rinegoziare il debito con il Fondo Monetario Internazionale e la Bce, come teorizza il ministro dell’economia. In ogni caso, sembra di assistere a un incrociarsi di ricatti tra la troika e il vertice della Grecia.

L’Europa condiziona lo stop al fallimento delle trattative all’esito del referendum, al “sì” degli estenuati ellenici che accetterebbero di sottostare alle politiche di austerità, il “no” darebbe consistenza alle rivendicazioni che antepongono una diversa scansione del debito ad ulteriori sacrifici dei greci, a cominciare dal tagli sulle pensioni. E l’Italia? Padoan, nostro deus ex machina dell’economia, si pronuncia per un futuro senza traumi dell’Europa e si dice convinto che la Grecia resterà nell’impianto monetario dell’euro. Il collega Varoufakis minaccia: “Se vince il sì, mi dimetto”, Tsipras in un’identica ipotesi, per altro avvalorata dai sondaggi, sarebbe destinato a forti disagi e alla pressione di avversari politici che hanno accolto la sua elezione con proteste e propositi di vendetta. Moody’s, importante agenzia di rating, organismo che mette i voti alle economie dei Paesi del mondo, taglia un’altra volta il credito delle Grecia e le fa eco la Standard & Poor’s, critica nei confronti della situazione drammatica delle banche elleniche. Escluso un colpo a sorpresa, non c’è che da aspettare l’esito del referendum. Con il fiato sospeso.

Nella foto il ministro greco dell’economia Varoufakis


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